Famiglia

Mantenimento dei figli: l'imperituro enigma delle spese straordinarie

Rilevanza, imprevedibilità e imponderabilità sono le tre caratteristiche necessarie per qualificare una spesa come "straordinaria"

di Valeria Cianciolo


La decisione oggetto dell'ordinanza 12 novembre 2021 n. 34100, offre il fianco per affrontare nuovamente l'annoso tema degli aspetti economici nella crisi della famiglia, a tutt'oggi ancora colmo di incertezze, ossia, quello delle ‘‘spese straordinarie'' e del loro rapporto con quelle ‘‘ordinarie'', non essendo la distinzione tra le due categorie normativamente prevista.

Il caso

La corte d'appello respingeva la domanda di Tizia volta alla percezione dell'assegno divorzile, prevedendo che l'assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne e non economicamente autosufficiente fosse direttamente corrisposto a quest'ultimo. Il giudice d'appello ancorava le proprie motivazioni agli assunti fatti propri dalla Cassazione 11.504 del 2017 non avendo la donna offerto la prova della quale era onerata, della mancanza di mezzi adeguati che le assicurassero l'autosufficienza economica o comunque, l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

Tizia nel ricorrere in cassazione contestava le determinazioni svolte dalla corte d'appello con cinque mezzi di gravame, due dei quali, il terzo e il quarto, accolti dalla Suprema Corte, saranno oggetto in questa sede di una breve analisi.
Il terzo motivo di ricorso riguardava la determinazione adottata dalla sentenza impugnata in merito alla corresponsione direttamente nelle mani del figlio maggiorenne, dell'assegno di mantenimento previsto. Sul punto la ùCassazione ho accolto il motivo di ricorso riconoscendo che sebbene l'articolo 337 - septies del codice civile riconosca al figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, un diritto concorrente con quello del genitore convivente, alla percezione dell'assegno di mantenimento, non di meno l'attribuzione dello stesso a mani del figlio ne presuppone la domanda giudiziale e non viene perciò meno al principio della domanda fissato dall'art. 99 cod. proc. civ.
Con il quarto motivo di ricorso veniva censurato un punto della decisione con cui la corte d'appello aveva qualificato, ripartendo nel carico tra entrambi i genitori, come spese straordinarie, le tasse universitarie, rette di collegio, libri di studio posto che per uno studente universitario corrispondono a bisogni ordinari e attuali che non hanno carattere di eccezionalità o imprevedibilità.

La legittimazione ad agire per la richiesta dell'assegno mantenimento dei figli maggiorenni

L'art. 337- septies cod. civ. prevede che il giudice possa disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. L'obbligo di contributo al mantenimento dei figli maggiorenni cessa solo quando abbiano raggiunto una propria autonomia e indipendenza economica (Cass. civ., 5 marzo 2018, n. 5088, in Pluris on Line; Cass. civ., 26 aprile 2017, n. 10207, in Pluris on Line).
Occorre per inciso precisare che le decisioni di maggiore importanza per il figlio, anche a valle della riforma del 2006, devono accompagnarsi - o meglio dovrebbero - alla regola dell'accordo fra i genitori ed è all'interno delle stesse che si pongono le scelte relative alle spese straordinarie. Nella prassi, l'entità di tale contribuzione, se non preventivamente concordata dalle parti, è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, il quale procederà alla determinazione del contributo sulla base dei parametri di cui all'art. 148 cod. civ., ovvero in proporzione alle rispettive sostanze dei coniugi e secondo la loro capacità lavorativa e professionale, attraverso un'indagine comparativa delle disponibilità di entrambi i genitori
L'art. 337-septies, già nell'abrogato art. 155- quinquies cod. civ. introdotto dalla legge n. 54 del 2006, aveva posto dei dubbi sulla legittimazione ad agire per la richiesta dell'assegno. L'orientamento prevalente, tuttavia, era nel senso che il figlio convivente non divenisse legittimato, salvo che decidesse di attivarsi in prima persona, ad esempio per ottenere una modifica quantitativa del contributo, oppure per ottenere che questo venisse pagato nelle sue mani (Bianca, in Comm. Cian, Oppo, Trabucchi, VI, 1, Padova, 1993, 383); viceversa laddove il figlio, pur essendo divenuto maggiorenne, fosse rimasto inerte, si reputava che accettasse l'operato del genitore che era stato affidatario, il quale continuava, così, a essere legittimato, iure proprio, a ricevere il contributo nell'interesse del figlio convivente, a domandarne la modifica, e ad agire in ipotesi di inadempimento (Auletta, Il diritto di famiglia, 4a ed., Torino, 2002, 200; Bianca, in Comm. Cian, Oppo, Trabucchi, cit., 382-383).

