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La riforma della giustizia tributaria

di Maurizio Villani*


Le disposizioni normative di riferimento per la riforma dell'ordinamento della giurisdizione tributaria

La riforma strutturale della giustizia tributaria trova la sua legittimazione nelle fonti normative.

In particolare, per attuare una riforma strutturale delle Commissioni tributarie occorre unicamente seguire e osservare scrupolosamente i seguenti principi enucleati dalla normativa nazionale e convenzionale.

1. Art. 111, comma secondo, della Costituzione: "Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata". Sicuramente non può considerarsi terzo ed imparziale un giudice tributario nominato su proposta del Ministro delle finanze (art. 9, primo comma, D.Lgs. n. 545/92 citato).

2. Art. 106, comma primo, della Costituzione: "Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso".

3. Art. 108, comma secondo, della Costituzione: "La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia".

4. Art. 6, paragrafo primo, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) del 04/11/1950, ratificata dall'Italia con Legge n. 848 del 04/08/1955 (art. 117 della Costituzione): "Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge….". Questa fonte ha, in effetti, un grado gerarchico elevato, potendosi considerare norma interposta in un giudizio di costituzionalità.

La sua applicazione nell'ordinamento interno è, infatti, mediata dalla norma costituzionale dell'art. 117, primo comma, della Costituzione che subordina, appunto, l'esercizio della potestà legislativa dello Stato ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali assunti.

Si citano, inoltre, l'art. 10 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e l'art. 14 del Patto dei Diritti Civili e Politici non direttamente applicabili dal giudice comune;

5. Art. 39, comma primo, D.L. n. 98 del 06/07/2011 , convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 111 del 15/07/2011 (in G.U. n. 164 del 16/07/2011) "Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria" : "Al fine di assicurare una maggiore efficienza del sistema della giustizia tributaria, garantendo altresì imparzialità e terzietà del corpo giudicante, sono introdotte disposizioni volte a:a. rafforzare le cause di incompatibilità dei giudici tributari;b. incrementare la presenza nelle Commissioni tributarie regionali di giudici selezionati tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari, e contabili in servizio o a riposo ovvero tra gli avvocati dello Stato a riposo (Lettera così modificata, in sede di conversione, dalla Legge n. 111 del 15 luglio 2011);c. ridefinire la composizione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria in analogia con le previsioni vigenti per gli organi di autogoverno delle magistrature."

6. Art. 10 della Legge delega n. 23 dell'11/03/2014 :

- "Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all'articolo 1, norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, assicurando la terzietà dell'organo giudicante…" (primo comma);

- "rafforzamento della qualificazione professionale dei componenti delle commissioni tributarie, al fine di assicurarne l'adeguata preparazione specialistica" (primo comma, lett. b), n. 8).

Norma citata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 07 aprile 2014 e totalmente ignorata e disattesa dall'odierno legislatore.

Tanto chiarito, giova evidenziare che, purtroppo, sino a oggi, tale compendio normativo non ha ancora trovato applicazione. Pertanto, ormai imminente e improcrastinabile è la riforma strutturale della giustizia tributaria che può essere adeguatamente attuata dal Legislatore tenendo come punti fermi i principi della Carta Costituzionale e della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

Le pronunce giurisprudenziali di legittimità e costituzionali per la riforma dell'ordinamento della giurisdizione tributaria

Le Commissioni tributarie nacquero agli albori dello Stato unitario, con la prima legge sull'imposta di ricchezza mobile n. 1830 del 14/07/1864 e T.U. n. 4021 del 24/08/1877 (artt. 48, 50, terzo comma, e 53).

Già all'inizio del 1900 Santi Romano le annoverava tra le "giurisdizioni amministrative speciali".

Con l'avvento della Costituzione repubblicana (01 gennaio 1948), la VI disposizione transitoria impose la revisione degli organi speciali di giurisdizione esistenti (tranne il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti ed i Tribunali Militari).

Tale opera fu attuata con:

D.P.R. n. 636 del 26/10/1972 e successive modifiche ed integrazioni;

D.P.R. nn. 545 e 546 del 31/12/1992 e successive modifiche ed integrazioni.

