Responsabilità

Danni da lesioni gravi, nuova tabella unica nazionale all’impasse

Non è stato rispettato il termine del 1° maggio per i valori, attesi da 15 anni<br/>

di Maurizio Hazan e Giampaolo Travaglino

Sembrava la volta buona. Il decreto legge 228/2021, riformando l’articolo 138 del Codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 209/2005), aveva fissato al 1° maggio 2022 la scadenza entro la quale, con due separati decreti, avrebbe dovuto vedere la luce (dopo oltre 15 anni di attesa) la tabella unica nazionale che stabilisce i criteri di risarcimento dei danni alla persona di non lieve entità (superiori al 9%).

La separazione dei decreti – l’uno per l’indicazione dei baremes medico legali e l’altro per i valori pecuniari dei punti di invalidità – sembrava sottendere la volontà di pubblicare velocemente almeno il secondo, utilizzando la tabella monetaria che il ministero dello Sviluppo economico, in collaborazione con Ivass, ha già elaborato da ormai più di un anno, raccogliendo sostanziali consensi tra gli stakeholder.

Ma il termine del 1° maggio non è stato rispettato. Risulta che oggi, nell’ambito delle consultazioni istituzionali di rito, sono state sollevate alcune obiezioni sul testo. Tra queste il fatto che, nello schema di tabella proposto dal Mise, mancherebbe la precisa indicazione del valore monetario del “danno biologico temporaneo” da lesione di grave entità.

Ma l’omissione non dovrebbe bloccare il decreto; i criteri di delega previsti dall’articolo 138 non chiedono, almeno in termini espressi, di integrare la tabella con l’indicazione del valore giornaliero della temporanea. Non a caso, del resto, tale valore si trova espressamente quantificato (in poco meno di 50 euro) nel primo comma, lettera b), dell’articolo 139 del Codice delle assicurazioni e cioè nella norma che disciplina il risarcimento da lesioni lievi. Il che pare giustificare la tesi di chi sostiene che sia a quel valore che il giudice debba riferirsi sempre, senza distinguere se la temporanea sia relativa a un danno inferiore o superiore al 9% (ferma restando la regola proporzionale, contenuta sia nell’articolo 138 che nel 139, che impone di diminuire quel montante giornaliero nel caso in cui l’invalidità non sia assoluta ma parziale).

A tal proposito sembra corretto sostenere che l’inabilità debba essere effettivamente valorizzata in modo uniforme e indipendente dal fatto che poi sfoci in una lesione lieve ovvero in un danno macro-permanente; d’altra parte se il danno biologico, come afferma la Cassazione, consiste nell’alterazione dinamico-relazionale del soggetto leso, la temporanea biologica dovrebbe esser sempre la stessa, rappresentando il risarcimento per il danno non patrimoniale dovuto per un giorno di inattività, e non dovrebbe variare in funzione della maggiore o minor sofferenza patita (eventualmente risarcibile sotto forma di danno morale).

Anche la tabella di Milano, punto di riferimento nazionale in attesa dell’attuazione della tabella di legge, non adopera alcuna distinzione nella valutazione della temporanea assoluta, che rimane sempre la stessa lungo tutta la scala crescente delle menomazioni (da 1 a 100%). Certo, i valori milanesi sono di gran lunga superiori a quelli di legge, prevedendo per ogni giorno di inabilità assoluta un importo di 99 euro, con margine di personalizzazione sino al 50% «in presenza di particolari peculiarità».

Quindi, quando si passerà alla tabella di legge, l’eventuale applicazione della minor somma prevista dall’articolo 139 porterebbe, rispetto alla prassi di questi ultimi anni, a un sostanziale dimezzamento dei risarcimenti dei danni temporanei da lesioni gravi.

È possibile che sia per questo che si vorrebbe che la tabella presentata dal Mise venisse integrata con un diverso (e maggiore) valore della diaria giornaliera. Si tratta però di una richiesta che, seppur comprensibile, non pare accoglibile: l’indicazione di nuovi valori per la diaria relativa a lesioni superiori al 9% sarebbe difficilmente giustificabile, tanto più se si scegliesse un valore unitario lungo l’intero range che va dal 9 al 100 per cento.

Per evitare l’impasse, sarebbe necessario rivedere l’impianto degli articoli 138 e 139 e allineare le previsioni della temporanea alla prassi milanese. Ma per farlo serve una nuova riforma.

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