Professione e Mercato

L'avvocato "negligente" non risarcisce il cliente per la perdita del condono futuro

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 34787 depositata oggi, affermando che l'evento era "futuro ed incerto"

di Francesco Machina Grifeo

L'avvocato "negligente" che non informa per tempo il cliente dell'esito negativo della causa contro il Fisco, con la conseguente formazione del giudicato, non può essere chiamato a risarcire il presunto danno derivante dalla perdita della possibilità di aderire ad un condono fiscale che al momento dei fatti non era stato ancora deciso. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 34787 depositata oggi.

A causa della mancata comunicazione in cancelleria del proprio cambio di domicilio, l'avvocato aveva comunicato ai clienti il rigetto della impugnazione di un avviso di accertamento delle Entrate, relativo al maggior valore di beni ricevuti in successione, troppo tardi. Era così venuta a mancare quella condizione della "pendenza della lite" presupposto necessario per l'accesso al condono previsto dalla legge n. 289 del 2002. L'agevolazione fiscale era entrata in vigore successivamente al passaggio in giudicato della pronuncia sfavorevole.

Sia il Tribunale che la Corte di appello avevano rigettato la domanda di risarcimento considerato che "la possibilità di accesso al condono era evento imprevedibile e non conoscibile". "La perdita della dedotta chance di accesso al condono non poteva dunque essere eziologicamente collegata in via diretta e immediata alla condotta negligente del professionista".

Una lettura confermata dalla Terza sezione civile secondo cui il ricorso è da rigettare perché la sentenza di merito "non nega che vi sia stata una condotta negligente del legale nel non comunicare tempestivamente l'esito del ricorso avverso l'accertamento tributario sì da consentire la proposizione dell'appello ma esclude …, che, in base ad una valutazione prognostica ex ante, potesse collegarsi a tale inadempimento altro che la sola chance di proposizione dell'appello, restando l'accesso alla procedura di condono, entrata in vigore solo successivamente ai fatti di cui è causa, del tutto estranea alla serie causale degli inadempimenti contestati".

La responsabilità dell'avvocato, infatti, nella specie per omessa proposizione di impugnazione, "non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone"

Secondo tale consolidato orientamento dunque "la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell'azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita".

Seguendo questo ragionamento la serie causale che rileva "si arresta, come correttamente ritenuto dai giudici del merito, alla valutazione prognostica circa il positivo accoglimento dell'appello, ove lo stesso fosse stato tempestivamente proposto e non anche alla possibilità di accesso al condono, evento futuro ed incerto, la cui fonte normativa non era nella disponibilità del legale poter prevedere".

Né, prosegue la decisione, può assumere rilevanza la circostanza che "la pendenza della lite costituisse una condizione della domanda di condono al fine di radicare la responsabilità del legale per non aver precostituito tale condizione impugnando tempestivamente la pronuncia di rigetto del ricorso tributario, in quanto la valutazione della responsabilità deve essere svolta - ed è stata correttamente svolta - con un giudizio prognostico ex ante, con riguardo cioè alle conseguenze prevedibili al momento della condotta e non anche con un giudizio ex post con riguardo alle condizioni precostituite dal legislatore in tempi successivi all'adozione delle condotta medesima".

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