Per un certo periodo storico la Corte Costituzionale negò il carattere giurisdizionale delle Commissioni tributarie (Corte Costituzionale sentenza n. 10/1969), in contrasto con il precedente orientamento ribadito, invece, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenze n. 2175/1969; n. 2201/1969; n. 1181/1970) ma, al tempo stesso, ne assicurò la sopravvivenza.

Infatti, la Corte Costituzionale, con due sentenze (n. 287/1974 e n. 215/1976), chiarendo il significato di "giudice speciale", fugò ogni sospetto e, sostanzialmente, sopì il dibattito che poté dirsi definitivamente concluso con l'ordinanza della Corte Costituzionale n. 351/1995 (in G.U. n. 33/I Serie Speciale del 09 agosto 1995), la quale ebbe espressamente a statuire che: "il problema della natura giuridica delle commissioni tributarie è stato definitivamente risolto da questa Corte nel senso del carattere giurisdizionale delle stesse".

Tanto premesso, nonostante ci siano voluti ben 131 anni (dal 1864 al 1995) per qualificare in modo definitivo le Commissioni Tributarie quali organi giurisdizionali e non amministrativi, ad ogni modo, negli anni sia la Corte Costituzionale sia la Corte di Cassazione a Sezioni Unite sono costantemente intervenute sollecitando il legislatore a riformare strutturalmente la giustizia tributaria.

Nel dettaglio, la Corte Costituzionale ha chiarito i seguenti principi:

1. sentenza n. 154 del 05 giugno 1984 : "Con tutto questo, rimangono le molte deficienze del contenzioso tributario, ampiamente segnalate in dottrina e dagli operatori del settore, per le quali il Parlamento è ora chiamato a porre rimedio ";

2. sentenza n. 212 del 09 luglio 1986 : "Ma ormai, risultando definitivamente consolidati l'opinione dottrinale e l'orientamento della giurisprudenza sulla natura giurisdizionale delle predette commissioni, non potrebbe ritenersi consentita un'ulteriore protrazione della disciplina attuale: per contro, è assolutamente indispensabile, al fine di evitare gravi conseguenze, che il legislatore intervenga onde adeguare il processo tributario all'art. 101 della Costituzione, correttamente interpretato";

3. ordinanza n. 144 del 20-23 aprile 1998 , sollecitata dalla CTP di Lecce con ordinanza del 24 febbraio 1997, su specifica eccezione sollevata dallo Scrivente: "L'obbligo di procedere alla revisione delle anzidette giurisdizioni speciali preesistenti ha consentito l'intervento del legislatore con leggi posteriori a Costituzione attraverso mutamenti graduali (v., per tutte, le disposizioni integrative e correttive emanate in base all'art. 17, secondo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, i cui termini sono stati ripetutamente prorogati) e con parziali adeguamenti, anche per colmare "le molte deficienze del contenzioso tributario" sottolineate dalla Corte con invito a "riordino legislativo dell'intera materia" (sentenze n. 154 del 1984 e n. 212 del 1986).
Che allo stesso modo l'intervenuta revisione non vincola il legislatore ordinario a mantenere immutati nell'ordinamento e nel funzionamento le commissioni tributarie come già revisionate
"; "per le preesistenti giurisdizioni speciali, una volta che siano state assoggettate a revisione, non si crea una sorta di immodificabilità nella configurazione e nel funzionamento, né si consumano le potestà del legislatore ordinario; che questi conserva il normale potere di sopprimere ovvero di trasformare, di riordinare i giudici speciali, conservati ai sensi della VI disposizione transitoria, o di ristrutturarli nuovamente anche nel funzionamento e nella procedura, con il duplice limite di non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite alla loro rispettiva competenza e di assicurare la conformità a Costituzione, fermo permanendo il principio che il divieto di giudici speciali non riguarda quelli preesistenti a Costituzione e mantenuti a seguito della loro revisione" (sull'obbligo di non snaturare la competenza tributaria dei giudici speciali, si rinvia anche alla sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 24/07/2009);

4. sentenza n. 44 del 10 febbraio 2016 : "La giurisprudenza costituzionale riconosce un'ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali (tra le ultime, sentenze n. 23 del 2015, n. 243 e n. 157 del 2014), anche in materia di competenza (ex plurimis, sentenze n. 159 del 2014 e n. 50 del 2010). Resta naturalmente fermo il limite della manifesta irragionevolezza della disciplina, che si ravvisa, con riferimento specifico al parametro evocato, ogniqualvolta emerga un'ingiustificabile compressione del diritto di agire (sentenza n. 335 del 2004). In generale, questa Corte ha chiarito, con riferimento all'art. 24 Cost., che «tale precetto costituzionale "non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti […] purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale" (sentenza n. 63 del 1977; analogamente, cfr. sentenza n. 427 del 1999 e ordinanza n. 99 del 2000)» (ordinanza n. 386 del 2004).

