Famiglia

Alla morte del coniuge il giudizio di revisione dell'assegno di divorzio può essere proseguito dagli eredi

Il principio è stato enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione

di Mario Finocchiaro

Nel caso di procedimento per la revisione dell'assegno divorzile, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, Iegge n. 898 del 1970, il venir meno del coniuge ricorrente nel corso del medesimo non comporta la declaratoria di improseguibilità dello stesso, ma gli eredi subentrano nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell'accertamento della non debenza dell'assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, subentrando altresì essi nell'azione di ripetizione dell'indebito ai sensi dell'articolo 2033 Cc per la restituzione delle somme non dovute. Questo il rincipio enunciato in motivazione, ai sensi dell'articolo 384 Cpc, dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 24 giugno 2022 n. 20495.

I precedenti conformi e difformi
Sostanzialmente nella stessa ottica e, in particolare, nel senso che nell'ambito del giudizio per la revisione delle condizioni di divorzio volto ad accertare la sussistenza del diritto - non riconosciuto in sentenza - alla corresponsione di un assegno a carico dell'ex coniuge, la morte di quest'ultimo avvenuta nelle more del giudizio non determina la cessazione della materia del contendere, poiché il principio dell'intrasmissibilità, dal lato passivo, del relativo obbligo non trova applicazione, una volta proposta la domanda giudiziale, per il periodo successivo all'inizio del procedimento e fino alla data del decesso dell'ex coniuge, periodo nel quale permane l'interesse della parte istante alla definitiva regolamentazione del diritto all'assegno, Cassazione, sentenza 3 agosto 2007, n. 17041, in Guida al diritto, 2007, fasc. 38, p. 38, con nota di Pascasi S., Lo stato di bisogno dell'ex coniuge può derivare anche da decisioni lecite, nonché in Famiglia e diritto, 2008, p. 577, con nota di La Rosa S., La scelta volontaria di pensionamento può costituire motivo di revisione dell'assegno di divorzio.
Per l'affermazione che la morte del coniuge in pendenza del processo di divorzio determina la cessazione della materia del contendere, anche se interviene nel corso del giudizio di impugnazione promosso esclusivamente per ottenere una diversa quantificazione dell'assegno divorzile (con l'effetto di determinare il passaggio in giudicato della decisione sullo status), poiché si tratta di un processo unitario, nel quale ragioni di complessità istruttoria giustificano la pronuncia differita sulle domande accessorie, quale è quella relativa all'assegno in questione, ma non possono costituire fonte di deroga al principio per cui l'obbligo di contribuire al mantenimento dell'ex coniuge è personalissimo, non trasmissibile agli eredi e suscettibile di essere accertato solo in relazione all'esistenza della persona cui lo status personale si riferisce. Cassazione, ordinanza 11 novembre 2021, n. 33346
Da ultimo, peraltro, nel senso che in tema di divorzio, nel caso di passaggio in giudicato della pronuncia parziale sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell'attribuzione dell'assegno divorzile, il venir meno dell'ex coniuge nei confronti del quale la domanda era stata proposta nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all'accertamento della debenza dell'assegno dovuto sino al momento del decesso. Cassazione, sez. un., sentenza 24 giugno 2022, n. 20494.

