Lavoro

Onere probatorio del nesso di causalità in caso di malattia professionale tabellata

Nota a Cass. Civ. Sez VI° ordinanza n.39751/2021

di Marco Proietti e Andrea Pagnotta*

La Suprema Corte di Cassazione, cassando con rinvio la precedente sentenza della Corte Territoriale ha stabilito che ai fini dell'erogazione dell'indennizzo in favore di un lavoratore, ovvero dei suoi eredi, e dovuto per malattia professionale, lo stesso non è onerato dal dover provare il nesso di causalità tra l'esercizio della mansione (svolgimento di attività lavorativa) e la malattia tabellata, ritenendo sufficiente ai fini della tutela Inail la dimostrazione del rischio inteso come nocività generale dell'ambiente lavorativo.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE 39751/2021
La Corte di Cassazione nella decisione analizzata, richiamandosi all'orientamento giurisprudenziale dominante, ha ribadito l'esonero dall'obbligo di dover provare il nesso di causalità tra malattia professionale tabellata ed attività svolta per il lavoratore - o chi per lui ( nel caso di specie, gli eredi del de cuius defunto a seguito di mesotelioma), ritenendo sufficiente la dimostrazione della nocività dell'ambiente di lavoro nella sua più ampia accezione anche in costanza di minimo contatto diretto con materiali di lavoro tossici.

Nel caso in oggetto, gli eredi di un lavoratore defunto a causa di mesotelioma pleurico, ricorrevano avverso la decisione della Corte d'Appello che ne rigettava la domanda precedentemente avanzata nei confronti dell'INAIL volta ad ottenere l'indennizzo - in forma di rendita vitalizia - a seguito di malattia contratta dal de cuius durante il periodo in cui era impiegato stabilmente presso una stazione ferroviaria come addetto ai servizi di controllo bruciatura littorine e lavorazione di componenti contenenti amianto. Nel giudizio promosso innanzi la Suprema Corte, la resistente INAIL contestava quanto dedotto dalla ricorrente, sull'assunto che il lavoratore non fosse stato usualmente a diretto contatto con agenti patogeni nell'esercizio della mansione così da non poterli ritenere come causa della patologia patita.

Gli ermellini di contro, facendo proprio l'orientamento dominante in tema di onere probatorio in caso di malattia professionale tabellata (Cass. n. 3207 del 2019, Cass. n. 16248 del 2018, Cass. n. 13024 del 2017, ne decidevano appunto l'esonero giacchè avrebbe operato ab origine la presunzione del nesso di causalità tra evento lesivo ed attività svolta. Di contro, tuttavia, tale presunzione non sussisterebbe qualora vi sia la presenza di altro agente patogeno non riconosciuto tale di per sé da cagionare da solo l'evento (rectius malattia) o che l'esposizione allo stesso non sia di per sé sufficiente (Cass. n. 19312 del 25/09/2004, Cass. n. 14023 del 26/07/2004).

MALATTIA PROFESSIONALE : origine, tipologie, riparto dell'onere probatorio e criteri di liquidazione del danno

La malattia professionale (tecnopatia) può essere definita come ogni patologia che insorge e si manifesta a causa dell'esposizione del lavoratore ad agenti patogeni nell'esercizio della mansione, ovvero alla presenza di elementi nocivi nel luogo di lavoro. Partendo da questa definizione, preliminarmente rileva l'obbligo del datore di lavoro ex art. 2087 in combinato disposto con il d.lgs 81/2008 c.c. di adottare tutte le misure necessarie al fine di tutelare l'integrità fisica e morale del lavoratore nei luoghi di lavoro. Pur nel rispetto delle predette normative, può accadere che un lavoratore possa manifestare patologie causate dall'esposizione ad agenti nocivi, o patogeni. In questo caso, il lavoratore trova tutela nella disciplina professionali nel T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie DPR n. 1124 del 30 giugno 1965 così come aggiornato con D.LGS del 23 febbraio 2000 n.38 recante "disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali". Tale corpus normativo prevede il riconoscimento, la proceduralizzazione e l'indennizzo in favore del lavoratore in caso di accertata malattia professionale. Orbene, il nostro ordinamento grazie anche (e soprattutto) alla sent. Cort. Cost. 179/88 ha riconosciuto un sistema misto basato su due tipi di malattia professionale, e più specificatamente:

I.Malattia professionale non tabellata: La malattia professionale non tabellata si configura ogni qualvolta il lavoratore è affetto da patologia non espressamente riconosciuta dalle tabelle formulate secondo la normativa vigente. In questo caso la professionalità può essere riconosciuta ma grava sul lavoratore l'onere di dimostrare la sussistenza del nesso eziologico tra l'evento morboso occorso e lo svolgimento della mansione, valutato con ragionevole certezza (Cass. Civ. n. 26041 del 17.10.2018 ; Cass. Civ. ord. n.8947 del 14.05.2020), spettando all'ente INAIL l'eventuale dimostrazione della natura non professionale della malattia manifestatasi (cfr. Cass. Civ. ord. n. 8416 del 05.04. 2018);

II.Malattia professionale tabellata: Questa tipologia si identifica in una patologia espressamente prevista dalle tabelle vigenti. In questo caso, atteso il loro carattere tassativo, ne è vietata l'interpretazione analogica. Diversamente dalla malattia non tabellata, in lavoratore è esonerato dall'obbligo di provare il nesso eziologico tra evento morboso e svolgimento dell'attività professionale poiché la presunzione opera "ab origine".

III.LIQUIDAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO. Ai sensi del DPR n.1124/65 e successive modifiche intervenute con d.lgs n.38/2000, in caso di accertata malattia professionale, l'ente INAIL competente è onerato all'erogazione di una serie di prestazioni economiche che variano a seconda dei punti percentuali riconosciuti a seguito di accertamento medico legale, e più dettagliatamente:

• Corresponsione di indennità giornaliera dal momento della denuncia della malattia sino al termine del suo decorso per tutte le patologie aventi un punteggio percentuale inferiore al 6%;

• Indennizzo in conto capitale per postumi quantificati in punti percentuali compresi tra il 6% ed il 15%;

•Indennizzo sotto forma di rendita vitalizia per postumi quantificati in misura superiore al 16%;

Come già anticipato, la malattia professionale è riconosciuta in conseguenza dell'esposizione del lavoratore ad agenti nocivi correlati all'esercizio della mansione, ovvero presenti nei luoghi di lavoro. Nel caso di specie, la Suprema Corte nell'ordinanza de qua ha evidenziato nelle sue motivazioni diversi aspetti che la Corte territoriale ha omesso di considerare in sede di valutazione, e più segnatamente:

• L'applicazione del criterio analogico con la disciplina di cui all'art. 41 c.p. in tema di concorso di cause:

• Il principio secondo cui ai fini dell'applicabilità della tutela assicurativa, per giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 206/74) e per consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. SS.UU. 13025/2006; Cass n. 15865/2003; Cass. N. 6602/2005 e Cass. N.3227/11) è sufficiente che il lavoratore sia esposto a rischio ambientale, ovvero che lo stesso abbia contratto la malattia pur se non direttamente impiegato nella lavorazione.

*a cura degli avv.ti Marco Proietti - Andrea Pagnotta



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