Civile

Diritto all’oblio, vecchie notizie da cancellare dal web solo su richiesta

La Cassazione (sentenza 6806) respinge la pretesa del ricorrente di essere risarcito dall’Agenzia di stampa Adnkronos, per aver violato il suo diritto all’oblio, lasciando sul sito la notizia del suo arresto per reati di droga

di Patrizia Maciocchi

Il gestore di un sito web non è tenuto a provvedere, a seconda dei casi, alla cancellazione, alla deindicizzazione o all’aggiornamento di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, anche se relativo a fatti risalenti nel tempo, se non c’è un’esplicita richiesta. Solo su domanda dell’interessato scatta per il gestore l’obbligo di provvedere «senza indugio». La Cassazione (sentenza 6806) respinge la pretesa del ricorrente di essere risarcito dall’Agenzia di stampa Adnkronos, per aver violato il suo diritto all’oblio, lasciando sul sito la notizia del suo arresto per reati di droga. Informazione che la fidanzata aveva trovato consultando il motore di ricerca Google. Il risultato era stato che lei lo aveva lasciato e i suoi amici della città, dove ormai viveva da 18 anni, si erano allontanati.

Ad avviso del ricorrente, l’agenzia non aveva cancellato tempestivamente la notizia che lo riguardava, pur essendo maturato il periodo previsto per il diritto all’oblio, perché non c’era più alcun interesse per i fruitori del sito a conoscere la storia, ma lo aveva fatto solo dopo la sua richiesta.

La Suprema corte ripercorre le norme e la giurisprudenza sul tema e si chiede se esiste un dovere generale di cancellare vecchie notizie. La risposta è no. Un verdetto che non soddisfa il ricorrente che considera l’obbligo dell’istanza troppo oneroso. Per la Cassazione non è così.

La richiesta non comporta né formalità, né tecnicismi «e non abbisogna né del ricorso a una difesa tecnica, né a consulenti di sorta e di conseguenza non genera alcun costo aggiuntivo». Al contrario, sarebbe l’imposizione di uno scandagliamento periodico di informazioni a suo tempo legittimamente pubblicate a imporre ai gestori un onere insostenibile e gravido di conseguenze per la libertà dell'informazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©