Amministrativo

Accesso civico: se l'ente resta "inerte" va attivato il rito processuale sul silenzio

Si tratta di un accesso non strumentale alla tutela di un interesse personale del soggetto richiedente, ma è costituito da un interesse di cittadinanza attiva

di Pietro Alessio Palumbo

Se è vero che il rapporto tra la disciplina del tradizionale accesso documentale e quella del più giovane accesso civico generalizzato deve essere letto secondo un canone di integrazione dei diversi regimi, è altrettanto indubitabile che l'accesso civico non può costituire una sorta di "lasciapassare" attributo al soggetto che in base alla disciplina dell'accesso documentale non sia titolare di una posizione giuridica tutelabile in relazione alla domanda di ostensione. A ben vedere l'accesso civico generalizzato soddisfa un'esigenza differente, di cittadinanza attiva, incentrata sui doveri inderogabili di solidarietà democratica, di controllo sul funzionamento dei pubblici poteri e di fedeltà alla Repubblica; e non su libertà singolari. Per cui tale accesso non può mai essere ‘egoistico'.
Su queste coordinate interpretative, con la recente sentenza n.207 del 5 gennaio il Tar Roma ha chiarito che le caratteristiche differenziali tra i due tipi di diritto d'accesso si riflettono anche sul piano processuale.

La differenze processuali
L'illegittimità del silenzio in materia di accesso civico deve essere fatta valere necessariamente con ricorso avverso il silenzio. Ciò in quanto nel caso di accesso documentale il giudice è chiamato a garantire la realizzazione di una specifica posizione soggettiva giuridicamente tutelata - in funzione e nei limiti dell'interesse diretto, concreto ed attuale dell'istante alla conoscenza di determinati documenti, ed ancora entro i limiti previsti dalla normativa sull'accesso documentale. Viceversa nelle ipotesi di accesso civico generalizzato, la posizione legittimante l'accesso, non è strumentale alla tutela di un interesse personale del soggetto richiedente, ma è costituita da un generico e indistinto interesse di ogni singolo cittadino al controllo del buon andamento dell'attività amministrativa. Mentre le informazioni richiedibili sono tutte quelle ulteriori rispetto a quelle oggetto di obblighi di pubblicazione, i limiti sono costituiti da interessi pubblici e privati che devono essere tutelati innanzitutto dall'amministrazione interessata nell'esercizio di una attività valutativa che può presentare anche ampi margini di discrezionalità. Si spiega pertanto la scelta del legislatore di non voler estendere il campo applicativo del rito processuale in materia di accesso ai documenti amministrativi in caso di inerzia su una istanza di accesso civico.

Il caso esaminato
Nella vicenda la richiesta di accesso civico era precipuamente e dichiaratamente finalizzata dal ricorrente alla realizzazione di un interesse meramente personale. Il ricorrente aveva infatti fondato la domanda di accesso solo sulla circostanza di aver contratto il virus del Covid-19 a causa del servizio prestato presso l'ente coinvolto; sicché l'istanza di accesso civico, per come era formulata, si appalesava quale mero "surrogato" dell'accesso documentale; sottendendo, quindi, una finalità esclusivamente egoistica che è incompatibile con le finalità di trasparenza e di interesse generale proprie dell'accesso civico. L'istanza di accesso oggetto di causa era peraltro diretta impropriamente anche ad obbligare l'amministrazione ad una preventiva attività di ricerca e di elaborazione di dati. E ciò evidentemente non lasciava minimamente trasparire, neppure implicitamente, finalità riconducibili alle esigenze di controllo diffuso dei cittadini in merito al corretto esercizio delle funzioni istituzionali e ad esigenze di trasparenza dell'azione amministrativa.
Muovendo dalle evidenziate coordinate ermeneutiche, secondo il Tar romano nel caso sottoposto al suo esame, sul piano processuale è pertanto corretta la proposizione di una domanda volta a contestare l'inerzia del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ai sensi della disciplina processuale sul silenzio; mentre si appalesa inammissibile la domanda diretta all'accertamento del diritto del ricorrente ad accedere integralmente a quanto richiesto ai sensi della disciplina sull'accesso civico; non potendo il Giudice pronunciarsi sui poteri amministrativi di natura discrezionale non ancora esercitati dall'ente; ed in riferimento, in particolare, alla valutazione circa l'eventuale esistenza dei limiti di ostensione indicati dalla normativa sull'accesso cd. generalizzato. Inoltre la mancata adozione del provvedimento finale in tanto assume il valore di silenzio rifiuto o di silenzio inadempimento, in quanto sussista un obbligo giuridico di provvedere; cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell'organo amministrativo destinatario della richiesta. La disciplina sull'accesso civico si limita, infatti, a prevedere l'attivazione della domanda in materia di accesso documentale solo avverso il diniego espresso dell'Amministrazione; ovvero, nel caso di riesame, del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza; non prevedendo l'attivabilità del suddetto strumento processuale nel caso di inerzia sulla istanza di ostensione documentale.

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