Penale

Fondazioni politiche rilevanti ai fini del reato di finanziamento illecito

A prescindere dalle censure riferite al carattere esplorativo e sproporzionato del sequestro probatorio annullato, nell’ennesimo “botta e risposta” col Tribunale del Riesame di Firenze nel cosiddetto “caso Open”

di Daniele Piva

A prescindere dalle censure riferite al carattere esplorativo e sproporzionato del sequestro probatorio annullato, nell’ennesimo “botta e risposta” col Tribunale del Riesame di Firenze nel cosiddetto “caso Open”, facendo seguito ai due precedenti (Sezione Seconda, 15 settembre 2020, n. 28796 e 29409 del 26 maggio 2021), l’ultima sentenza della sezione VI della Corte di Cassazione del 18 febbraio 2022 n. 11835, si focalizza, in particolare, sulla rilevanza delle fondazioni politiche ai fini dell’integrazione del reato di finanziamento illecito ai partiti di cui all’articolo 7, legge 195/1974 (si veda il Sole 24 Ore del 2 aprile).

In via preliminare, preso atto del loro riconoscimento nel diritto dell’Unione da parte del Regolamento (UE, Euratonn) 1141/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, se ne ricostruisce la disciplina (articolo 5, comma 4 Dl 149/2013) come risultante dalle diverse modifiche nel tempo intervenute (sino a quella dell’articolo 1, comma 20, legge 3/2019 cosiddetta “Spazzacorrotti”) per ribadire che, quali estrinsecazione della libertà di associazione di cui all’articolo 18 della Costituzione e strumento stesso di attuazione del principio della sussidiarietà orizzontale (articolo 118, comma 4 della Costituzione, tali fondazioni possono svolgere non solo attività di formazione del ceto politico, ricerca o elaborazione progettuale di policy (i cosiddetti t/link tank), stimolo del dibattito pubblico, influenza sull’azione di governo, promozione delle culture politiche ma anche iniziative di found raising a favore di partiti (iscritti o meno nel registro nazionale) o esponenti politici, a condizione che rispettino obblighi di trasparenza e pubblicità (anche mediante pubblicazione su apposito sito web) riguardanti statuti, bilanci e finanziamenti ricevuti in misura superiori a 500 euro ove sussistano, alternativamente, due condizioni:

a) la composizione degli organi direttivi o di gestione sia determinata in tutto o in parte da un partito, gli organi direttivi o di gestione siano composti per almeno un terzo da membri di organi di partiti o da soggetti con cariche elettive o di governo nel presente o nel recente passato;

b) risultino erogati contributi pari o superiore a 5mila euro, anche sotto forma di finanziamento di iniziative o servizi, in favore di partiti, o loro articolazioni, organi o membri titolari di cariche elettive o di governo.

Nel merito, la sentenza afferma che, a dispetto della loro apparente cornice statutaria, tali fondazioni possono ricondursi ad «articolazioni politico-organizzative» dei partiti - da intendersi come direttamente contemplate dagli statuti e inerenti all’assetto che il partito formalmente si è dato (Cassazione, sezione II, 15 settembre 2020, n. 28796) – soltanto ove costituiscano concretamente un tramite, anche per interposta persona, per erogazioni destinate al partito, ponendosi come uno strumento inserito nell’azione del partito o dei suoi esponenti, senza possibilità di ravvisare in esse una diversa ragione di operatività effettiva.

Secondo la Cassazione, occorre, cioè, una vera e propria “simbiosi operativa” che, al di là della coincidenza delle finalità politiche o della esile distinzione concettuale tra scopi politici e partitici, implica una rigorosa verifica dell’azione della fondazione, del tipo di rapporto con il partito o con suoi esponenti anche alla luce di una analisi dell’attività svolta e delle entrate e uscite ad essa connesse.

Dovendosi accertare prima se l’attività della fondazione abbia esorbitato o meno dal suo ambito fisiologico (che, comunque, include l’erogazione di finanziamenti e di servizi a titolo gratuito nei confronti di un partito o di un parlamentare) e, soltanto dopo, se l’eventuale presenza di una attività distonica rispetto al modello legale consenta di considerare la stessa quale «articolazione politico-organizzativa» di partito. Un compito al quale, sia pur ai fini della contestazione del mero fumus commissi delicti, sarebbe più volte venuto meno il Tribunale del riesame nel caso di specie, a dispetto di quanto ampiamente documentato dalla difesa.

Al fondo, l’ennesima delega imposta al giudice che, per quanto meritoriamente accompagnata dall’indicazione di specifici criteri di accertamento, rimane comunque esposta, data l’indeterminatezza della formulazione normativa, a margini di discrezionalità in contrasto col principio di legalità, specie in un settore facilmente esposto al rischio di condizionamenti politici.

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