Penale

Inumana detenzione, l'indennizzo non scatta solo se la "compensazione" è piena

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 4993 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Per negare l'indennizzo per inumana detenzione a causa della ristrettezza della cella non è sufficiente addurre, da parte del Ministero della Giustizia, l'esistenza di "misure compensative" da prendere in considerazione. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 4993 depositata oggi, che nel respingere il ricorso di Via Arenula ha affermato che tali misure – brevità, possibilità di uscire dalla cella ecc. - devono ricorrere tutte quante insieme ed essere dimostrate.

Confermato dunque il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Perugia che aveva rigettato il reclamo proposto dalla Direzione dell'amministrazione penitenziaria contro il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Spoleto che aveva accolto la domanda di un uomo volta ad ottenere i rimedi previsti dall'art. 35-ter Ord. Pen. riconoscendogli in ragione del pregiudizio per le condizioni di detenzione, in violazione l'art. 3 CEDU, per 1.465 giorni negli Istituti di pena di Roma Regina Coeli, Roma-Rebibbia, Velletri e Spoleto, la riduzione della pena per 146 giorni e un ristoro dell'importo di 40,00 euro.

Per la Suprema corte il ricorso del Ministero è infondato laddove - "pur a fronte di uno spazio nella cella computato nella misura inferiore a tre metri quadrati" - adduce l'esistenza di fattori compensativi idonei ad escludere la violazione dell'art. 3 Cedu. Tali doglianze, si legge nella decisione, non colgono nel segno "poiché i generici riferimenti ai fattori compensativi che le accompagnano", non si uniformano - come in precedenza il reclamo secondo quanto già rilevato dal Tribunale - all'insegnamento delle Sezioni Unite (n. 6551/2000) "circa la necessità in tal caso di una presenza congiunta di tutti fattori compensativi, costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie e dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività".

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