Civile

Medici di pronto soccorso, danno morale da provare in concreto

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 7117 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Il medico addetto unicamente al pronto soccorso che voglia richiedere alla Asl il risarcimento del danno morale subito per la dequalificazione professionale, la perdita di chance e la turnazione illegittima, dovrà produrre "la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto". Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 7117 depositata oggi, respingendo il ricorso di due medici in servizio presso l'Ospedale "Santa Maria della Misericordia" di Sorrento assegnati alla U.O.C. di Medicina Generale e addetti in via esclusiva al Servizio di Pronto Soccorso. La Corte territoriale aveva invece confermato la decisione resa dal Tribunale di Torre Annunziata relativamente alla domanda risarcitoria per il danno biologico patito per essere stati "utilizzati" in via esclusiva "a tale attività medica, trattandosi di un impegno disagevole e gravoso per la salute".

Il giudice di secondo grado aveva motivato il diniego affermando che nell'aderire al bando di concorso per Medicina d'Urgenza, i ricorrenti avevano "rinunciato a valorizzare gli specifici titoli specialistici posseduti" e "non avevano dedotto alcuno specifico fattore di depauperamento del patrimonio di esperienze e conoscenze specialistiche in precedenza maturate, presentandosi anzi l'assegnazione al Pronto Soccorso come un fattore di generale arricchimento professionale e di aumento e non di perdita di chance di carriera". Né, del resto, avevano prodotto alcuna allegazione "del bene della vita distinto dalla salute psicofisica rilevante ai fini della configurabilità del danno morale" oppure la prova "dei concreti riflessi pregiudizievoli riverberatisi in danno dei ricorrenti per effetto della loro destinazione in via esclusiva al lavoro in turni presso il Pronto Soccorso".

Proposto ricorso, i sanitari tra l'altro hanno lamentato la "non conformità a diritto della ritenuta inconfigurabilità in re ipsa del danno morale e del danno esistenziale".

Per la Sezione lavoro, tuttavia, il motivo è infondato "non essendo configurabile né il danno da dequalificazione professionale né quello da perdita di chance e non risultando risarcibile per difetto di allegazione e prova il danno morale ed esistenziale". In proposito la Cassazione, con riguardo al contenuto e alle condizioni di risarcibilità del danno non patrimoniale, dà continuità all'orientamento (S.U. n. 26972 del 2008) secondo cui, mentre per il danno biologico l'accertamento medico-legale è il mezzo di prova al quale comunemente si ricorre, per il pregiudizio non biologico relativo ai beni immateriali vale il principio per cui "il danneggiato dovrà, tuttavia, allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto".

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