Penale

Per chi non collabora permessi premio solo se è dimostrata l'assenza di contatti con la criminalità organizzata

Non basta il semplice riferimento alla condotta regolare e partecipativa del ricorrente in costanza di detenzione

di Giampaolo Piagnerelli

La concessione di permessi premio ai condannati per reati ostativi è ammessa nel caso in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia oppure nel caso di mancata collaborazione se sono stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 24015/22. Ne consegue la legittimità del provvedimento del tribunale di sorveglianza di Napoli che, sia pure con una motivazione molto sintetica, ha evidenziato che in mancanza di una procedura di collaborazione il semplice riferimento alla condotta regolare e partecipativa del ricorrente in costanza di detenzione e all'assenza di condanne a suo carico per il reato associativo non sono presupposti per l'ammissione al permesso premio. La decisione del tribunale risponde perfettamente a quanto stabilito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 253/19) che ha ritenuto che "la presunzione di pericolosità sociale del detenuto che non collabora sia superabile non certo in virtù della sola regolare condotta carceraria o della mera partecipazione al permesso rieducativo, e nemmeno in ragione di una soltanto dichiarata dissociazione, ma soprattutto in forza dell'acquisizione di altri, congrui e specifici elementi".

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