Giustizia

Incontro Draghi Cartabia: si stringe su riforma Csm, nodo "porte girevoli"

Vertice per fare il punto su emendamenti alla riforma da presentare in Consiglio dei ministri e al Parlamento

Mario Draghi riapre il dossier del Csm, uno dei punti al centro dell'agenda indicata da Sergio Mattarella nel suo discorso di insediamento in Parlamento e anche uno dei più caldi, e urgenti, rimasti in sospeso proprio per la corsa al Colle. E chiama a Palazzo Chigi la ministra Marta Cartabia, con cui fa il punto sul pacchetto di emendamenti alla riforma che, al più presto, andrà presentato in Consiglio dei ministri e al Parlamento.

Ma per chiudere bisognerà superare le perplessità di una parte della maggioranza, a partire dai 5S, soprattutto sui meccanismi per evitare le "porte girevoli" tra toghe e politica. Dubbi, secondo Giuseppe Conte, condivisi dallo stesso premier.

La ministra Cartabia parla con Draghi e poi si siede con il sottosegretario Roberto Garofoli ad approfondire i dettagli tecnici del suo pacchetto di emendamenti, già preparato prima di Natale. Le nuove regole per il Csm sono uno dei tre pilastri del pacchetto di riforma della Giustizia legato al Pnrr, che si vorrebbe portare a termine prima del rinnovo dell'organo di autogoverno della magistratura, previsto al momento per luglio ma che già non si esclude possa slittare a settembre. La volontà, insomma, è quella di evitare che si torni al voto con lo stesso meccanismo che ha favorito lo strapotere delle correnti e le loro degenerazioni, all'origine degli scandali che hanno travolto, anche di recente, la credibilità della magistratura.

Il presidente della commissione Giustizia della Camera Mario Perantoni è pronto a ripartire dal 16 febbraio con il voto degli emendamenti. Per quella data dovranno essere stati già condivisi nel governo i correttivi alla proposta di legge Bonafede messi a punto da Cartabia. Un consiglio dei ministri è già previsto in settimana, per giovedì mattina, ma non è detto che si riesca a portare la discussione sulla giustizia ("improbabile ma non escluso") perché la materia scotta e finora è stata frenata dalle distanze tra i partiti non solo sugli stop da imporre ai magistrati che scendono in politica ma anche sulla legge elettorale per il Csm.

Sull'obiettivo di superare la deriva delle correnti, sulla carta, sono tutti d'accordo: sul come fare, però, gli stessi magistrati sono divisi e attraversati da lacerazioni interne che hanno impedito alle toghe di presentare una proposta alternativa a quella della ministra della Giustizia: un sistema elettorale maggioritario binominale a preferenza unica, con un correttivo che premia i "migliori terzi", per assicurare la presenza delle minoranze.

Una parte della maggioranza è contraria, a partire da Forza Italia che preme invece per il "sorteggio temperato" e che non ha modificato la sua posizione nemmeno quando la ministra ha proposto l'aumento del numero dei consiglieri (i laici passerebbero da 8 a 10, i togati da 16 a 20) come ulteriore strumento per tutelare le minoranze.

Il sistema maggioritario non piace nemmeno alla maggioranza delle toghe, che con un referendum di scarsa partecipazione si è espressa a favore del proporzionale e contro il sorteggio (2.470 i no a fronte di 1.787 sì).

Posizioni distanti tra i partiti anche sullo stop definitivo alle porte girevoli tra toghe e politica. Se i 5S insistono perché venga mantenuta la scelta già contenuta nella riforma Bonafede, con l'impossibilità di tornare in magistratura alla fine di un mandato politico, perplessità e resistenze ci sono in altre forze della maggioranza, a cominciare dal Pd. Su tutto pesa poi l'incognita dei referendum sulla giustizia voluti dalla Lega e dai Radicali e sulla cui ammissibilità si pronuncerà il 15 la Corte costituzionale.

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