Penale

Giudici popolari 65enni, la Cassazione salva i processi

Per la Suprema corte non sussiste il vizio di capacità del giudice popolare. Il verdetto pesa sulla sorte di molti processi, strage di Bologna compresa

di Patrizia Maciocchi, Giovanni Negri

Il compimento dei 65 anni da parte del giudice popolare, mentre fa parte del collegio giudicante, non è motivo di nullità della sentenza.

Il requisito anagrafico, previsto dalla legge 87/1951, è infatti richiesto al momento dell’iscrizione nell’albo dei giudici popolari, dell’inserimento della lista e della nomina per la sessione. Il giudice popolare così nominato resta legittimamente in carica per l’intera sessione. È la decisione dei giudici della prima sezione penale della Cassazione, che hanno accolto il ricorso della Procura generale di Palermo, annullando con rinvio il verdetto, con il quale la Corte d’Assise d’Appello di Palermo aveva passato un colpo di spugna su un procedimento per omicidio, premeditato e aggravato dal metodo e dalla finalità mafiosa. E questo perché uno dei giudici popolari aveva compiuto 65 anni durante il dibattimento, partecipando alla deliberazione.

La Suprema corte ha, evidentemente, aderito alla tesi del Pm - anche se sarà necessario aspettare le motivazioni - basata su un’interpretazione letterale della legge del 1951 che disciplina il riordinamento dei giudizi di assise. La norma sancisce all’articolo 3, che i magistrati e i giudici popolari costituiscono un unico collegio giudicante, e prevede espressamente l’obbligo della loro sostituzione solo in caso di assenza, impedimento o per i casi di astensione o ricusazione. Mentre, non c’è cenno di un obbligo di sostituire i giudici popolari che nel corso del dibattimento abbiano superano il tetto del 65° anno di età. Del resto un’indicazione sulla volontà del legislatore viene dai lavori parlamentari del 1950. In particolare dall’intervento del deputato Riccio che aveva dichiarato «vorrei chiarire che il requisito della età è richiesto per l’assunzione dell’ufficio di giudice popolare, e non per l’iscrizione nelle liste. È evidente che il requisito dell’età si riferisce al momento in cui deve essere costituito il collegio; e quindi, se in quel momento una persona ha superato il 65° anno di età, egli non potrà far parte del collegio».

E ieri la Cassazione ha stabilito che «non sussiste il vizio di capacità del giudice» ritenuto dalla sentenza d’appello annullata.

Un chiarimento quanto mai opportuno, visto che la spada di Damocle di un annullamento, pesava su molti processi. Ad iniziare da quello relativo alla strage di Bologna. La Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha infatti fissato l’udienza al 18 maggio, proprio in attesa della decisione della Cassazione, perché i difensori dell’ex Nar Gilberto Cavallini, condannato all’ergastolo per concorso nella Strage di Bologna si erano appellati al cavillo esaminato. I legali avevano, infatti, chiesto di considerare nulla la sentenza di primo grado, visto che due giudici popolari e due supplenti, avevano compiuto gli anni durante il dibattimento e la deliberazione finale, superando il limite dei 65 anni di età. A loro avviso, quindi, al di fuori dai requisiti di legge. Della questione si era occupato anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante un question time in Parlamento, lo scorso febbraio. Il Guardasigilli si era detto consapevole della serietà del problema, e aveva indicato la via di una modifica della legge, considerando la giurisprudenza della Cassazione consolidata nel dare - al contrario di quanto avvenuto ieri -un peso all’età dei giudici popolari per tutta dal durata dell’incarico. Soddisfatta della decisione presa ieri dalla Suprema corte, Lisa Baravelli, uno degli avvocati dell’Associazione tra le famiglie delle vittime della strage di Bologna, presieduta da Paolo Bolognesi. «La Suprema corte ha superato il nodo dei 65 anni - ha detto il legale - ora è chiaro che il requisito dell’età deve sussistere al momento della formazione del collegio. In ogni caso aspettiamo le motivazioni.»

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