Civile

Foro del consumatore e fideiussione per contratti bancari: sotto la lente l'attività professionale del garante

Nota a sentenza sentenza della Cassazione, Sezione Sesta Civile, 16 novembre 2021 n. 34515

di Antonino La Lumia *

La Suprema Corte, con la recentissima pronuncia n. 34515 del 16 novembre 2021, torna sul tema della determinazione del foro del consumatore nell'ipotesi di fideiussione rilasciata per garantire contratti bancari e - con un convincente iter argomentativo - si distacca dall'orientamento tradizionale per fare propri i principi espressi, da ultimo anche dalla Corte di Giustizia.

Il caso di specie riguardava un'opposizione a decreto ingiuntivo, nell'ambito della quale la parte opponente aveva eccepito l'incompetenza territoriale del Tribunale, invocando il diverso foro del consumatore: a supporto della difesa, si argomentava che la fideiussione - tesa a garantire un mutuo finalizzato all'acquisto di una farmacia - non fosse stata contratta nell'esercizio dell'attività professionale, ma soltanto in via personale (essendo la garante l'allora moglie del debitore).

Il Tribunale aveva respinto questa tesi, valorizzando - al contrario - la circostanza che l'opponente svolgesse anch'ella attività lavorativa nel settore farmaceutico (sebbene autonoma rispetto a quella del marito): da ciò aveva dedotto la consapevolezza della garante della natura professionale dell'operazione economica e, dunque, la sua compartecipazione alla stessa; in altri termini, era stato ritenuto provato un collegamento funzionale tra il fideiussore e l'attività garantita in base al solo fatto che l'opponente svolgesse attività di lavoro dipendente presso altra farmacia.

Tali conclusioni risultavano effettivamente frutto di un'evidente superficialità di analisi dei fatti e, soprattutto, di una poco accorta applicazione dei principi di diritto.

Tanto ciò è vero che la Cassazione mostra subito di volersi distaccare dall'impostazione del Tribunale, pur ammettendo che, secondo l'orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, "la persona fisica, che presta fideiussione per garantire un debito contratto da un professionista, non assume lo status di consumatore, ma per riflesso, anche egli quello di professionista, con conseguenza ovviamente di rilievo sulla disciplina di riferimento" (Cass. 11 gennaio 2001, n. 314; Cass. 13 maggio 2005, n. 10107).

La pronuncia, tuttavia, riporta una più lineare opinione di legittimità che, dapprima, ha escluso che possa aver rilievo la "natura societaria" del debitore principale ai fini dell'eventuale applicazione della normativa in tema di tutela dei consumatori (Cass. 12 gennaio 2005, n. 449) e, ancor più recentemente, ha ripreso la posizione della Corte di Giustizia, che ha smentito l'argomento secondo cui l'accessorietà della fideiussione implicherebbe il rinvio al rapporto principale per la valutazione dello stato di consumatore del garante (Cass. 31 dicembre 2018, n. 32225).

Sulla scorta di questa premessa, la Suprema Corte dimostra di aderire al principio espresso dai Giudici europei: "l'oggetto del contratto è irrilevante ai fini dell'applicazione della disciplina del consumatore, essendo invece determinante la qualità dei contraenti, poiché la direttiva 93/13 definisce l'ambito di applicazione della disciplina ‘consumeristica' non con riferimento all'oggetto del contratto (tantomeno quello garantito), ma con riferimento alla condizione che i contraenti non agiscano nell'ambito della loro attività professionale […]; questa tutela è particolarmente importante nel caso di contratto di garanzia e di fideiussione stipulato da un istituto bancario e un consumatore". Ciò in quanto detto contratto "si presenta, dal punto di vista delle parti contraenti, come un contratto distinto in quanto è stipulato tra soggetti diversi dalle parti del contratto principale. È dunque in capo alle parti del contratto di garanzia o di fideiussione che deve essere valutata la qualità in cui queste hanno agito" (Corte di Giustizia UE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, Dumitras).

La Cassazione, pertanto, si allinea a tale interpretazione logico-sistematica della normativa in materia di contratti con i consumatori, riprendendo il filo di altra precedente pronuncia (ordinanza 16 gennaio 2020, n. 742), che aveva espressamente abbandonato l'orientamento tradizionale, specificando che la natura di consumatore debba essere individuata mediante "la valutazione se il rapporto contrattuale di cui alla fideiussione nel concreto rientri o no nell'ambito di attività estranee all'esercizio dell'eventuale professione specificamente svolta dal soggetto che ha prestato la garanzia".

In linea con detta impostazione, la Corte decide - con approccio assolutamente ragionevole - la questione dell'applicazione del foro del consumatore, affermando che "la ricorrente ha stipulato la fideiussione non nell'ambito della sua attività professionale o per finalità inerenti a tale attività o strettamente funzionali al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio), ma come persona fisica che agiva da non professionista, ma in virtù del rapporto di coniugio che all'epoca la legava al debitore principale": dunque, le circostanze non potevano far ritenere che la stessa avesse sottoscritto, quale professionista, la fideiussione.

*a cura dell'avv. Antonino La Lumia (Founding Partner di Lexalent)

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