Civile

Tutela della privacy e foto dei vip, esimente allargata alle attività ‘connesse'

La Cassazione, ordinanza n. 19515 depositata oggi, ha accolto parzialmente il ricorso di Rcs condannata a pagare 50mila euro a Gianni Rivera per alcune foto che lo ritraevano senza divisa

di Francesco Machina Grifeo

Interessante decisione della Prima Sezione civile a cavallo tra diritto d'autore e privacy. Al centro del contenzioso alcune foto e frammenti "non sportivi" del fuoriclasse del pallone Gianni Rivera riprodotte all'interno di alcuni Dvd («La Grande Storia del Milan», «Campionato io ti amo», «Fifa World Cup» e «Le partite indimenticabili») editati dal gruppo Rcs che pubblica la Gazzetta dello Sport e il Corriere della sera. Con l'ordinanza n. 19515 depositata oggi, la Cassazione infatti ha accolto parzialmente (e con rinvio) il ricorso della media company, condannata a pagare 50mila euro a titolo di risarcimento all'ex calciatore e poi politico, affermando un principio di diritto che allarga il campo di utilizzo delle immagini dei vip.

«L'esimente - si legge nella decisione - secondo cui non occorre il consenso della persona ritratta in fotografia quando, tra l'altro, la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, ricorre non solo allorché il personaggio noto sia ripreso nell'ambito dell'attività da cui la sua notorietà è scaturita, ma anche quando la fotografia lo ritrae nello svolgimento di attività a quella accessorie o comunque connesse". "Fermo restando - aggiunge la Corte -, da un lato, il rispetto della sfera privata in cui il personaggio noto ha esercitato il proprio diritto alla riservatezza, dall'altro, il divieto di sfruttamento commerciale dell'immagine altrui, da parte di terzi, al fine di pubblicizzare o propagandare, anche indirettamente, l'acquisto di beni e servizi".

Prima il Tribunale e poi la Corte di appello di Milano invece avevano ritenuto illecita la diffusione (a) di immagini fotografiche che ritraevano l'attore "non in azioni di gioco, escluse quelle in cui egli era in posa con la propria squadra", e (b) di alcune medaglie richiamanti l'immagine dell'attore. In particolare, per il giudice di secondo grado l'esimente legata alla notorietà era "strettamente correlata" all'ambito sportivo e quindi, in difetto di consenso, non potevano essere utilizzate immagini in scene di vita quotidiana e al di fuori del contesto calcistico: Rivera insieme a Sandro Mazzola, Giancarlo De Sisti e Antonio Iuliano, in un ritiro della Nazionale, o ritratto nel corso di un'intervista.

Per la Cassazione la decisione non può essere condivisa. "Il punto è - si interroga la Corte - se la notorietà di un personaggio possa essere rigorosamente delimitata allo stretto ambito delle attività in cui si è inizialmente delineata e da cui è emersa?" La risposta, prosegue la Corte, "non è positiva e si prescinde dalla caratteristiche, invero peculiari, della fattispecie concreta, laddove Gianni Rivera, dopo la carriera sportiva di assoluta eccellenza sia nel Milan sia nella Nazionale italiana (Pallone d'oro, campione italiano, europeo e intercontinentale), che l'ha notoriamente consegnato all'immaginario collettivo (si pensi alla leggendaria rivalità con Sandro Mazzola, al celeberrimo gol del 4 a 3 in Italia-Germania ai mondiali del 1982, alla famosa canzone «Barbera, champagne» di Giorgio Gaber), ha avuto una seconda carriera politica di tutto rispetto (come parlamentare italiano ed europeo e sottosegretario)". Né del resto, si ricade nel caso «Audrey Hepburn», trattato dalla giurisprudenza di merito (Trib. Torino, sez. spec. Impresa, 27.2.2019 n. 940) mancando sia le modificazioni "sconvenienti e irrispettose" dell'immagine (masticazione indecorosa di chewing-gum, tatuaggi, esibizione sguaiata del dito medio....), sia l'utilizzo per fini propagandistici.

Per la Cassazione tuttavia è "eccessivo spingersi sino a sostenere che i ritratti fotografici dei personaggi dello sport, come pure quelli dei protagonisti della musica di consumo o del cinema… possano essere divulgati, senza il loro consenso, anche in contesti del tutto avulsi da quelli che hanno reso noti tali personaggi" in quanto "occorre pur sempre verificare non solo il rispetto del decoro, della convenienza e della reputazione, ma anche quello della sfera di riservatezza che la persona ritratta ha inteso legittimamente proteggere dalle ingerenze altrui".

La corretta applicazione dell'esimente dell'articolo 97 L.d.a., argomenta la decisione, renda lecita la divulgazione di ritratti fotografici di personaggi famosi "non solo allorché essi siano raffigurati nell'espletamento dell'attività specifica (vale a dire: per lo sportivo l'attività agonistica, per il cantante l'esibizione sul palco, per l'attore la recitazione in scena), come troppo restrittivamente perimetrato dalla Corte milanese, ma anche quando la fotografia li ritrae nello svolgimento di attività accessorie e connesse, che rientrano nel cono di proiezione della loro immagine pubblica".

Vi rientrano pertanto certamente le fotografie che ritraggono un noto calciatore in partenza o al rientro per una competizione sportiva, o mentre esibisce un trofeo vinto, o nell'atto di rilasciare a un giornalista una intervista legata alla sua attività, o ancora insieme ad altri calciatori, per di più se in un ritiro organizzato dalla sua squadra o dalla Nazionale. "È evidente - prosegue la decisione - che nei casi esemplificati l'interesse del pubblico è rivolto proprio al personaggio sportivo, per vedere come gioisca dei propri trionfi, come si relazioni con la stampa specializzata, come si prepari alle partite e come si rilassi dopo di esse, come interagisca con altri atleti famosi".

Infine, conclude la Corte, non si possono desumere meccanicamente dalla natura imprenditoriale dell'attività di RCS i "fini pubblicitari e promozionali" di utilizzo dell'immagine. "Non bisogna infatti confondere la natura professionale dell'attività di cronaca informativa e documentazione didattico-culturale, che comporta la pubblicazione di informazioni e di immagini, con le finalità di utilizzo dell'immagine in senso stretto. Altrimenti – come osserva efficacemente la ricorrente – si finirebbe per interdire l'esercizio stesso della cronaca giornalistica".

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