Più calzante, oggi appare una lettura restrittiva della disposizione che prevede il versamento dell'assegno direttamente nelle mani del figlio, nel caso in cui l'assegno in favore del figlio sia stato disposto quando questi già era maggiorenne, e non anche al caso del protrarsi dell'obbligo a corrispondere l'assegno, originariamente disposto per il mantenimento del minorenne (Basini, I provvedimenti relativi alla prole, in Aa. Vv., Lo scioglimento del matrimonio, a cura di Bonilini e Tommaseo, in Il codice civile, Commentario diretto da Schlesinger, Milano, 1997, 859 ss.). In queste ultime ipotesi, allora, resta attuale l'orientamento tradizionale, che vuole legittimato comunque il genitore a ricevere l'assegno, almeno fino al momento in cui il figlio, ormai maggiorenne, non si attivi affinché l'adempimento avvenga direttamente nelle sue mani. L'ordinanza in commento sul punto richiama un principio ormai consolidato in giurisprudenza, secondo il quale, il genitore separato o divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l'altro genitore non può pretendere, in mancanza di una specifica domanda del figlio, di assolvere la propria prestazione nei confronti di quest'ultimo anziché del genitore istante. Il genitore separato o divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l'altro genitore, non può pretendere, in mancanza di una specifica domanda del figlio, di assolvere la propria prestazione nei confronti di quest'ultimo anziché del genitore istante. Invero, anche a seguito dell'introduzione dell'art. 155 quinquies cod. civ. a opera della L. 8 febbraio 2006, n. 54, sia il figlio, in quanto titolare del diritto al mantenimento, sia il genitore con lui convivente, in quanto titolare del diritto a ricevere il contributo dell'altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento, cui materialmente provvede, sono titolari di diritti autonomi, ancorché concorrenti, sicché sono entrambi legittimati a percepire l'assegno dall'obbligato. (Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2013, n. 25300, in Pluris on Line).
Ne segue, peraltro, che «La mancata richiesta, da parte del figlio maggiorenne non indipendente economicamente, di corresponsione diretta dell'assegno di mantenimento giustifica la legittimazione a riceverlo da parte del genitore con lui convivente, il quale anticipa le spese per il suo mantenimento e le programma d'accordo con lui, e, di conseguenza, il genitore obbligato non ha alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere» (T. Milano, Sez. IX, 21 luglio 2016; Cass. civ., Sez. I, 26 maggio 2017, n. 13354, in Pluris on Line).
Posto che la legittimazione a domandare l'assegno spetta tanto al figlio quanto al genitore con questi convivente affinché il genitore sia legittimato a chiedere l'assegno è indispensabile il requisito della convivenza, che si concreta qualora, pur non coabitando quotidianamente con il genitore, il figlio "mantenga un collegamento stabile con l'abitazione del genitore, facendovi ritorno ogniqualvolta gli impegni glielo consentano" (Cass. civ., 27 maggio 2005, n. 11320, in Pluris on Line).

