Penale

Si sblocca (per ora) la riforma del carcere

di Giovanni Negri

Approderà domani sul tavolo del Consiglio dei ministri il decreto di riforma dell’ordinamento penitenziario. Il Governo Gentiloni rompe gli indugi e mette all’ordine del giorno un intervento dal percorso assai tormentato e, quanto a iter procedurale, con profili inediti. A favore dell’approvazione, negli ultimi giorni, ha preso corpo una forte mobilitazione di associazioni e giuristi con un appello pubblico sottoscritto tra gli altri dalle Camere penali, dal Consiglio nazionale forense, da Magistratura democratica, e, tra molti altri, da Valerio Onida, Vladimiro Zagrebelsky, Edmondo Bruti Liberati, Armando Spataro, Ernesto Lupo, Carlo Federico Grosso.

In realtà, il perno della riforma, il decreto legislativo che riscrive in maniera profonda e significativa, dopo un ampio lavoro preparatorio costituito dagli Stati generali dell’esecuzione penale, punti chiave come le misure alternative al carcere, il trattamento sanitario, l’individualizzazione della pena, i colloqui, la corrispondenza e l’informazione, è già stato approvato una prima volta in Consiglio dei ministri nell’autunno scorso.

I pareri delle commissioni Giustizia, soprattutto quello del Senato, hanno però posto condizioni assai incisive, tanto da modificarne le linee guida, stravolgendone l’ispirazione. Di qui la decisione di non accoglierle, rendendo quindi necessario un nuovo passaggio parlamentare. Che, quanto a tempi, sarebbe però ricaduto direttamente a ridosso della data delle elezioni. Con la conseguenza di un possibile varo di una riforma a elevato tasso divisivo nelle ore immediatamente precedenti la consultazione elettorale.

Il Governo ha così deciso di non decidere, prendendo tempo, ma non abbandonando, come ha voluto sottolineare ancora pochi giorni fa da Bruxelles il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il progetto (che si è andato poi arricchendo di altri 3 decreti, sulla giustizia riparativa, sul lavoro e sull’ordinamento minorile) al suo destino. Che però resta appeso a un filo. Perchè il testo a questo punto sarà affidato per i pareri alle nuove Camere, che ancora però non si sono insediate e tanto meno saranno costituite a breve le commissioni Giustizia.

Insomma, a mancare potrebbe ancora essere, per un po’, l’interlocutore istituzionale. Dove a complicare ulteriormente la situazione c’è poi il fatto che il Governo potrebbe anche decidere di forzare la mano, visto che una volta trascorsa una decina di giorni dalla trasmissione a Camera e Senato, il testo sarebbe comunque approvabile anche in assenza dei pareri. Si tratterebbe però di uno strappo istituzionale, del quale è assai dubbio voglia farsi carico un Governo uscente.

Decreto legislativo di riforma dell'ordinamento penitenziario

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