Penale

Crediti di imposta per false fatture, costituiscono profitto del reato e sono soggetti a sequestro

Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 8 novembre 2022, n. 42012

di Paolo Comuzzi

Il caso in sintesi

La Corte di Cassazione viene chiamata ad esaminare una complessa vicenda (ed infatti la sentenza prende 20 pagine di motivazioni) che insorge a seguito del ricorso avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Foggia che aveva confermato un sequestro preventivo (parliamo di oltre 1 Mld di Euro) disposto dal GIP anche relativamente ad alcuni crediti che erano nella disponibilità delle società coinvolte nella asserita procedura delittuosa (ed il sequestro era relativo anche a crediti ceduti).

I ricorrenti contestano il provvedimento del Tribunale del riesame con riferimento a molteplici profili ed in particolare due sono di interesse e meritano qualche breve considerazione:
1) si contesta il provvedimento con riferimento all'articolo 8 del Decreto Legislativo 74 /2000 [questa norma prende in considerazione la emissione di fatture per operazioni inesistenti];
2) si contesta il provvedimento con riferimento anche all'articolo 9 e 12 bis dello stesso decreto legislativo [dove l'articolo 9 prevede il concorso di persone e il 12 bis prevede la confisca].

In merito al primo argomento la difesa indica che è tecnicamente complesso (anzi del tutto erroneo) parlare di fatture false in quanto, sul piano tecnico, saremmo in presenza documenti da qualificare come fatture di acconto (quindi parliamo di fatture che sono sempre emesse prima dell'inizio dei lavori).

In merito al secondo tema la difesa fa notare che è escluso il concorso tra emittente la fattura falsa e l'utilizzatore della stessa e quindi si dovrebbe anche escludere che il profitto del reato conseguito dal soggetto emittente il documento falso sia corrispondente al profitto conseguito dal soggetto utilizzatore del documento stesso (per questo il profitto sarebbe il credito).

Per il soggetto emittente, a tutto concedere, il profitto del reato sarebbe al massimo pari al compenso che l'emittente stesso avrebbe percepito per la emissione del documento (il documento falso).

Questa impostazione sarebbe avallata, sempre secondo la difesa, anche da precedenti della stessa Corte di Cassazione e quindi sarebbe del tutto illecito il sequestro dei crediti di imposta generati da queste false fatture per quanto concerne il soggetto emittente (ovvero si sostiene che tale sequestro sarebbe una misura posta in essere al di fuori del perimetro dell'articolo 12bis come menzionato in precedenza).

Commento

La Corte di Cassazione respinge entrambe le doglianze formulate dalla difesa argomentando come andiamo a descrivere in sintesi nel seguito del commento.

Per quanto concerne il primo dei punti indicati (fatture in acconto) la Cassazione indica con chiarezza che vi sono precisi elementi fattuali (ben descritti nella decisione) che portano alla conclusione per cui i documenti emessi non hanno certamente la natura di documenti "in acconto" ma di documenti "falsi" e la Corte indica che siamo in presenza di documenti emessi per "presunti lavori" che non appaiono trovare alcuna rispondenza nella realtà fattuale cui è necessario rimettersi.

Leggendo il provvedimento è lecito affermare che il collegamento societario tra le società coinvolte, la forza lavoro, gli immobili sui quali si sarebbe dovuto operare non giustificano, secondo la opinione della Corte di Cassazione, in alcuna forma e modo la emissione dei documenti che hanno generato i crediti e non consentono di formulare la considerazione che ci troviamo in presenza di acconti [ci sarebbe una sproporzione senza alcuna razionalità tra valore dei beni e lavori da eseguire che non può essere ignorata].

Possiamo certamente dire che, questa la nostra sensazione, nessun elemento singolarmente preso avrebbe consentito di formulare la conclusione "dura" che viene raggiunta nella decisione della Cassazione ma, al contrario, l'insieme degli elementi espressi, permette ai giudici di concludere per la ragionevolezza del provvedimento assunto dal tribunale del riesame (si pensi solo al fatto che erano anche assenti i titoli amministrativi per la esecuzione dei lavori e da conferme testimoniali emergevano anche anomalie nelle perizie).

La conclusione della Cassazione è che gli asseriti crediti di imposta sono "inesistenti nella realtà" ma "sono esistenti sulla carta ed idonei all'utilizzo fiscale" e questo utilizzo è certamente da considerarsi come un fatto illecito (considerata proprio la non esistenza del credito nella realtà).

Per quanto concerne il secondo aspetto diciamo che la tesi espressa dalla difesa si sostanzia nel dire che, in tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, anche in ragione di quanto la Cassazione ha affermato in precedenti decisioni, non dovrebbe trovare applicazione il sequestro preventivo (finalizzato alla confisca per equivalente) su beni del soggetto emittente facendo un riferimento al profitto conseguito dal soggetto utilizzatore del documento medesimo (la fattura falsa).

Sul piano normativo risulta certamente escluso il concorso tra emittente e utilizzatore (articolo 9 citato) ed il vincolo per il soggetto emittente potrebbe disporsi solo con riferimento al prezzo che costui dovrebbe aver percepito per emettere il documento falso (quindi la somma che l'emittente ha percepito per "redigere" e immettere nel sistema SDI il documento oggettivamente falso).

Il punto citato è tecnicamente corretto ma, almeno nel caso di specie appare evidente, dice la Cassazione richiamando la Relazione del procuratore generale, che le cessioni sono state reciproche cosa che lascia intendere (forse) non tanto una ipotesi di concorso in senso tecnico (110 cp) ma di reato che andrei a dire autonomo (ovvero A emette una fattura falsa verso B che a sua volta emette una fattura – anche questa falsa - verso A).
In buona sostanza, se bene abbiamo capito, le società coinvolte hanno proceduto alla creazione, e questo in capo ed entrambe, di crediti di imposta ed il credito di imposta che nasce dal documento falso è proprio il profitto del reato e quindi è lecito procedere al sequestro dello stesso.

Conclusione

La nostra opinione è che, nella sua lunghezza e complessità, la decisione della Cassazione formula certamente delle considerazioni interessanti (ovviamente sia in tema di sequestro e poi vedremo il merito) sia per quanto concerne gli elementi di fatto (quindi gli indici che portano a giudicare come falso un certo documento in particolare nei bonus) sia per quanto concerne la tesi in merito al sequestro dei crediti.

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