Giustizia

Concorso magistratura/3: saltano i criteri tradizionali di nomina della commissione esaminatrice

Il Csm per l'ultimo concorso in magistratura ha rinunciato a seguire il consueto e rodato iter che prevedeva sì un sorteggio della commissione esaminatrice

di Giuseppe Finocchiaro

Dopo aver descritto l’evoluzione della disciplina del concorso in magistratura ed evidenziato l’importanza della composizione della commissione esaminatrice riservata apertamente dal legislatore sia nell’articolo 5 del Dlgs 5 aprile 2006, n. 160, sia nel nuovo articolo 26-bis del Dl 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni in legge 21 ottobre 2021, n. 147, applicabile al prossimo concorso, in questa terza parte si esaminano succintamente le regole di nomina stabilite dal CSM nei concorsi anteriori e nell’ultimo ancora in corso di svolgimento.

 

Le tradizionali modalità di nomina della commissione di concorso ad opera del Csm

Dalla succinta ricostruzione della normativa fin qui svolta, emerge con chiarezza come il legislatore ambisca a disciplinare in modo dettagliato e preciso le modalità di nomina della commissione, specie in raffronto con quanto previsto dall’assai più stringato originario articolo 125 del Rd n. 12 del 1941; ciò non di meno, inevitabilmente residuano ampi margini di discrezionalità in capo al Csm sulle modalità e sui criteri da seguire per la selezione dei «selezionatori», cioè degli aspiranti commissari, che, a loro volta, saranno chiamati a selezionare i candidati.

Per colmare questa lacuna, il Csm, seguendo un rodato ed apprezzabile modello, applicato all’interno della magistratura ordinaria in modo pressoché «universale» (cioè per coprire qualsiasi tipologia d’incarico o funzione), in occasione di ogni concorso, con adeguato anticipo in modo da rispettare il termine di legge (ai sensi dall’articolo 5, comma 1, la commissione deve essere nominata nei 15 giorni antecedenti l’inizio della prova scritta; questo termine è stato anticipato a 30 giorni a ragione dell’emergenza sanitaria per l’ultimo concorso, dall’articolo 11, comma 3, Dl 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni in legge 28 maggio 2021, n. 76), dirama in tutti gli uffici giudiziari degli «interpelli», cioè degli inviti a dare la propria disponibilità.

Tradizionalmente (si veda, ad esempio, l’interpello deliberato nella seduta del 19 aprile 2017 per il concorso indetto con Dm 19 ottobre 2016, consultabile dal seguente link: https://www.csm.it/documents/21768/298130/interpello+commissione+concorso+magistratura+19+aprile+2017/0fd3d94c-ae84-fffd-0661-479de99723c8 ) si trattava di interpelli assai analitici, in cui venivano indicati sia gli elementi che ciascun aspirante doveva indicare nella dichiarazione di disponibilità, sia i criteri che sarebbero stati seguiti per la selezione, in modo da consentire non soltanto la scelta dei (singoli) migliori commissari possibili, ma anche della (complessiva) composizione della commissione migliore possibile, contemperando le esigenze di funzionalità degli uffici giudiziari di provenienza.

In particolare, nella dichiarazione di disponibilità era necessario indicare, oltre agli elementi indispensabili per l’individuazione dei richiedenti (come «a) generalità», «b) funzioni attualmente svolte» e «c) esperienze professionali maturate nei settori indicati (civile o penale) »), il possesso di eventuali ulteriori titoli che potevano valere come criteri di preferenza:

- innanzi tutto, i «d) titoli scientifici » (dovendosi intendere: - sia titoli accademici, come, ad esempio, il possesso di un dottorato di ricerca in una materia giuridica e/o l’abilitazione scientifica nazionale per la docenza universitaria; - sia come pubblicazioni di monografie, capitoli di libri, nonché, in riviste giuridiche, di articoli, saggi, commenti o note);

- in secondo luogo, i «e) provvedimenti pubblicati in riviste di primaria importanza » (cioè i decreti, le ordinanze o le sentenze di cui il magistrato è l’estensore che sono state pubblicate in riviste giuridiche: questo elemento, pur in astratto condivisibile, richiede di essere valutato con particolare attenzione per verificare che la pubblicazione non sia accompagnata da note critiche);

- da ultimo, le «f) esperienze d’insegnamento universitario » , le « g) esperienze d’insegnamento presso le scuole di specializzazione per le professioni legali » , oltre che, da ultimo, le « h) ulteriori esperienze didattiche » (da intendersi nel senso di qualsiasi iniziativa formativa, anche specialistica, rivolta ai professionisti del diritto: commercialisti, notai, avvocati e perfino altri magistrati nel caso di lezioni tenute presso la Scuola Superiore della Magistratura). Questa serie di indicazioni pare la più importante e significativa perché dimostra l’esistenza in capo al candidato non soltanto di costanti interesse ed attenzione alla formazione dei futuri giuristi, ma anche di una maggiore dimestichezza e familiarità nella capacità di valutare il livello di preparazione dei candidati.

Quanto ai criteri, veniva assai opportunamente chiarito che la selezione sarebbe avvenuta «sulla base dell’attitudine all’incarico nel settore di competenza indicato, desunta innanzitutto dal curriculum professionale, nonché da:

«a) provvedimenti pubblicati in riviste di primaria importanza;

«b) attività didattica in sede di formazione centrale e/o decentrata;

«c) titoli scientifici;

«d) esperienze d’insegnamento universitario o presso le scuole di specializzazione per le professioni legali;

«e) esperienza maturata quale componente, per una o più volte, delle commissioni di esame per l’accesso alle professioni legali;

«f) funzioni di magistrato affidatario e/o collaboratore dei M.O.T.».

