Professione e Mercato

Sull’equo compenso maggioranza spaccata

Con la proposta Meloni i valori dei parametri sarebbero punto di riferimento per tutte le categorie

di Valeria Uva

Maggioranza ancora divisa sulla proposta di legge per l’equo compenso. Da una parte c’è chi preme per un approfondimento e una revisione del testo (A.S. 2419, prima firmataria Giorgia Meloni), soprattutto tra i parlamentari del Partito democratico, e dall’altra chi – nel centrodestra – vorrebbe portare a casa il risultato con una approvazione rapida senza modifiche, rinviando a un secondo momento approfondimenti e ritocchi.

Il Ddl, già approvato dalla Camera e ora all’esame della commissione Giustizia del Senato in sede redigente, estende a tutti i professionisti, compresi quelli non ordinistici, la tutela ora riservata agli avvocati nei rapporti con i clienti forti (banche e assicurazioni). Il punto di riferimento per stabilire se il compenso è equo (in un rapporto tra professionista e cliente regolato da convenzione) sono i parametri individuati con decreti ministeriali per ogni professione sulla scia di quanto già accade per gli avvocati. Tutti i patti contrari alle indicazioni dei parametri sono nulli d’ufficio.

Ma a destare preoccupazione è soprattutto la possibilità, riservata agli Ordini di vigilare e sanzionare l’iscritto che viola le norme sull’equo compenso. La stessa sanzione non è applicabile ai professionisti non vigilati da un Ordine e questo fa temere una sorta di “dumping” sui prezzi per chi può sfuggire alle sanzioni.

«Il partito democratico ha chiesto di poter illustrare gli emendamenti – precisa il relatore del Ddl, Emanuele Pellegrini (Lega) – capisco la necessità di migliorare la proposta, ma se la modifichiamo il rischio che poi la Camera non riesca ad approvarla entro la fine della legislatura è concreto». Pellegrini ritiene quindi «importante portare a casa un primo risultato di una copertura anche minima per le categorie, impegnando poi il Governo a intervenire con le modifiche».

Anche il mondo delle professioni è spaccato: da un lato c’è chi vorrebbe che la proposta Meloni venisse varata così come giunta da Montecitorio (i Consigli nazionali degli Ordini e l’Avvocatura, composta da Consiglio nazionale forense, Cassa forense, Organismo congressuale forense e Aiga, Associazione giovani avvocati), dall’altra chi punta a modificarlo (Confprofessioni, Cassa dottori commercialisti, Adepp e alcuni sindacati professionali, fra cui l’Ungdcec, Unione giovani dottori commercialisti).

E a remare contro un via libera in tempi brevi c’è anche il calendario: tra festività, elezioni amministrative e referendum, il Parlamento di fatto resterà bloccato fino alla seconda metà di giugno.

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