Alla luce di questi principi, deve ritenersi che nella disciplina in esame il Legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, abbia individuato un criterio attributivo della competenza che concretizza quella condizione di "sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 della Costituzione" suscettibile "di integrare la violazione del citato parametro costituzionale" (così, nuovamente, la sentenza n. 237 del 2007)» (ordinanza n. 417 del 2007).

Appunto per questo, è importante che le controversie tributarie siano devolute ad un giudice a tempo pieno, professionale, indipendente e imparziale;

5. ordinanza n. 227 del 21/09/2016 : "Interventi di questo tipo – manipolativi di sistema – sono in linea di principio estranei alla giustizia costituzionale, poiché eccedono i poteri di intervento della Corte, implicando scelte affidate alla discrezionalità del legislatore (ex plurimis, sentenze n. 248 del 2014 e n. 252 del 2012; ordinanze n. 269 del 2015, n. 156 del 2013, n. 182 del 2009, n. 35 del 2001 e n. 117 del 1989)".

Anche la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha richiamato i suesposti principi della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 13902 del 05 giugno 2007 , depositata in cancelleria il 14 giugno 2007.

a) Inoltre, sempre la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con l'importante sentenza n. 8053 del 07 aprile 2014 , ha precisato che: "Mentre resta nel limbo del "non giuridico" ogni discorso sulla (mancanza di adeguata) "professionalità" del giudice tributario, che non reclama come ineludibile corollario logico una specialità del controllo di legittimità, ma semmai pone l'accento sulla irrinunciabile professionalizzazione del giudice quale elemento determinante della tutela giurisdizionale dei diritti (e in ciò sembra rientrare, a pieno titolo, la previsione dell'art. 10, comma 1, lettera b), n. 8), della ricordata legge n. 23 del 2014, circa la doverosa ispirazione del legislatore delegato all'adozione di misure volte al "rafforzamento della qualificazione professione dei componenti delle commissioni tributarie, al fine di assicurarne l'adeguata preparazione specialistica" nel quadro di una prospettiva di crescita dello spessore della tutela giurisdizionale del contribuente con l'assicurata terzietà dell'organo giudicante".

b) Sentenze nn. 29 e 30 della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, depositate il 05 gennaio 2016: "La precedente sottolineatura – che la garanzia del "giudice naturale" deve essere riferita sia alla giurisdizione sia alla competenza in senso stretto – si giustifica con il pieno rilievo che le norme sulla giurisdizione vanno considerate nel nostro più ampio contesto costituzionale, nel quale l'«Ordinamento giurisdizionale» della «Magistratura» (Titolo IV, Sezione prima, Cost.) è connotato dalla attribuzione della giurisdizione sia a magistrati «ordinari», anche "specializzati" in ragione della materia oggetto di giudizio (art. 102, primo e secondo comma) – ai quali è riservata giurisdizione tendenzialmente "generale" per la tutela dei diritti soggettivi (cfr., ad esempio, gli artt. 1 del R. d. n. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario, 1 cod. proc. civ., 1 cod. proc. pen., 96 Cost.) -, sia a magistrati amministrativi (Consiglio di Stato ed «altri organi di giustizia amministrativa») «per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione» (artt. 103, primo comma, 125, secondo comma), sia alla Corte dei conti «nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge» (103, secondo comma), sia ai tribunali militari in tempo di guerra e in tempo di pace (art. 103, terzo comma), sia infine ad altri, "revisionandi" «organi speciali di giurisdizione» (esistenti alla data del 01 gennaio 1948: art. VI, primo comma, delle disposizioni transitorie e finali), a ciascuno dei quali è attribuita giurisdizione in ragione o della situazione giuridica soggettiva sostanziale fatta valere in giudizio (per i giudici amministrativi: interessi legittimi e, «in particolari materie indicate dalla legge», diritti soggettivi) e/o di determinate materie oggetto di giudizio, indicate direttamente dalla Costituzione e/o dalle leggi istitutive di detti «organi speciali di giurisdizione» (artt. 103, secondo e terzo comma, Cost., e VI disp. trans. e fin.).

