Giustizia

Avvocatura in rivolta sull’anticipo del nuovo processo civile

di Giovanni Negri

È bagarre sull’anticipazione dell’entrata in vigore del processo civile. Il passaggio dal 30 giugno al 28 febbraio delle più significative novità dell’intervento, in particolare quelle relative al rito ordinario di cognizione e a quello sommario, compattano l’intera avvocatura nella protesta, mentre anche dal Csm un parere approvato a tambur battente dal plenum segnale alcune criticità per l’aumento dei carichi di lavoro soprattutto delle procure.

I quattro mesi di anticipo decisi sul civile con emendamento alla legge di bilancio, mentre sul nuovo processo penale il ministero della Giustizia aveva invece disposto addirittura uno slittamento, fanno insorgere le istituzioni e le associazioni forensi, compatte nel sottolineare il caos che investirà l’intera amministrazione della giustizia. Il Cnf, in una nota congiunta con Ocf, ricorda come «innovazioni di forte impatto come la nuova fase introduttiva del giudizio di cognizione, richiedono negli operatori il giusto livello di approfondimento e consolidamento che non sarà possibile con un’anticipazione di quattro mesi rispetto alla data originaria di entrata in vigore. Questo tipo di considerazioni, d'altronde, hanno indotto opportunamente il Governo a operare la scelta opposta in riferimento al processo penale. Non si comprende in nessun modo, dunque, la scelta vista la consapevolezza mostrata circa il già grave affanno della giustizia civile, definita prima causa di sofferenza dello Stato, con i ritardi dei processi che costano il 2% di Pil».

E Aiga, Camere civili, Associazione nazionale forense (Anf) e Movimento forense rivolgono un appello al Governo per stralciare dall’entrata in vigore immediata della riforma almeno la parte relativa al processo di cognizione di primo grado. Punto centrale sul quale anche Cnf e Ocf avevano da tempo segnalato il mancato pieno rispetto del diritto di difesa e che l’entrata in vigore anticipata impedirà di correggere.

Il Csm, invece, mette nel mirino soprattutto l’appesantimento degli oneri a carico delle Procure che già dal 28 febbraio dovranno procedere, nel contesto del diritto di famiglia, alla comunicazione delle azioni penali in corso al giudice civile che sta a sua volta procedendo. L’anticipazione cioè «comporterà uno sforzo organizzativo consistente e difficilmente attuabile - scrive il Csm - entro la data del 28 febbraio 2023 in assenza di adeguate risorse umane e materiali».

Le segreterie delle Procure dovranno infatti comunicare al giudice civile, oltre alla pendenza di un procedimento penale per alcune categorie di reati, anche i provvedimenti di applicazione delle misure cautelari, dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, e di tutti gli atti d’indagine non coperti da segreto. Il tutto in una fase in cui sugli uffici del pubblico ministero vanno a incidere poi, sempre sul piano degli obblighi di comunicazione, anche la riforma del processo penale che, sia pure rinviata, sarà operativa con l’inizio dell’anno.

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