Le spese straordinarie

Il tema delle spese e del loro riparto è di non facile soluzione. Come è noto, la determinazione delle spese di mantenimento dei figli, oggetto di accesi litigi fra i coniugi, passa attraverso la ricostruzione dei patrimoni degli stessi, che rimane comunque problematica, soprattutto quando le dichiarazioni reddituali siano incongruenti con il tenore di vita concretamente goduto, sebbene sia possibile richiedere lo svolgimento delle indagini di polizia di tributaria previste dall'ultimo comma dell'art. 337- ter cod. civ. In particolare, il giudice non deve limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali le disponibilità monetarie di qualsiasi natura, le capacità professionali e tutte le potenzialità in termini di redditività, in quanto il mantenimento dev'essere quantificato considerando non solo le esigenze dei figli, in relazione all'età e alle necessità di inserimento lavorativo e sociale, ma anche in rapporto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, tenore di vita determinato dalla confluenza dei redditi e delle risorse genitoriali. (Corte d'Appello Roma, 13 gennaio 2012, in Pluris on Line).
È noto che nelle decisioni ci si imbatte, una volta quantificata la misura dell'assegno mensile, con la formula «oltre spese straordinarie nella misura del 50%». Rilevanza, imprevedibilità e imponderabilità sono le tre caratteristiche necessarie per qualificare una spesa come "straordinaria" (Cass. civ., Sez. I, 08 settembre 2014, n. 18869, in Pluris on Line): il primo requisito è da interpretarsi come esorbitanza rispetto alle spese ordinariamente sostenute e va, perciò, determinata in relazione all'incidenza economica della spesa; l'imprevedibilità implica impossibilità per il giudice di determinarne il quantum sulla base della prospettazione delle parti in sede di separazione o divorzio, ma anche impossibilità per il genitore di ipotizzarne la necessità. In buona sostanza, sono eventi che non rientrano nell'ordinario menage familiare e in cui la soluzione si trova a seconda del contesto familiare: la spesa per una babysitter, per esempio, potrebbe rientrare in entrambe le categorie a seconda della ordinarietà/straordinarietà della sua presenza.
Il terzo requisito richiesto dalla Suprema Corte è la c.d. imponderabilità: perché una spesa straordinaria sia tale l'entità della spesa deve essere impossibile da definire per assenza di dati. Una spesa imponderabile potrà essere considerata tale perché non quantificabile nel suo ammontare (es. un trattamento psicoterapico di cui non si conosce la durata). Ai tentativi della giurisprudenza di individuare criteri discretivi tra le due figure, si sono affiancati anche i protocolli adottati dai Tribunali per agevolare l'identificazione delle spese da considerarsi extra ordinarie e, quindi, estranee all'importo, normalmente mensile, dell'assegno di mantenimento. I Protocolli sono strutturati normalmente come un'elencazione esemplificativa di spese, attraverso macro-categorie, all'interno delle quali si distingue tra spese che necessitano del preventivo accordo e spese che non lo richiedano.
Nel novembre 2017, il Consiglio Nazionale Forense ha diramato le "Linee guida per la regolamentazione delle modalità di mantenimento dei figli nelle cause di diritto familiare", elaborate di concerto con la Commissione Famiglia, la Rete dei referenti per il Diritto di Famiglia e le Associazioni di settore, al fine di chiarire le varie voci di spesa che costituiscono complessivamente l'assegno di mantenimento del minore o dei figli maggiorenni non economicamente indipendenti. Sebbene le prassi condivise che definiscano in via preventiva, in modo analitico e compiuto, le possibili voci per spese di mantenimento dei figli, la loro classificazione e le modalità di partecipazione dei coniugi abbiano ridotto il conflitto, rimane il fatto che i Protocolli sono differenti tra distretto e distretto.
Ad esempio: a Milano, le spese sportive sono sempre da sottoporre al previo accordo dei genitori, a Napoli, invece, non c'è necessità di accordo per uno sport annuale dei figli. Dal punto di vista pratico, ciò impone alle parti di confrontarsi sul contenuto delle linee guida cui fare riferimento. In linea di massima, sono comprese nell'assegno di mantenimento per il genitore collocatario e qualificate come spese ordinarie quelle per vitto giornaliero, abbigliamento ordinario, il contributo per spese dell'abitazione (canone di locazione, utenze e consumi), per la scuola (mensa scolastica e cancelleria) ricorrenti nell'anno.
Per rimanere sul tema affrontato dall'ordinanza in esame, sono:- spese scolastiche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e universitarie per la frequentazione di istituti pubblici; b) libri di testo; c) materiale di corredo scolastico di inizio anno comprensivo anche della dotazione richiesta dalla scuola per attività sportiva rientrante nella ordinaria programmazione didattica; d) dotazione informatica (pc/ tablet) imposta dalla scuola ovvero connessa al programma di studio differenziato (BES); e) assicurazione scolastica; f) fondo cassa richiesto dalla scuola; g) gite scolastiche senza pernottamento; h) spese per mezzi di trasporto pubblico (bus/treno) dal luogo di residenza all'istituto scolastico;- spese scolastiche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e universitarie per la frequentazione di istituti privati; b) gite scolastiche con pernottamento; c) corsi di recupero e lezioni private; d) corsi di specializzazione/ master e corsi post-universitari in Italia e all'estero; e) alloggio presso la sede universitaria.
Nell'accogliere il motivo di ricorso relativo alla corretta qualificazione delle rette universitarie, la Suprema Corte ha voluto affermare che le formule adottate dai giudici ai merito, nelle quali in modo tralatizio si richiama, in aggiunta all'assegno forfettizzato di contributo al mantenimento, la partecipazione di ciascun genitore, in misura percentuale, a una serie di spese qualificate come straordinarie, ha carattere meramente ricognitivo e pressoché superfluo, nulla predicando di quella natura. Va, sul punto, precisato che la contribuzione alle spese scolastiche del figlio non va riferita a fatti meramente eventuali, perché straordinari e connotati da imprevedibilità: ciò discende dal dovere generale, alla cui osservanza i genitori sono tenuti, che è quello di mantenere, istruire ed educare la prole, ai sensi dell'art. 148 cod. civ., nei cui contenuti, secondo la comune esperienza, rientrano. La necessità di continui esborsi per l'istruzione – e il concetto vale anche per le prestazioni mediche - non rientra nella nozione di straordinarietà.
In linea di massima, si deve tener presente che le eventuali e future spese per la formazione universitaria, devono intendersi quali "spese ordinarie", tali da giustificare eventualmente, una richiesta di modifica in aumento dell'assegno periodico, non trattandosi di spese di carattere saltuario e eccezionale o comunque imprevedibile ma, al contrario, assolutamente normali e durevoli nel tempo. (Trib. Savona, 9 luglio 2019, in Pluris on Line).

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