Deve aggiungersi che, come per la giurisdizione ordinaria (cfr., in generale, artt. da 7 a 36, 39 e 40, nonché da 42 a 50 cod. proc. civ.), così anche per la giurisdizione amministrativa e per ciascuna altra giurisdizione "speciale" – non la Costituzione, che non detta disposizioni sulla "competenza in senso stretto", ma la legge ordinaria non soltanto distingue nettamente "giurisdizione" e "competenza" (come, del resto, fa l'art. 117, secondo comma, lettera I, Cost., che riserva allo Stato la legislazione esclusiva nelle materie «giurisdizione e norme processuali»), ma detta proprie e specifiche regole processuali, che stabiliscono sia criteri per la distribuzione delle controversie tra i vari organi appartenenti a ciascuna giurisdizione (competenza in senso stretto, appunto), sia forme e modi per il promovimento e per la risoluzione delle questioni e dei conflitti concernenti l'applicazione di detti criteri (cfr., ad esempio: per la giurisdizione amministrativa, gli artt. 4, da 7 a 12, da 13 a 16 cod. proc. amm., il quale ultimo articolo ha introdotto anche nella giustizia amministrativa l'istituto del regolamento di competenza, deciso dal Consiglio di Stato; per la giurisdizione della Corte dei conti, l'art. 1, comma 7, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, che attribuisce alle sezioni riunite della Corte, tra l'altro, la decisione sui «conflitti di competenza»; per la giurisdizione tributaria, gli artt. da 2 a 5 del D.Lgs.. 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni)".

Infatti, la Corte Costituzionale ha costantemente riconosciuto che spetta sempre al legislatore ordinario decidere discrezionalmente la sorte delle giurisdizioni speciali preesistenti (Corte Costituzionale sentenza n. 17/1965), come corollario della ritenuta legittimità della sopravvivenza delle stesse dopo il compimento del quinquennio fissato per la loro revisione (orientamento costante fin da Corte Costituzionale n. 41/1957).

In definitiva, pertanto, sia la Corte Costituzionale sia la Corte di Cassazione a Sezioni Unite hanno sempre sollecitato il legislatore ordinario a riformare strutturalmente la giustizia tributaria con legge ordinaria e non con legge costituzionale, come sopra esposto, precisato e documentato.5.3.

L'attuale situazione giuridica ed economica delle Commissioni Tributarie

Dopo aver effettuato le dovute premesse sui principi costituzionali che sono alla base della riforma strutturale della giustizia tributaria e dato contezza del fatto che sia la giurisprudenza di legittimità che costituzionale da sempre hanno segnalato l'imminente esigenza di riformare le Commissioni tributarie, di seguito si espone la situazione attuale, giuridica ed economica delle Commissioni Tributarie.

1) I giudici tributari sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro delle finanze (art. 9, comma primo, D. Lgs. N. 545/1992 citato); "In ogni altro caso alla nomina dei componenti di commissione tributaria si provvede con decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze" (art. 9, comma primo, secondo periodo, citato, aggiunto dall'art. 11, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 156 del 24/09/2015);

2) attualmente, i giudici tributari sono 3.019, di cui 94 anche in Cassazione, (meno 3,73% rispetto al 2016); i giudici togati sono 1.633 mentre i laici sono 1.386 (Il Sole 24 Ore di lunedì 26 febbraio 2018 e Italia Oggi di lunedì 26 febbraio 2018 e di lunedì 06 agosto 2018); un evidente sottodimensionamento rispetto alle 4.668 unità previste dal d.m. 11 aprile 2018;

3) l'organizzazione della macchina amministrativa è affidata al MEF che, per l'anno 2018, ha preventivato un costo complessivo di 211 milioni di euro, con un aumento che sfiora il 2,5% rispetto al preventivo 2017 quando le stesse voci pesavano per 206 milioni di euro (Il Sole 24 Ore di lunedì 26 febbraio 2018).

