Professione e Mercato

L’amministratore giudiziario contro le infiltrazioni mafiose

di Patrizia Maciocchi

Dalla tutela dei posti di lavoro nelle aziende sequestrate alla prevenzione antimafia. Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha messo a punto una bussola per orientarsi tra le novità del nuovo codice antimafia, toccando i punti nodali di una riforma che punta a velocizzare le misure di prevenzione patrimoniale, ridisegna l’Agenzia per i beni sequestrati e include corrotti, stalker e terroristi tra i suoi destinatari, ma sulla quale anche il capo dello Stato ha trovato dei punti critici, invitando ad un attento monitoraggio in fase di applicazione.

Il focus dei commercialisti, introdotto dai consiglieri nazionali Valeria Giancola e Giuseppe Tedesco, illustra la legge 161/2017 senza dimenticare che questa, su alcuni aspetti, è stata anticipata dalla giurisprudenza.

I giudici hanno “bruciato” sui tempi il legislatore per quanto riguarda l’”antimafia 4.0” sull’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario. Strumenti diversi, rispetto alla confisca e al sequestro, per le aziende che pur presentando forme di infiltrazione mafiosa, sono rimaste sostanzialmente integre e intenzionate a rimuovere i presupposti del “germe”.

Nel caso di società l’amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale, ha la facoltà di esercitare i poteri che spettano agli organi amministrativi e sociali tenendo in debito conto l’esigenza di proseguire l’attività di impresa. Sul punto il Tribunale di Milano era arrivato prima della riforma (Sentenza 24 giugno 2016) e senza disporre la sospensione dell’organo gestorio dell’ente, si era limitato a nominare un amministratore giudiziario per attuare, in coordinamento con il management, una serie di “mosse” per neutralizzare l’infiltrazione e scongiurare “ricadute”. I commercialisti evidenziano una criticità dell’articolo 34 che contiene la delega al governo per la tutela del lavoro nelle imprese sequestrate e confiscate. Il neo sta nella previsione di subordinare all’approvazione del programma di gestione la regolarizzazione dei rapporti di lavoro e il loro adeguamento alle norme fiscali, contributive e di previdenza. Un paletto che, a parere dei commercialisti, può essere inutile oltre che dannoso per l’impresa sequestrata, circostanza che impone di agire con una tempestività che mal si concilia con la necessità di attendere almeno 3 mesi. Tra le luci della riforma c’è l’articolo 35-bis, che consente di escludere, salvo i casi di dolo o colpa grave, la responsabilità di amministratori giudiziari e coadiutori. Fonte di problemi applicativi, potrebbe essere l’assenza di un regime transitorio. La soluzione sta nel principio del “tempo regge l’atto”, seguendo il criterio dell’applicabilità delle nuove regole ai procedimenti in corso all’entrata in vigore, «con il limite dell’esaurimento degli effetti dell'atto». Tra le pieghe del codice si annidano nuove occasioni di lavoro per il commercialista, tra le più interessanti: il controllo giudiziario e il piano di attestazione

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