Professione e Mercato

Sospeso l'avvocato che dà delle "capre" al giudice e al pm

Per il CNF sono illecite anche le espressioni offensive pronunciate dall'avvocato, al di fuori della dimensione professionale, nella vita privata

di Marina Crisafi

L'avvocato non può offendere neanche nella vita privata. Deve comportarsi, in ogni situazione, anche al di fuori dell'espletamento dell'attività forense, con la dignità e il decoro imposti dalla sua funzione. Questo il principio ribadito dal Consiglio Nazionale Forense e pronunciato, da ultimo, nella sentenza n. 190/2020 pubblicata di recente sul sito istituzionale del codice deontologico.

La vicenda
Interpellato da un'avvocatessa sanzionata con la sospensione di 8 mesi dalla professione, il Consiglio ha confermato la sanzione ritenendo grave il comportamento della ricorrente che aveva offeso ripetutamente (con oltre 50 mail) giudice e pubblico ministero di un procedimento penale a suo carico, definendoli tra l'altro "invertebrati", "meschini", "vigliacchi", "somari" e più volte "capre".
A dare il là alla vicenda è l'esposto depositato nei confronti della professionista da parte di un giudice del tribunale di Milano, che aveva ricevuto le mail dal contenuto offensivo da parte della ricorrente.
Veniva aperto quindi procedimento disciplinare da parte del Coa che si concludeva con giudizio di responsabilità della stessa e condanna ad 8 mesi di sospensione dalla professione forense.
La donna non ci sta e ricorre al Cnf, precisando anche di essere stata prosciolta dalla fattispecie penale e sostenendo che le mail inviate erano personali e non esposte al pubblico, tacciabili semmai di ingiuria e non di stalking e che in ogni caso la procura della Repubblica non aveva mai agito per l'accertamento dei fatti, la fondatezza e la provenienza delle stesse.

L'avvocato deve essere punto di riferimento anche nella vita privata
Il Cnf tuttavia respinge il ricorso ritenendolo infondato e sottolineando da subito che "l'avvocato, proprio per il ruolo e per la funzione che deve ricoprire e ricopre all'interno del contesto sociale, deve essere punto di riferimento in ogni suo momento della vita quotidiana".
Per cui, lo stesso "deve sempre ispirare la propria condotta, sia essa di professionista o di privato cittadino, all'osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro e su cio deve essere improntato lo stile di vita". In breve tali principi "devono caratterizzare in generale la vita di relazione dell'avvocato, sì da costituire un vero e proprio codice etico".
Né è possibile invocare quale esimente (come adduce la ricorrente), la provocazione altrui o l'aver agito in stato d'ira, perché, proprio dall'argomentare sulla dignità e il decoro imposti dalla funzione di avvocato, scaturisce il dovere di "astenersi dal pronunciare frasi sconvenienti e offensive la cui rilevanza deontologica non è esclusa dalla provocazione altrui, dalla reciprocità delle offese e dal conseguenziale stato di ira ed agitazione che ne possano derivare" (cfr., tra le altre, Cnf sentenza n. 46/2019).

Sanzione congrua per il disprezzo dimostrato
Nulla di fatto neanche in ordine alla misura della sanzione, poiché, la gravità del contenuto delle comunicazioni telematiche inviate e l'offensività delle stesse fanno ritenere evidente la pervicace volontà della ricorrente di commettere fatti e comportamenti quali quelli oggetto di contestazione, "espressioni gravi peraltro profferite producendo offesa ai destinatari come persone e come rappresentanti di determinate funzioni dello Stato".
L'ingiustificabile disprezzo dimostrato rende opportuno, conclude il Cnf, l'applicazione della sanzione aggravata.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©