Oltretutto, non bisogna dimenticare che alcune Commissioni tributarie operano o hanno operato negli stessi locali dell'Agenzia delle entrate (come, per esempio, la CTP di Brindisi che svolgeva le udienze presso l'Agenzia delle Entrate di Ostuni); a tal proposito, non può non rilevarsi il potere del MEF: << di istituire nuove Commissioni, di adeguare il numero delle sezioni interne a ciascuna Commissione, di proporre al Presidente della Repubblica la nomina dei componenti delle commissioni, di disporre il relativo trattamento economico, di applicare le sanzioni disciplinari deliberate dal Consiglio di Presidenza (che è, come è facilmente intuibile, costituisce una sorta di Consiglio Superiore della Magistratura del processo tributario), laddove questo organo è stato poi costituito dallo stesso ministero e ivi ha sede. Al fatto della retribuzione dei giudici da parte del Ministero dell'Economia si aggiunge poi la circostanza che gli stessi Collegi sono assistiti da personale amministrativo inquadrato in tale Ministero>> (articolo dell'Avv. Antonino Russo, in Bollettino Tributario d'informazioni n. 2 del 30/01/2016, pagg. 93 – 97);

4) la gestione della piattaforma informatica relativa al processo tributario telematico (obbligatorio dal 1° luglio 2019) è gestita dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, in palese violazione dei principi di terzietà e imparzialità ove le regole del gioco sono gestite da una delle parti del processo.

Sul punto, si ritiene condivisibile l'articolo pubblicato su Italia Oggi del 24 giugno 2019, a firma del giornalista Marino Longoni, secondo cui "Per non parlare della questione squisitamente «politica» relativa al fatto che siccome tutto l'apparato informatico relativo al processo tributario telematico sarà gestito dal ministero dell'Economia, ci si trova di fatto dinanzi a un caso gestione delle regole del gioco ad opera di una delle parti del processo. C'è odore di scarsa imparzialità, in questo monopolio delle cancellerie. E non è peregrina l'ipotesi che qualcuno possa sollevare la questione dinanzi alla Corte di giustizia europea. Di positivo, però, c'è l'ampia disponibilità dello stesso ministero di condividere con i professionisti le regole del gioco e le loro modifiche. Come ha confermato Fiorenzo Sirianni, direttore della Giustizia tributaria al Mef, che proprio nel corso di un evento formativo con l'Uncat ha parlato di «incontri periodici con gli attori del processo tributario al fine di concordare insieme modifiche e integrazioni volte ad agevolare la costituzione in giudizio con modalità digitali». Insomma, i problemi non mancano, un po' di confusione neanche, la fiducia non è ai massimi, ma il processo tributario telematico parte. E se al governo qualcuno cominciasse a riflettere su una giustizia tributaria che garantisca terzietà e imparzialità dei giudici, beh, forse si potrebbe azzardare il termine rivoluzione" .

5) i giudici tributari non sono a tempo pieno perché possono svolgere una seconda o terza attività (artt. 4 e 5 D.Lgs. n. 545/1992 citato); infatti, i giudici tributari sono nominati per titoli e non per concorso pubblico;
"I giudici delle commissioni tributarie provinciali sono nominati tra:
a) i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, e gli avvocati e procuratori dello Stato, a riposo;
b) i dipendenti civili dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche in servizio o a riposo che hanno prestato servizio per almeno dieci anni, di cui almeno due in una qualifica alla quale si accede con la laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o altra equipollente;
c) gli ufficiali della Guardia di finanza cessati dalla posizione di servizio permanente effettivo prestato per almeno dieci anni;
d) coloro che sono iscritti negli albi dei ragionieri e dei periti commerciali ed hanno esercitato per almeno dieci anni le rispettive professioni;
e) coloro che, in possesso del titolo di studio ed in qualita` di ragionieri o periti commerciali, hanno svolto per almeno dieci anni, alle dipendenze di terzi, attivita` nelle materie tributarie ed amministrativo contabili;
f) coloro che sono iscritti nel ruolo o nel registro dei revisori ufficiali dei conti o dei revisori contabili ed hanno svolto almeno cinque anni di attività;
g) coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento in materie giuridiche, economiche o tecnico ragionieristiche ed esercitato per almeno cinque anni attività di insegnamento;
h) gli appartenenti alle categorie indicate nell'articolo 5 ;
i) coloro che hanno conseguito da almeno due anni il diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio;
l) gli iscritti negli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei periti edili, dei periti industriali, dei dottori agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari che hanno esercitato per almeno dieci anni le rispettive professioni
".

