Casi pratici

Ammissibilità di prove nuove: anche in appello?

L'individuazione del problema

di Laura Biarella

la QUESTIONE
Entro quali limitazioni è possibile proporre nuove prove in appello? Quali sono le condizioni per poter produrre nuovi documenti? Entro quali ipotesi normative residua il cd. giudizio di indispensabilità?

Premessa
La tematica afferente all'ammissibilità delle nuove prove in appello ha subito notevoli mutamenti normativi nel corso degli anni. Anzitutto la novella del 1990 aveva introdotto il principio procedimentale di generale inammissibilità dei nuovi mezzi di prova in appello, al contempo abbinando, al laconico divieto, una triade di eccezioni: 
a) i nuovi mezzi di prova indispensabili alla decisione della causa; 
b) i nuovi mezzi di prova che la parte dimostri non aver potuto proporre nel giudizio di primo grado per causa alla medesima non imputabile; 
c) il giuramento decisorio.
In seguito, la Legge 18 giugno 2009, n. 69, aveva rimosso ogni disuguaglianza tra prove costituende e prove precostituite, circoscrivendo in tale modo l'ammissibilità in grado d'appello dei nuovi documenti alla cd. valutazione di indispensabilità, ovvero alla remissione in termini. Ulteriormente, la Legge 07 agosto 2012, n. 134, che aveva convertito, con modificazioni, il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, ha espunto dalla versione normativa dell'art. 345 del codice di rito civile la valutazione di indispensabilità dei nuovi mezzi di prova, nonché dei nuovi documenti, ai fini della possibilità di una loro ammissione nel giudizio di appello. Così facendo, si è impedito, in modo definitivo, l'ingresso di nuovi mezzi di prova nell'ambito dell'appello, pur rimanendo immutata, la fattispecie relativa alla remissione in termini. Lo stesso intervento normativo reimmetteva la valutazione di indispensabilità all'art. 702 quater c.p.c., il quale regolamenta il giudizio di appello contro le ordinanze emesse a seguito del procedimento sommario di cognizione. A ciò si aggiunga che risultano in ogni caso ammissibili le prove preordinate a dimostrare i fatti la cui allegazione risulti praticabile la prima volta in grado d'appello. In merito alla disciplina transitoria, l'art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 statuiva che la riforma in esame trovasse applicazione ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato, ovvero con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione, a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione. A fronte di tale impenetrabile disciplina, la giurisprudenza ha tuttavia fornito alcuni importanti chiarimenti:
Circa la valutazione della novità della prova, non sono considerati nuovi documenti in appello quelli che sono prodotti in originale, qualora nel giudizio di primo grado erano già stati prodotti in copia (si veda Cassazione n. 4912 del 2017).
La circostanza che venga precluso l'ingresso in appello di nuove prove non equivale a che non sia consentito al giudice di appello di assegnare alle prove raccolte in primo grado un differente significato (Cassazione n. 9244 del 2007).
L'indole di novità della prova non rileva per i mezzi di prova disponibili d'ufficio, che pertanto nell'ambito del giudizio di secondo grado risultano liberamente rinnovabili (Cassazione n. 13343 del 2000).

Il giudizio di indispensabilità

Sotto il vigore della previgente dizione normativa dell'art. 345 c.p.c., e quindi prima che la novella del 2012 espungesse ogni riferimento all'indispensabilità dei nuovi mezzi di prova e dei nuovi documenti, si riteneva che la norma sul giudizio di indispensabilità dovesse essere interpretata difformemente a seconda che venissero in considerazione prove costituende ovvero prove precostituite (documentali). Queste ultime avrebbero dovuto restare fuori dalla valutazione di indispensabilità e, per l'effetto, sarebbero state liberamente producibili. Sotto il vigore dell'attuale disciplina, la Suprema Corte (Cassazione civ., Sez. VI – 2, Ordinanza 06 febbraio 2018, n. 2854), ha affermato che costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell'art. 345, comma III, c.p.c. , nella versione previgente rispetto alla novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012 , quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza in merito alla ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola, senza lasciare margini di dubbio, ovvero, provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza oppure per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.La versione attuale dell'art. 345, comma 3, c.p.c., nell'escludere l'ammissibilità di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti (salvo che, nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, siano ritenuti indispensabili perché dotati di un'influenza causale più incisiva rispetto a quella delle prove già rilevanti sulla decisione finale della controversia), impone al giudice del gravame di motivare espressamente sulla ritenuta attitudine, positiva o negativa, della nuova produzione a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi, così da consentire, in sede di legittimità, il necessario controllo sulla congruità e sulla logicità del percorso motivazionale seguito e sull'esattezza del ragionamento adottato nella decisione impugnata (Cassazione, n. 15488/2020). La questione in esame riveste ancora particolare importanza, nonostante l'intervenuta novella normativa dell'art. 345 c.p.c. ad opera della Legge 07 agosto 2012, n. 134, poiché il concetto di indispensabilità della prova nuova ammissibile anche in secondo grado risulta tuttora richiamato nell'appello giuslavoristico, all'art. 437, II comma, nonché nell'appello del rito sommario di cognizione, di cui all'art. 702 quater.