Il Csm, ulteriormente, per far sì che la composizione complessiva della commissione di concorso fosse il più possibile armonica ed equilibrata, specificavano una serie di criteri che assicurasse la presenza di magistrati provenienti dagli uffici distribuiti in modo proporzionalmente omogeneo sull’intero territorio nazionale e con esperienze e preparazioni dei settori sia civile sia penale.

Da ultimo, il Csm prevedeva una serie di incompatibilità ulteriori a quelle previste espressamente dalla legge (ed in particolare dall’articolo 5, commi 1-bis e 2, secondo cui: «…Non possono essere nominati componenti della commissione di concorso i magistrati, gli avvocati ed i professori universitari che nei dieci anni precedenti abbiano prestato, a qualsiasi titolo e modo, attività di docenza nelle scuole di preparazione al concorso per magistrato ordinario … Non possono essere nominati i componenti che abbiano fatto parte della commissione in uno degli ultimi tre concorsi»), volte ad assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari di appartenenza oltre che specificamente dei processi loro assegnati (prevedendosi, ad esempio, l’esclusione dei magistrati che svolgono funzioni direttive o semidirettive, o che provengono da uffici che sono dichiarate «sedi disagiate» o aventi una scopertura effettiva di organico superiore al 20%...).

Veniva, infine, previsto un elemento di aleatorietà, posto che era previsto che venisse selezionato un numero triplo di magistrati, dai quali i primi 20 estratti sarebbero stati i componenti titolari e i successivi 20 i componenti supplenti.

 

I profili critici delle modalità di nomina della commissione di concorso a opera del Csm nell’ultimo concorso

Questa tradizionale impostazione è stata in larga parte conservata in occasione dell’ultimo concorso in magistratura, per il quale il Csm (si fa in particolare riferimento alla delibera dell’8 aprile 2021, contenente l’interpello per la nomina dei componenti magistrati, consultabile al seguente link: https://www.csm.it/documents/21768/5343156/interpello+nomina+commissione+concorso+-+componenti+8+aprile+2021/7c91b824-89de-15aa-c5ab-d157a4066c9d?version=1.0 ; vale ricordare, poi che in pari data sono state altresì adottate altre due delibere recanti distinti interpelli per il presidente della commissione e per i componenti professori ed avvocati, reperibili rispettivamente ai seguenti link: https://www.csm.it/documents/21768/5343156/interpello+nomina+commissione+concorso+-+presidente+8+aprile+2021/8da92e34-fe0e-9a77-5775-77eb6a94ba8b?version=1.0 e https://www.csm.it/documents/21768/5343156/interpello+nomina+commissione+concorso+-+professori+e+avvocati+8+aprile+2021/257e5377-8f1b-7b50-d98a-55d765ebce46?version=1.0 ) ha introdotto ben pochi elementi di novità, ma tutti assai criticabili, salvo soltanto quello relativo ad assicurare le pari opportunità.

A quest’ultimo specifico proposito, infatti, in modo apprezzabile e opportuno si è superato il riferimento all’espressione «donne magistrato» (per le quali veniva riservata una quota del 30% dei posti, «salvo che tale percentuale non possa essere rispettata nella selezione iniziale per l’assenza di domande di colleghe in possesso dei requisiti richiesti»): appare assai più sobria e corretta, anche sotto il profilo linguistico, la previsione che « dovrà essere assicurata la presenza del 30% del genere meno rappresentato ».

Mentre questa modifica può auspicarsi che venga conservata anche per il futuro, si spera vengano subito superate le altre, rappresentate: - innanzi tutto, dalla limitazione della selezione ai soli magistrati che abbiano conseguito almeno «la quarta valutazione di professionalità»; - in secondo luogo, dall’estensione delle cause di incompatibilità; - da ultimo, dalla soppressione di qualsiasi criterio predefinito sulla cui base valutare le candidature, rimettendo in modo pressoché completo ed incondizionato la scelta al « sorteggio ».

 

…in particolare, l’esclusione dei magistrati che non abbia conseguito la «quarta valutazione di professionalità»…

Come ricordato, l’articolo 5, comma 1-bis, del Dlgs n. 160 del 2006, con disposizione ribadita dall’articolo 26-bis, comma 2, del Dl n. 118 del 2021, stabilisce che la commissione esaminatrice sia composta da «magistrati che abbiano conseguito almeno la terza valutazione di professionalità », sicché si pone palesemente ed apertamente contra legem la limitazione compiuta dal Csm di richiedere il conseguimento almeno della «quarta valutazione di professionalità».

Tutt’al più poteva legittimamente prevedersi che sarebbe stato valutato come criterio di preferenza il conseguimento di una più elevata valutazione di professionalità, precisandosi che tra aspiranti commissari che avessero conseguito la medesima valutazione di professionalità, sarebbe stata considerata la maggiore anzianità di ruolo. Ma come si avrà modo di chiarire più attentamente oltre, il Csm, in modo assai opinabile e poco commendevole, ha scelto di non stabilire a priori alcun criterio di valutazione.

 

 

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