6) le cause tributarie possono essere lunghe anche 9 (nove) anni; infatti, durano poco meno di due anni e cinque mesi in primo grado, altri due anni e un mese in appello, e poi oltre 4 (quattro) anni davanti alla Corte di Cassazione, diventata suo malgrado sempre più un collo di bottiglia alla luce di un flusso di ricorsi senza eguali tra le supreme corti mondiali, con 11.000 (undicimila) gravami fiscali in arrivo ogni anno;

7) molte cause tributarie durano anni anche perché si creano problemi di giurisdizione, soprattutto per quanto riguarda la fase della riscossione.

Per esempio, in materia di atti esecutivi, la Corte di Cassazione è intervenuta con due sentenze (in Bollettino Tributario d'informazioni n. 19 del 15/10/2017, pagg. 1437 – 1448, con nota del dott. Domenico Carnimeo):
- n. 13913 del 05 giugno 2017;
- n. 13916 del 05 giugno 2017.

La riforma strutturale della giustizia tributaria, con giudici indipendenti e professionali, può prevedere anche la competenza in tema di risarcimento dei danni per tutelare meglio il contribuente che, oggi, purtroppo, deve rivolgersi a due giudici diversi (civile e tributario), con regole processuali diverse e con inevitabile perdita di tempo (tenuto conto della lungaggine della giustizia civile!); inoltre, si può disciplinare meglio il rapporto tra le varie giurisdizioni;

8) i giudici tributari, pagati in ritardo dal MEF, non percepiscono nulla per le sospensive, euro 15 (quindici) nette a sentenza depositata ed 1 euro a sentenza per rimborso spese (art. 13 D.Lgs. n. 545/92 e Decreto Ministeriale 05 febbraio 2016, in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 6086/2014), indipendentemente dal valore della causa, prima a regime ordinario di tassazione (art. 39, quinto comma, D.L. n. 98/2011, dichiarato incostituzionale in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza della Corte Costituzionale n. 142/2014), oggi, finalmente, soggetti a tassazione separata, anche se il MEF è contrario ai rimborsi per gli importi passati (per le cause in corso, rinvio alla favorevole sentenza della CTP di Lecce n. 1732/2016, depositata il 13/07/2016 e, invece, Risoluzione Ministeriale n. 151/E/2017 del 13/12/2017);

9) intuitivamente deleteria sotto il profilo della rappresentazione all'esterno la disposizione per cui "Il Ministro dell'economia e delle finanze presenta entro il 30 ottobre di ciascun anno una relazione al Parlamento sullo stato della giustizia tributaria nell'anno precedente anche sulla base degli elementi predisposti dal Consiglio di presidenza, con particolare riguardo alla durata dei processi e dell'efficacia degli istituti deflattivi del contenzioso" (art. 29, secondo comma, del D. Lgs. n. 545/1992, come modificato dal D. Lgs. n. 156/2015);

10) secondo le ultime statistiche rese disponibili dal MEF, nel solo terzo trimestre 2017 il Fisco ha vinto completamente nel 45,8% dei casi, vedendosi riconosciuta una pretesa di quasi 1,6 miliardi di euro, a fronte del 31% dei giudizi pienamente favorevoli ai contribuenti, per un controvalore di 877 milioni di euro (Italia Oggi di lunedì 26 febbraio 2018).

Per tutto l'anno 2017 il Fisco ha vinto più del contribuente in tutti i gradi di giudizio.

