Amministrativo

Lo straniero può avere la cittadinanza italiana solo se è affidabile e rispetta le regole

Ampio il potere discrezionale dell'amministrazione e diametralmente assai ristretto il potere di controllo del giudice

di Pietro Alessio Palumbo

La concessione della cittadinanza italiana è, e deve rappresentare, il "suggello" sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento. È la formalizzazione di una preesistente situazione di "cittadinanza sostanziale" che giustifica l'attribuzione di uno status giuridico: la concessione costituisce l'effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa. Con tale bussola interpretativa il Tar Lazio-Roma (sentenza 4280/2022) ha chiarito che compito dell'Amministrazione è valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l'inserimento in modo "duraturo" nella comunità, mediante un giudizio di ragionevole previsione che escluda che il richiedente possa poi "creare problemi" all'ordine e alla sicurezza nazionale, gravare sulla finanza pubblica, disattendere le regole di civile convivenza, ovvero persino violare i valori identitari dello Stato. E a fronte di tale ampio potere discrezionale dell'amministrazione e diametralmente assai ristretto il potere di controllo del giudice.

La discrezionalità dell'amministrazione
L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. L'ampia discrezionalità in questo procedimento si manifesta attraverso l'esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di "opportunità" in ordine al definitivo inserimento del richiedente all'interno della comunità nazionale. Apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei "diritti politici" di elettorato attivo e passivo - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistenti nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra, nonché in tempo di pace nell'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, consistenti nell'apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte. A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto amministrazione-cittadino, l'ammissione di un nuovo componente nell'elemento costitutivo dello Stato incide sul rapporto singolo-comunità, con implicazioni di ordine politico e amministrativo. Si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano una esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini.

Il provvedimento di concessione
Il provvedimento di concessione della cittadinanza si inserisce nel novero degli "atti di alta amministrazione", che sottendono una valutazione di opportunità politico-amministrativa caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento. L'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale. Pertanto l'amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l'assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprima integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.

Il sindacato giurisdizionale
Ma se il potere dell'Amministrazione ha natura discrezionale, il sindacato giurisdizionale sulla valutazione dell'effettiva e compiuta integrazione nella comunità nazionale deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale. Si esaurisce nello scrutinio del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell'inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione; con preclusione di una autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto, oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l'acquisizione dello status di cittadino. Il vaglio giurisdizionale non deve sconfinare nell'esame del merito della scelta adottata, riservata all'autonoma valutazione discrezionale dell'Amministrazione. Applicando alla vicenda all'esame le tracciate coordinate, per il Tar non può giungersi ad affermare che l'Amministrazione abbia valutato in maniera illogica la situazione del richiedente. Ciò se si tiene conto che la condotta contestata risultava lesiva di beni giuridici importanti per la tenuta del sistema ordinamentale e per il rispetto delle regole di civile convivenza con particolare riguardo ai rapporti con le Autorità. Il ricorrente aveva tenuto un comportamento indicativo di scarso rispetto delle regole che può essere valutato come di poca "affidabilità" nel rapportarsi con le Istituzioni dello Stato italiano.

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