Le prove documentali

I documenti nuovi coincidono con quelli che non risultano essere stati prodotti in primo grado. In particolare il comma III dell'articolo 345 c.p.c., riformulato dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, ancor prima dell'ultimo intervento legislativo, li equiparava esplicitamente alle nuove prove, circoscrivendone in tal modo l'ammissibilità in grado d'appello:alla valutazione di indispensabilità,alla remissione in termini.Durante il giudizio di appello il giudice può ammettere sia le prove che le parti dimostrino di non avere potuto proporre prima per causa ad esse non imputabile, sia quelle prove che consideri "indispensabili", in quanto suscettibili di una influenza causale maggiormente incisiva rispetto a quella che le prove, definite come rilevanti, svolgono sulla decisione finale della controversia, e ciò nonostante le già verificatesi preclusioni. In più occasioni la Suprema Corte aveva chiarito che il divieto sancito dall'art. 345 c.p.c. si riferisse a ogni mezzo di prova, costituendo e precostituito.Evidenziando ulteriori punti fondamentali in ambito di nuovi documenti in appello: che i nuovi documenti devono essere prodotti con gli atti introduttivi del giudizio al momento della costituzione; che il giudice d'appello non può disporre d'ufficio l'acquisizione di mezzi di prova che valuti indispensabili per la decisione; che il provvedimento del giudice di appello che ammette le nuove prove deve essere motivato e risulta censurabile in cassazione.Tornata sul tema del giudizio di appello, nel 2017 (Cass. civ. Sez. III, 09-11-2017, n. 26522), la Cassazione ha ribadito che la novella formulazione dell'art. 345, comma III, c.p.c. , quale risulta dalla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012 , convertito, con modificazioni, nella l. n. 134 del 2012, pone il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello, senza che assuma rilevanza l'"indispensabilità" degli stessi, e ferma per la parte la possibilità di dimostrare di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Diversamente, nell'ambito del giudizio del lavoro, la Cassazione (Sezione VI civile – Lavoro, Ordinanza 02 luglio 2018, n. 17196, ha chiarito che il pagamento costituisce eccezione in senso lato e dunque il giudice del rinvio deve rilevarlo anche d'ufficio quando esso risulti dalla documentazione ritualmente prodotta, in quanto la produzione di nuovi documenti, in deroga al divieto ex art. 437 c.p.c. , può avvenire anche in appello (e quindi nel giudizio di rinvio), se essi siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa, perché dotati di un grado di decisività e certezza tali che, da soli considerati, conducano ad un esito necessario della controversia. Analogamente (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 16 maggio 2018, n. 11994), sempre nel rito del lavoro, è stato ribadito che il giudice d'appello, nell'esercizio dei suoi poteri istruttori d'ufficio, in applicazione del precetto di cui all'art. 437, comma II, c.p.c., deve acquisire e valutare i documenti esibiti nel corso del giudizio dall'appellato, sia pure non in contestualità col deposito della memoria di costituzione, allorquando detti documenti siano indispensabili, in quanto idonei a decidere in maniera definitiva la questione controversa tra le parti sulla ammissibilità del gravame. 

Considerazioni conclusive

Dal 2012 non è più prevista la possibilità, in appello, di depositare documenti o prove indispensabili, in quanto il testo dell'art. 345 c.p.c., comma III, è stato modificato eliminando le parole «(...) che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero (...)». Consegue che, l'unico caso in cui in appello la produzione documentale è ammissibile, è rappresentato dall'esistenza di una "causa non imputabile" alla parte, ovvero dal caso fortuito o dalla forza maggiore. A ciò si aggiunga che, la propensione del processo all'accertamento della verità dei fatti deve essere coniugata col regime delle preclusioni, che opera nell'ambito civilistico, per cui, la soppressione dell'ipotesi della "prova indispensabile", come eccezione al divieto dei nova in appello, si interpreta nel rilievo dell'onere che ricade sulla parte convenuta, che dovrà allegare tempestivamente tutte le prove a sostegno della propria difesa. In definitiva, nel giudizio di appello, la novellata formulazione dell'art. 345 c.p.c., comma III, pone il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova e di produzione di nuovi documenti, a meno che la parte fornisca la prova di non aver potuto proporli ovvero produrli nel giudizio di primo grado, e per causa ad essa stessa non imputabile.Nel 2021 è stato specificato ( Cassazione, sezione I civile, ordinanza 11 giugno 2021, n. 16560) che la produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile, ai sensi dell'articolo 345, comma 3, cod. proc. civ. (nella formulazione successiva alla novella attuata mediante la legge n. 69 del 2009) a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile, ovvero che essi – a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado – siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell'atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo; peraltro, tale produzione resta comunque preclusa una volta che la causa sia stata rimessa in decisione, non potendo perciò essere effettuata, ad esempio, in comparsa conclusionale. Nel caso di specie, relativo ad un giudizio avente ad oggetto la domanda di revoca ex articolo 67 della legge fallimentare di rimesse bancarie proposta da una cooperativa posta in liquidazione coatta amministrativa, il giudice di legittimità, accogliendo il ricorso dell'istituto di credito, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla non indispensabilità dei nuovi documenti prodotti dal ricorrente, offrendo, sul punto, una motivazione talmente sintetica da risultare apparente.

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