In Cassazione le vittorie del fisco rappresentano oltre il 65% dei procedimenti <<ed è un po' strano che illustri professionisti o dottrinari, quasi sempre molto preparati, che patrocinano di fronte alla Suprema Corte, possano malamente soccombere due volte su tre. Forse è anche perché l'Ufficio ed il contribuente non stanno sullo stesso piano, non combattono ad armi pari>> (articolo di Renzo Amanzio Regni, in Italia Oggi di lunedì 06 agosto 2018);

11) il valore delle cause pendenti in primo e secondo grado si aggira intorno ai 50 miliardi di euro; cifra che raddoppia sommando le cause pendenti in Cassazione (articolo di Salvatore Padula in Il Sole 24 ore di lunedì 26 febbraio 2018; Il Sole 24 Ore del 27 febbraio 2018 e del 16 giugno 2018); il 68% delle cause tributarie non supera i 20.000 euro (Italia Oggi di lunedì 06 agosto 2018);

12) cause che durano, in genere, pochi minuti e di regola senza istruttoria, perché poche volte viene nominato un consulente tecnico d'ufficio. Oggi come oggi, la legislazione rappresenta uno stimolo alla sommarietà del processo, un incitamento a risolvere tutto in una sola udienza pubblica, come se questo comportamento dovesse essere la regola. In sostanza, nell'attuale processo tributario, la discussione orale viene vista come un fastidioso optional. Prevedere una sola udienza pubblica è insufficiente rispetto alle complessità strutturali di molte controversie;

13) per quanto riguarda la Corte di Cassazione, si fa presente che di solito arrivano 11.000 (undicimila) gravami fiscali ogni anno, mentre le supreme corti di Francia e Germania ricevono ogni anno rispettivamente 28.000 (ventottomila) e 10.000(diecimila) ricorsi tra civile e penale, contro gli 83.000 (ottantatremila) italiani, mentre nel Regno Unito la Corte suprema affronta meno di 10 cause tributarie all'anno, contro le oltre 11.000 (undicimila) della Corte di Cassazione.

A tal proposito, si riporta l'interessante e condiviso intervento del Prof. Cesare Glendi, pubblicato in Quotidiano Ipsoa del 10 marzo 2018, secondo cui :<<Urge che il potere politico provveda ad approvare una riforma seria della giurisdizione tributaria di vertice, come si predica da tempo (cfr. Ipsoa Quotidiano del 16 luglio 2016, Verso la "Sezione tributaria" della Cassazione "a cottimo", nonché il successivo editoriale del 4 marzo 2017, La sezione tributaria-bis non basta: occorre una vera riforma al vertice della giurisdizione tributaria).Che senso ha restringere in una sezione "cenerentola" (perché tale è considerata la Sezione tributaria così come congegnata all'interno della Suprema Corte) un contenzioso che sta per superare il 50% dell'intero contenzioso assegnato a tutte le altre cinque sezioni?>>;

14) si segnala che la Corte di Giustizia UE, Sezione III, con la sentenza del 09 novembre 2017, causa C-298/16, ha stabilito quanto segue:<<Il principio generale di diritto dell'Unione del rispetto dei diritti della difesa deve essere interpretato nel senso che, nell'ambito di procedimenti amministrativi relativi alla verifica e alla determinazione della base imponibile iva, un soggetto privato deve avere la possibilità di ricevere, a sua richiesta, le informazioni e i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e presi in considerazione dall'Autorità pubblica per l'adozione della sua decisione, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione dell'accesso a dette informazioni e a detti documenti>> (in Corriere Tributario Ipsoa, n. 6 del 12 febbraio 2018);

15) infine, la giurisprudenza di legittimità ha mostrato resistenza ad ammettere che la c.d. "Legge Pinto" (n. 89/2001) per l'equa riparazione si applichi al processo tributario, salvo per i giudizi in materia di rimborso (Cassazione n. 16212 del 24 settembre 2012).

Una implicita apertura nei confronti dell'applicabilità della suddetta legge nel rito tributario proviene dal legislatore che, con il decreto legge n. 40/2010 (art. 3, comma 2-bis), ha stabilito che, ove il contribuente avesse inteso beneficiare della definizione delle liti ultradecennali pendenti in Cassazione, avrebbe dovuto rinunciare ad ogni richiesta di risarcimento ai sensi, appunto, della succitata Legge Pinto, cosa che sembra implicare l'applicazione della medesima legge alla materia tributaria.

Con la riforma della giustizia tributaria sarà sicuramente prevista l'applicazione della Legge Pinto senza alcuna limitazione.

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*A cura di Maurizio Villani, Avvocato Tributarista in Lecce, Partner 24 ORE Avvocati - Studio Legale Tributario Villani