Amministrativo

Tar Lazio: la Pa informi i cittadini sul corretto uso di telefonini e cordless per evitare rischi alla salute

di Marianna Sala *


Niente più dilazioni: la pubblica amministrazione deve informare i cittadini, con una campagna da realizzare entro il 16 luglio prossimo, sul corretto uso di telefonini e cordless, con l'obiettivo di prevenire potenziali rischi per la salute e l'ambiente. L'obbligo è contenuto nella sentenza 500/2019, pubblicata il 15 gennaio, della sezione terza-quater del Tar Lazio

La questione

Tutto nasce dall'immobilismo del ministero dell'Ambiente che – d'intesa con i ministeri della Salute e dell'Istruzione – avrebbe dovuto, sin dal lontano 2001, adottare, ai sensi dell'articolo 12 della legge 36/2001 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), un decreto per stabilire «le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi (…) generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici sono tenuti a fornire agli utenti, ai lavoratori e alle lavoratrici, mediante apposite etichettature o schede informative», indicando, in particolare, «i livelli di esposizione prodotti dall'apparecchio o dal dispositivo, la distanza di utilizzo consigliata per ridurre l'esposizione (…) e le principali prescrizioni di sicurezza».

Inoltre, si sarebbe dovuto promuovere, ai sensi dell'articolo 10 della legge 36, «lo svolgimento di campagne di informazione e di educazione ambientale» aventi a oggetto l'indicazione delle corrette modalità d'uso degli apparecchi di telefonia mobile (cellulari e cordless), il tutto finalizzato alla prevenzione dei rischi per la salute e l'ambiente.

Il ricorso al Tar

Allo scopo di rimuovere la situazione di stallo, nel giugno 2017 l'Associazione per la prevenzione e la lotta all'elettrosmog intimava alle amministrazioni competenti di adottare tutti i provvedimenti previsti dalla legge 36. Di fronte alla perdurante inerzia dei ministeri, l'associazione si è rivolta al giudice amministrativo.

Il Tar Lazio ha dichiarato inammissibile la prima istanza, relativa alla mancata adozione del decreto, perché – si sottolinea nella sentenza - si tratta di un atto politico non coercibile sul piano giuridico.

I giudici si sono, dunque, concentrati sulla seconda istanza, rilevando che:
-la richiesta realizzazione di una campagna informativa e educativa ha fondamento giuridico in una norma di rango legislativo (l'articolo 10 della legge 36);
-sussistono documenti scientifici (peraltro non efficacemente contestati dalle amministrazioni resistenti) da cui emerge che l'uso improprio dei cellulari può avere effetti nocivi sulla salute umana;

-detta richiesta rappresenta un atto amministrativo generale, rivolto a una pluralità indefinita di soggetti, che presuppone lo svolgimento di un'attività istruttoria finalizzata all'individuazione dei rischi connessi all'esposizione del corpo umano ai campi elettromagnetici e all'individuazione delle precauzioni da adottare. Il tutto allo scopo di salvaguardare il diritto alla salute, tutelato dalla Costituzione.
Di conseguenza, il Tar ha sancito l'obbligo dei ministeri dell'Ambiente, della Salute e dell'Istruzione, ciascuno per il proprio ambito di competenza, di provvedere a realizzare la campagna informativa.

Il supporto scientifico

A supportare, sotto il profilo scientifico, la propria istanza, l'associazione aveva presentato in giudizio alcuni documenti tratti dalla letteratura scientifica più accreditata, nonché autorevoli e qualificati riconoscimenti circa la necessità di un'adeguata campagna informativa rivolta alla generalità della popolazione.

Tra questi, la nota del ministero della Salute (n. 0001080–P del 16 gennaio 2012) che in risposta a una precedente richiesta della ricorrente evidenziava la propria attenzione al tema <dei possibili rischi per la salute conseguenti all'uso del cellulare, in particolare a seguito della classificazione stabilita dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro nel 2011, di agente possibilmente cancerogeno per l'uomo (categoria 2B) per i campi elettromagnetici in radiofrequenza>.

Inoltre, un parere del 16 novembre 2011 del Consiglio superiore della sanità, che ammette che <se è vero che allo stato delle conoscenze scientifiche non è dimostrato alcun nesso di causalità tra esposizione a radiofrequenze e patologie tumorali, l'ipotesi di un rapporto causale non può essere del tutto esclusa in relazione ad un uso molto intenso del telefono cellulare> e raccomanda di <mantenere vivo l'interesse della ricerca e della sorveglianza sul tema, in attesa che le nuove conoscenze risolvano le attuali aree di incertezza, suggerendo nel contempo l'avvio di una campagna d'informazione al pubblico al fine di promuovere e incoraggiare un uso responsabile del telefono, soprattutto in relazione ai bambini che tendono ad essere avvicinati all'uso del telefono cellulare in età sempre più precoce>.

Campagna entro sei mesi

Il Tar, impedendo ulteriori rinvii e slittamenti, impone l'obbligo di realizzare una campagna informativa capillare sul territorio entro il 16 luglio 2019. E lo fa senza isterismi ideologici, ma all'insegna di un apprezzabile equilibrio fra le posizioni che tradizionalmente hanno caratterizzato queste problematiche, tanto che prendere di mira la pronuncia del Tar- quasi che si trattasse di uno stop al progresso tecnologico e contro gli operatori della telefonia - appare francamente fuorviante.

Ora tocca alle amministrazioni pubbliche fare la loro parte, senza espedienti dilatori, ma con la consapevolezza che sono in gioco valori importanti come il diritto alla salute e della tutela delle persone.

*Marianna Sala, avvocato, presidente Corecom Lombardia

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