Azione di divorzio ed eredi
In precedenza, in termini generali, l'azione di divorzio (ossia il potere di proporre la domanda correlativa e di resistere all'avverso gravame contro la sentenza che l'abbia accolta) ha natura personalissima e non è trasmissibile agli eredi, che restano legittimati a stare nel processo solo in ordine a quel diritto od a quegli obblighi di carattere economico inerenti al patrimonio del loro dante causa, che siano stati dedotti eventualmente in connessione con l'istanza di divorzio e che siano stati, quindi, già acquisiti al suo patrimonio prima della morte. Pertanto - una volta intervenuto, dopo la notifica dell'atto di appello avverso la sentenza parziale di divorzio, il decesso del coniuge, che aveva proposto la relativa domanda - è inammissibile, nel giudizio dinanzi alla corte d'appello, la costituzione di chi, accampando la propria qualità di erede, miri, non già a far valere diritti, o contestare obbligazioni, di contenuto patrimoniale, già entrati nel patrimonio del de cuius prima del suo decesso (e suscettibili, perciò, di trasmissione iure hereditario), ma a coltivare, con resistenza al gravame interposto dalla controparte, l'azione di divorzio già esercitata dal defunto, ed a far così risalire a tale causa, e non al sopravvenuto decesso, lo scioglimento del di lui matrimonio con l'appellante, Cassazione, sentenza 25 giugno 2003, n. 10065, in Giustizia civile, 2004, I, p. 110.
In questo ultimo senso, l'azione per la pronuncia del divorzio - attesa la sua natura personalissima - non è trasmissibile agli eredi; questi, tuttavia, sono legittimati a stare nel processo in ordine a quei diritti o a quegli obblighi di carattere economico inerenti al patrimonio del loro dante causa, che sono stati dedotti in connessione alla domanda di divorzio, Cassazione, sentenza 4 ottobre 1977, n, 4297.
Sempre in margine alle conseguenze della morte di uno dei coniugi, prima del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, si è affermato, altresì:
- la pronuncia sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso integra un capo autonomo della sentenza che, in difetto d'impugnazione, passa in giudicato anche in pendenza di gravame contro le statuizioni sull'attribuzione e sulla quantificazione dell'assegno; il procedimento per la definizione delle questioni di rilevanza patrimoniale, pertanto, non si estingue per cessazione della materia del contendere, ma prosegue, nonostante il decesso di uno dei coniugi, avendo riflessi sulla sfera giuridica delle parti e dei loro eredi, Cassazione ordinanza 11 aprile 2013, n. 8874;
- la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio, anche nella fase di legittimità, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici; né il figlio maggiorenne non autosufficiente potrebbe coltivare una domanda di assegno nei confronti dell'obbligato ormai deceduto o, trattandosi di rapporto personale, procedere nei confronti di eventuali altri eredi. Cassazione, sentenza 26 luglio 2013, n. 18130;
- la morte di uno dei coniugi determina, ai sensi dell'articolo 149 Cc, lo scioglimento del matrimonio e, pertanto, la cessazione della materia del contendere del giudizio di separazione personale, anche se sopravvenuta in pendenza del procedimento di cassazione e comporta la cassazione senza rinvio delle sentenze di primo e secondo grado. Cassazione, sentenza 4 aprile 1997 n. 2944;
- il diritto alla corresponsione dell'assegno di divorzio, in quanto avente ad oggetto più prestazioni periodiche, distinte ed autonome, si prescrive non a decorrere da un unico termine costituito dalla sentenza che ha pronunciato sul diritto stesso, ma dalle scadenze delle singole prestazioni imposte dalla pronuncia giudiziale, in relazione alle quali sorge di volta in volta l'interesse del creditore all'adempimento. Ne consegue che, dovendo tali prestazioni essere erogate alle scadenze fissate e sino al momento della diversa determinazione del giudice in sede di revisione, ovvero fino alla morte dell'ex coniuge onerato, non può profilarsi al momento del decesso una prescrizione del diritto all'ultimo assegno spettante, tale da estinguere il diritto alla sua percezione, e quindi da impedire il sorgere del diritto alla quota della pensione di reversibilità. Cassazione, sentenza 14 gennaio 2004, n. 336;
- avverso la sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio, intervenuta successivamente alla morte di una delle parti, è ammissibile l'appello della parte superstite, al fine di ottenere una pronuncia di cessazione della materia del contendere, essendo gli effetti civili del matrimonio già venuti meno per la morte di uno dei coniugi, ai sensi dell'articolo 149 Cc, sicché nel giudizio d'impugnazione sono legittimati processuali ex articolo 110 Cpc gli eredi della parte deceduta in qualità di successori universali, ancorché ad essi non sia trasmissibile il diritto controverso. Cassazione, ordinanza 21 gennaio 2021 n. 1079; sentenze 17 luglio 2009, n. 16801, in Diritto di famiglia, 2010, I, p. 1126, con nota di Canestrelli S., Appello del coniuge superstite avverso la sentenza di divorzio e legittimazione processuale e 25 giugno 2003, n. 10065, in Giustizia civile, 2004, I, p. 110;
- anche nelle cause di divorzio per la morte della parte avvenuta in pendenza del giudizio di Cassazione non può essere invocato l'articolo 110 Cpc sulla successione nel processo, poiché, non trovando applicazione, in sede di legittimità, l'istituto dell'interruzione, non e consentito agli eredi della parte l'ingresso nel processo interrotto, Cassazione, sentenza 8 luglio 1977 n. 3038, in Giurisprudenza italiana, 1978, I, 1, c. 51, con nota di Trabucchi A., La decorrenza degli effetti della sentenza di divorzio;
- la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta nel corso del giudizio di separazione personale o del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, comporta non l'Estinzione del processo, ma il venir meno della materia del contendere, travolgendo le eventuali pronunce in precedenza emesse e non ancora passate in giudicato; detta cessazione della materia del contendere va dichiarata in presenza e nei confronti degli eredi del coniuge defunto. Cassazione, sentenza 7 ottobre 1975 n. 3181, in Diritto di famiglia, 1975,I, p. 1370.

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