Penale

L'avvocato deve garantire assistenza fino alla nomina del nuovo difensore

Per la Cassazione, il difensore, rinunciante o revocato, deve garantire l'assistenza difensiva finchè non venga nominato un nuovo legale

di Marina Crisafi

L'avvocato rinunciante o revocato è tenuto a garantire assistenza fin quando non venga nominato un nuovo difensore. È quanto emerge dalla sentenza n. 12443/2022 della seconda sezione penale, con cui la Cassazione propende per l'orientamento minoritario secondo cui la rinunzia al mandato difensivo non comporta l'obbligo per il giudice di nominare all'imputato un difensore d'ufficio, in quanto l'avvocato rinunciante è onerato della difesa fino alla nuova nomina.

La vicenda
La vicenda prende le mosse dalla conferma, da parte della Corte d'appello di Roma, sezione per i minorenni, della sentenza emessa dal Gup, in forza della quale un imputato veniva condannato alla pena ritenuta di giustizia per i reati di rapina e altro.
L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge in relazione all'articolo 97, commi 1 e 4, c.p.p.

Violazione del diritto di difesa
Assume, nello specifico, che la corte d'appello aveva erroneamente disatteso l'eccezione di nullità del giudizio di primo grado fondata sulla circostanza che a seguito della rinunzia da parte del difensore di fiducia (che non era comparso all'udienza fissata) non era stato designato un difensore d'ufficio ma era stato nominato solamente un sostituto.
Una decisione, quella d'appello, a suo dire, in contrasto con la giurisprudenza maggioritaria secondo cui la rinunzia al mandato da parte dell'avvocato comporta l'obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare all'imputato, il quale non abbia provveduto ad altra nomina fiduciaria, un difensore d'ufficio in quanto l'eventuale nomina di un sostituto ai sensi dell'articolo 97, comma 4, cpp, avendo natura episodica, è consentita solo nei casi di impedimento temporaneo del difensore di fiducia o di quello d'ufficio.
Rileva, inoltre, che la decisione impugnata contrastava con l'orientamento di legittimità secondo cui in tema di diritto di difesa, il giudice, durante la decorrenza del termine concesso ex articolo 108 cpp al difensore subentrato a quello revocato o rinunciante, può legittimamente compiere - continuando ad avvalersi del difensore originario, ovvero sostituendolo ai sensi dell'articolo 97, comma quarto, cpp – solo le attività processuali il cui svolgimento risulti in concreto incompatibile con il decorso del predetto termine, essendo, invece, tenuto al differimento delle altre, salvo che l'avvicendamento dei difensori risulti avere finalità meramente dilatorie (cfr., tra le altre, Cass. n. 38239/2016).

I due orientamenti
Prima di decidere, gli Ermellini premettono che sulla questione, in effetti, si registrano due opposti orientamenti. Secondo una prima tesi, la rinuncia al mandato difensivo non comporta l'obbligo per il giudice di nominare all'imputato, che non abbia provveduto alla nomina di un difensore di fiducia, un difensore d'ufficio, in quanto il difensore rinunciante è onerato della difesa fino all'intervento di una nuova nomina. Ne consegue che la mancata nomina del difensore d'ufficio, nella pendenza del termine per appellare la sentenza di primo grado, "non comporta alcuna nullità, essendo il difensore di fiducia, oltre che l'imputato, nella piena facoltà di proporre l'impugnazione fino all'intervento della nuova nomina" (cfr., tra le altre, Cass. n. 46435/2019).
Si è pure osservato, rammentano dal Palazzaccio, "che la rinuncia o la revoca del mandato da parte del difensore di fiducia produce effetto solo dal momento in cui l'imputato sia assistito da un nuovo difensore e sia decorso il termine a difesa eventualmente concesso, con la conseguenza che il difensore, rinunciante o revocato, è tenuto a garantire l'assistenza difensiva fin quando non sia decorso il termine a difesa concesso, ai sensi dell'art. 108 cpp, al nuovo difensore nominato".
Del resto (come precisato da Cass. n. 18113/2021), il termine a difesa è finalizzato ad assicurare "una difesa piena ed effettiva, sicchè nessun vulnus può discendere dal fatto che la parte nelle more della decorrenza del termine sia assistita dal difensore rinunciante che è già pienamente a conoscenza della vicenda processuale".
Per il secondo orientamento che appare maggioritario, invece, registrano da piazza Cavour, "la rinuncia al mandato difensivo comporta l'obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare all'imputato che non abbia provveduto ad una nuova nomina fiduciaria, un difensore d'ufficio, in quanto l'eventuale designazione temporanea di un sostituto, ai sensi dell'art. 97, comma 4, cpp, avendo natura episodica, è consentita nei soli casi di impedimento temporaneo del difensore di fiducia o di quello d'ufficio" (cfr., tra le altre, Cass. n. 16958/2018).

La decisione
La Cassazione, seppur nel caso di specie la questione sollevata non rileva ai fini dell'eccepita nullità, propende per il primo orientamento.
Premesso che l'articolo 97 primo comma cpp, si legge infatti nella sentenza, "prevede la nomina del difensore d'ufficio nel caso in cui l'imputato non ha nominato un proprio difensore o ‘ne è rimasto privo' e il quarto comma stabilisce la nomina del sostituto nel caso in cui il difensore ‘ha abbandonato la difesa' (ipotesi quest'ultima in cui parrebbe rientrare l'ipotesi di rinuncia assimilabile al concetto di ‘abbandono della difesa' con la conseguenza che parrebbe maggiormente condivisibile il primo orientamento), nel caso in esame la questione sollevata non appare dirimente ai fini dell'eccepita nullità sulla scorta di quanto riscontrato, in fatto, dalla corte di merito".
Invero, i giudici territoriali hanno sottolineato che, nel caso specifico, l'appellante, nella persona del difensore dapprima nominato dal tribunale sostituto d'ufficio del difensore di fiducia rinunciante in occasione dell'ultima udienza e dopo la pronunzia della sentenza d'ufficio, "ha esercitato la pienezza dei suoi poteri nell'interesse dell'imputato con la presentazione dell'impugnazione senza avere invocato alcun termine a difesa in detta ultima udienza e senza aver, col suo atto di appello, fatto riferimento ad alcuna attività difensiva che sarebbe stata pregiudicata per il sol fatto che la prima nomina gli era stata formalizzata ai sensi del primo anziché del quarto comma dell'art. 97 cpp", ragionamento peraltro non censurato da parte del ricorrente.
Ne consegue che in concreto non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa dell'imputato e il ricorso, pertanto, va rigettato.

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