Professione e Mercato

Avvocati: procura valida anche dopo il decesso della parte assistita

Per la Cassazione, l'omessa dichiarazione o notifica dell'evento ad opera del difensore fa sì che quest'ultimo continui a rappresentare la parte come se l'evento stesso non si fosse verificato

di Marina Crisafi

La procura del difensore resta valida anche dopo il decesso della parte assistita. È questo in estrema sintesi quanto affermato dalla Cassazione (sentenza n. 11193/2022) nell'accogliere un ricorso avverso la decisione che aveva dichiarato improcedibile l'appello notificato al difensore del socio defunto di una Srl.

La vicenda
Nella vicenda, la corte territoriale osservava che, trattandosi di notifica a soggetto non evocabile in lite perché non più esistente come evincibile da pubblici registri, non potevano superare l'anticipata conclusione, né la costituzione del socio e degli eredi dell'altro socio nelle more deceduto, né il fatto che la notifica dell'appello fosse stata effettuata al difensore costituito in prime cure, sebbene non avesse dichiarato l'evento della cancellazione.
Il ricorrente lamentava però violazione e falsa applicazione degli articoli 2495, secondo comma, cod. civ. e 299 300, 330, cod. proc. civ., poiché la corte d'appello avrebbe errato omettendo di considerare che, posta la mancata dichiarazione dell'evento della cancellazione della società in primo grado da parte del relativo difensore, la notifica del gravame di merito a quest'ultimo era rituale in ragione dell'ultrattività del mandato, rilasciato «per ogni stato e grado del giudizio».

La decisione
La terza sezione civile della Cassazione ritiene i rilievi fondati.
Superando un precedente orientamento (espresso da Cass., SS.UU. n. 6070/2013, seguita dalla corte territoriale), i giudici di legittimità, infatti, hanno affermato che la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che:
"a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore; ex art. 285, c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace;
b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale - in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell'ambito del processo, tuttora esistente come tale e capace;
c) è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso di lui, ai sensi dell'art. 330, primo comma, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza ‘aliunde' di uno degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c. da parte del notificante (cfr. tra le altre Cass., Sez. U., n. 15295/2014; n. 24845/2018; n. 21381/2021)".
In altri termini, sentenziano da piazza Cavour, "in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest'ultimo comporta, per l'ultrattività del mandato difensivo, che l'avvocato e procuratore continui a rappresentare la parte come se l'evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata, rispetto alle altre parti e al giudice, nella fase attiva del rapporto processuale, nonché, coerentemente, in quelle successive di sua quiescenza o eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione".
Ciò con la precisazione che tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase d'impugnazione, "si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l'evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, c.p.c".
Da qui l'accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza d'appello.
La parola passa al giudice del rinvio.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©