Comunitario e Internazionale

Roma e Bruxelles divise da 72 infrazioni

di Chiara Bussi

Solo ad aprile si saprà se la Commissione Ue intende aprire una procedura di infrazione contro l’Italia per debito eccessivo. Conti pubblici a parte, però, il nostro Paese è già un sorvegliato speciale su 72 dossier, dall’ambiente agli aiuti di Stato, passando per gli appalti e la tutela dei consumatori. Tante sono, infatti, le procedure di infrazione a suo carico secondo l’ultima fotografia mensile scattata da Bruxelles a metà febbraio. Tra i big fa meglio solo la Gran Bretagna, con 63 dossier aperti, mentre la Francia deve mettersi in regola in 90 casi e la Germania conta al suo attivo 96 procedure.

Restringendo il focus sull’Italia, in 52 casi il reato contestato è «violazione del diritto dell’Unione», mentre per 20 direttive il tempo di recepimento è scaduto, ma non se ne scorge ancora traccia nell’ordinamento italiano. Le procedure più numerose sono quelle nelle prime fasi del contenzioso: sul tavolo del Governo ci sono oggi 30 lettere di «messa in mora» (oltre a 10 con la richiesta di informazioni aggiuntive), mentre per 16 dossier si è già arrivati al «parere motivato» (oltre a 3 con richiesta di ulteriori informazioni). Cinque di questi sono stati appena notificati e riguardano, per esempio, i ritardi di pagamento della Pubblica amministrazione, l’applicazione della direttiva del 2008 sulla qualità dell’aria e l’obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto o la protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Se Bruxelles non sarà soddisfatta delle risposte che giungeranno da Roma potrebbe deferire l’Italia alla Corte di giustizia Ue del Lussemburgo.

Un caso su cinque riguarda violazioni delle regole europee per la tutela dell’ambiente, come il mancato recepimento della direttiva sulla riduzione dell’utilizzo delle borse di plastica. Ma i cartellini (gialli o rossi) esibiti dall’arbitro di Bruxelles si riferiscono anche al settore finanziario, alla fiscalità, alla salute, all’energia e alla libera circolazione di merci, persone e servizi. A finire sotto la lente sono stati così il mancato recepimento delle norme Ue sull’accesso e l’esercizio delle attività di assicurazione e riassicurazione o la disciplina del rimborso dell’Iva o il recepimento non corretto delle regole europee sul turismo all inclusive.

In quattro casi il nostro Paese è stato giudicato non solo colpevole, ma anche recidivo e ha già dovuto pagare multe complessive per 329 milioni di euro. Roma ha già fatto recapitare sul conto del bilancio Ue 141 milioni per le discariche abusive e 86 milioni per la gestione dei rifiuti in Campania. Ma anche 60 milioni per gli sgravi fiscali concessi dal 1995 al 2001 per i contratti di formazione e lavoro e 42 milioni per il mancato recupero di aiuti di Stato ad alcune imprese di Venezia e Chioggia. Ogni sei mesi la Commissione Ue presenta il conto, ma la sanzione diminuisce man mano che lo Stato si adegua.

Al di là del fermo immagine, negli ultimi anni il numero di procedure a carico del nostro Paese ha imboccato la strada della discesa: dai 139 casi nel febbraio 2011 si è registrata una progressiva diminuzione fino a oggi. «L’Italia ha impiegato notevoli energie per ridurre le procedure di infrazione e a partire dal 2014 il governo Renzi, in particolare il sottosegretario Sandro Gozi, hanno intensificato gli sforzi», spiega Massimo Condinanzi, ordinario di diritto della Ue all’Università Statale di Milano, che dall’agosto 2016 dirige la Struttura di missione per le procedure di infrazione, punto di dialogo tra Roma e Bruxelles. Non solo: «Il nostro Paese - aggiunge Condinanzi - è tra i maggiori fruitori del sistema Pilot per la gestione dei casi di non conformità con il diritto Ue prima dell’attivazione della procedura di infrazione: nel 2016 sono stati aperti con questo sistema 54 nuovi dossier riguardanti l’Italia, ma ne sono stati archiviati 60. In questi ultimi il nostro Paese si è messo in regola e ha evitato l’avvio di una procedura».

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