Giustizia

Manca querela vittime, rischio scarcerazione dei boss mafiosi

No al carcere preventivo per tre mafiosi accusati di sequestro di persona e lesioni. Un effetto dell’applicazione della riforma del processo penale in vigore da pochi giorni, dal 30 dicembre

di Giovanni Negri

No al carcere preventivo per tre mafiosi accusati di sequestro di persona e lesioni. Un effetto dell’applicazione della riforma del processo penale in vigore da pochi giorni, dal 30 dicembre. I tre, che restano detenuti perché condannati anche per altri e più gravi reati, si sono però visti revocare la misura cautelare per effetto delle nuove condizioni di procedibilità. Con l’obiettivo di evitare la celebrazione di processi per eventi criminali di portata limitata, la riforma prevede infatti che per tutta una serie di reati è ora necessaria la presentazione della querela da parte della vittima, rendendo impossibile la perseguibilità d’ufficio da parte del pubblico ministero.

Nel catalogo dei reati interessati rientrano anche il sequestro (non a scopo di estorsione) e le lesioni. Dei due delitti erano indagati tre esponenti di un clan mafioso che avevano sottoposto a pestaggio, dopo averli chiusi in un autolavaggio, altri tre criminali, autori di una rapina ”non autorizzata” da Cosa Nostra. I tre mafiosi erano stati successivamente arrestati e sottoposti a detenzione, ma, nel frattempo, l’entrata in vigore della riforma ha imposto ai pubblici ministeri titolari dell’indagine di verificare la volontà delle vittime di sporgere querela come previsto dal regime transitorio del nuovo processo penale anche dopo le modifiche introdotte dall’amministrazione Nordio.

Se le vittime non intendono procedere allora la misura cautelare deve essere revocata. Ed è quanto avvenuto a Palermo, dove i tre ladri presi di mira dai mafiosi si sono rifiutati di depositare querela, rendendo inevitabile la cancellazione della detenzione.

Un caso di scuola per certi versi, dove la novità giuridica a monte provoca a valle conseguenze ineccepibili quanto indesiderate. Immediata la reazione da parte della magistratura, con il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che invoca sul punto un «ripensamento» della riforma: «in presenza di aggravanti di tipo mafioso, anche il reato che, in astratto, può sembrare di non particolare gravità, assume una fisionomia incompatibile con l’affidamento alle singole persone offese della possibilità di perseguirlo in concreto, secondo logiche di deflazione del carico giudiziario che sono accettabili soltanto in riferimento a reati autenticamente bagatellari».

Il presidente del tribunale di Palermo Antonio Balsamo mette a sua volta l’accento soprattutto sulla nuova procedibilità per i sequestri che sono pochi (a Palermo una quarantina su 8.000 processi definiti), con quindi scarsi effetti deflattivi), ma a elevato tasso di soggezione da parte delle vittime.

Gli fa eco la responsabile Giustizia del Pd Anna Rossomando che interviene per assicurare l’impegno su intervento normativo d’urgenza per stralciare dalla riforma i reati nei quali a essere contestata è l’aggravante di mafia. E di «depenalizzazione di fatto» Alessandra Maiorino, vicepresidente 5 Stelle al Senato, accusa la riforma. Dal ministero della Giustizia si ricorda, in ogni caso, che ci sono due anni di tempo per procedere a modifiche della riforma.

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