Comunitario e Internazionale

La Cgue boccia parte della direttiva contro riciclaggio e terrorismo: viola la privacy

Rendere accessibili al pubblico le informazioni sulla titolarità delle società produce una ingerenza nei diritti non limitata allo stretto necessario né proporzionata rispetto all'obiettivo perseguito

di Francesco Machina Grifeo

Per la Corte Ue, convocata in Grande Sezione (cause riunite C-37/20 e C-601/20), alcune disposizioni della direttiva antiriciclaggio (2015/849 per come modificata dalla direttiva 2018/843) sono "invalide" alla luce della "Carta". In particolare, quelle che permettono agli Stati membri di rendere accessibili in ogni caso al pubblico le informazioni sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche costituite nel loro territorio.

Per i giudici europei si tratta di una grave ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, rispettivamente sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta. Infatti, prosegue, le informazioni divulgate consentono a un numero potenzialmente illimitato di persone di informarsi sulla situazione materiale e finanziaria del titolare effettivo. Ma anche un eventuale uso abusivo dei loro dati personali che possono essere non solo liberamente consultati, ma anche conservati e diffusi.

Il ricorso parte a seguito dell'approvazione, nel 2019, da parte del Lussemburgo di una legge che ha istituito un Registro dei titolari effettivi, prevedendo che debba esservi iscritta e conservata tutta una serie di informazioni sulla titolarità effettiva delle entità registrate. Una parte delle quali è accessibile anche via Internet, con la possibilità di limitare l'accesso solo in casi particolari. In tale contesto, sono stati presentati due ricorsi Tribunale circoscrizionale, da una società lussemburghese e dal titolare effettivo di una società lussemburghese, che avevano chiesto senza successo di limitare l'accesso del pubblico alle informazioni che li riguardavano.

La Corte ricorda che con la direttiva il legislatore dell'Unione mirava a prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo istituendo una maggiore trasparenza, il che effettivamente è un "obiettivo di interesse generale". Tuttavia, l'ingerenza che ne è derivata "non è limitata allo stretto necessario né proporzionata all'obiettivo perseguito". Al contrario, il regime introdotto dalla direttiva antiriciclaggio rappresenta una lesione considerevolmente più grave dei diritti fondamentali garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta rispetto al regime anteriore (dove si doveva dimostrare un legittimo interesse), senza che tale aggravamento sia compensato dagli eventuali benefici nella lotta al riciclaggio o al terrorismo.

La Corte aggiunge infine che le disposizioni facoltative che consentono agli Stati membri, rispettivamente, di subordinare la messa a disposizione delle informazioni sulla titolarità effettiva ad una registrazione online e di prevedere, in circostanze eccezionali, talune deroghe all'accesso del pubblico a tali informazioni, non sono, di per sé, idonee a dimostrare né una ponderazione equilibrata tra l'obiettivo di interesse generale perseguito e i diritti fondamentali sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta, né l'esistenza di sufficienti garanzie che consentano alle persone interessate di tutelare efficacemente i loro dati personali contro i rischi di abusi.

Per cui la Corte ha statuito che: "L'Articolo 1, paragrafo 15, lettera c), della direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di antiriciclaggio o finanziamento del terrorismo, nonché le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE, è invalido nella misura in cui ha modificato l'articolo 30, paragrafo 5, lettera c), primo comma, della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, sulla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione, nel senso che tale articolo 30, paragrafo 5, primo comma, lettera c), nella sua versione modificata, prevede che Gli Stati membri devono garantire che l'informazione sui titolari effettivi di società e altre persone giuridiche costituite nel loro territorio siano accessibili in ogni caso a qualsiasi membro del pubblico in generale".

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