Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito del 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022 . Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:

1. Testamento - Nullità del testamento redatto con mano guidata e relictum ereditario ;

2. Testamento - Interpretazione del contratto e sostituzione fedecommissaria ;

3. Donazione - Differenze fra donazione diretta e indiretta ;

4. Fondo patrimoniale e revocatoria fallimentare - La costituzione di fondo patrimoniale è atto a titolo gratuito idoneo ad incidere riduttivamente sulla garanzia generica dei creditori ;

5. Separazione e affidamento dei figli - Il diritto di visita del genitore non collocatario deve tenere conto del superiore interesse del minore ;

6. Separazione e rimborso spese straordinarie sulla casa - Al coniuge non proprietario non spetta alcuna indennità per le migliorie apportate, a proprie spese, all'abitazione familiare ;

7 . Riconoscimento figlio naturale e rifiuto del doppio cognome - Il minore ultrasedicenne può decidere di mantenere il solo cognome materno dopo il riconoscimento .

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1. TESTAMENTO – Nullità del testamento redatto con mano guidata e relictum. (Cc, articolo 606)

Deve essere dichiarata la nullità del testamento olografo ai sensi dell'art. 606 comma 1 cod. civ. se accertata l'apocrifia del testamento in quanto non proveniente dalla mano del testatore, ma da altra e diversa mano che ha compiuto un grossolano tentativo di imitazione.

Tribunale Torino, sezione II, sentenza 18 febbraio 2022, n. 705 – Pres. La Marca, Giud. Rel. Gambacorta

NOTA

In presenza di aiuto e di guida della mano del testatore da parte di una terza persona, per la redazione di un testamento olografo, tale intervento del terzo, di per sé, esclude il requisito dell'autografia di tale testamento, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l'eventuale corrispondenza del contenuto della scheda alla volontà del testatore.

E’corrispondente alla ratio dell’articolo 606 del codice civile la soluzione che perviene alla nullità per difetto di olografia per ogni ipotesi di intervento del terzo che guidi la mano del testatore, trattandosi di condotta che appare idonea ad alterare la personalità e l'abitualità del gesto scrittorio, requisiti indispensabili perché possa parlarsi di autografia. Una diversa soluzione, condizionerebbe l'accertamento della validità o meno del testamento alla verifica di ulteriori circostanze, quali la effettiva finalità dell'aiuto del terzo, ovvero la verifica della corrispondenza effettiva del testo scritto alla volontà dell'adiuvato, che minerebbero in maniera evidente le finalità di chiarezza e semplificazione che sono alla base della disciplina del testamento olografo.

La nullità del testamento olografo, infatti, si ha soltanto quando l'intervento del terzo avvenga con l'inserzione anche di una sola parola di sua mano nel corpo della disposizione di ultima volontà.

Dichiarato nullo il testamento si apre la successione legittima, come prospettato nel caso sottoposto all’esame del Tribunale torinese.

La successione legittima si calcola sul relictum la cui composizione è data dalla massa dei beni relitti, che il defunto ha lasciato morendo ed il cui valore deve calcolarsi al momento della morte. Si debbono calcolare altresì i beni che hanno formato oggetto di alienazioni simulate, i beni oggetto dei legati di specie e dei crediti (salvo siano inesistenti o di dubbia esigibilità), le aziende e il relativo avviamento. Restano invece esclusi i diritti che si estinguono per effetto della morte (ad esempio, usufrutto, uso e abitazione), i frutti naturali non ancora percepiti, i frutti civili non ancora maturati, e i diritti che gli eredi acquistano iure proprio in occasione della morte (ad esempio, diritto al risarcimento del danno nei confronti di chi abbia commesso il fatto illecito da cui sia derivata la morte del defunto).

Una volta effettuata tale prima operazione, si procederà alla sottrazione del valore dei debiti ereditari, considerati tali non solo quelli contratti dal defunto, ma anche quelli sorti in occasione della morte (spese funerarie, per la pubblicazione del testamento, per la redazione dell'inventario, ecc.). Il nostro codice precisa che la detrazione dei debiti si fa solo dal  relictum , e pertanto, se manca un  relictum, ma vi sono debiti, la quota di legittima può ugualmente sussistere perché andrà a essere calcolata sui beni donati.

 

2. TESTAMENTO – Interpretazione del contratto e sostituzione fedecommissaria. (Cc, articolo 692)

L'interpretazione di una disposizione testamentaria volta a determinare se il testatore abbia voluto disporre una sostituzione fedecommissaria o una costituzione testamentaria di usufrutto deve muovere dalla ricerca della effettiva volontà del "de cuius", attraverso l'analisi delle finalità che il testatore intendeva perseguire, oltre che mediante il contenuto testuale della scheda testamentaria.

La sostituzione fedecommissaria - nulla ai sensi dell'art. 692, comma 5, cod. civ. (salve le ipotesi eccezionali di sua validità, previste nei precedenti commi della stessa disposizione normativa ed introdotte per effetto della Legge di riforma del diritto di famiglia L. 19 maggio 1975, n. 151) - è la disposizione testamentaria caratterizzata da una doppia istituzione, l'una in favore di un primo istituito, efficace fin dall'apertura della successione, l'altra in favore di un secondo istituito, efficace dal momento della morte del primo il quale, in caso di fedecommesso, non è libero di disporre del patrimonio relitto, dovendo conservarlo per restituirlo al secondo istituito.

L'istituzione posteriore, dunque, deve avere effetto dopo la morte dell'istituito anteriormente, il quale ha, perciò, l'obbligo di conservare l'eredità onde poterla restituire, così come gli è pervenuta, all'erede sostituito.

Tribunale Torino, sezione II, sentenza 17 febbraio 2022 n. 697 – Pres. La Marca, Giud. Rel. Musa

 

3. DONAZIONE – Differenze fra donazione diretta e indiretta. (Cc, articoli 769, 782 e 809)

La donazione indiretta consiste nell’elargizione di una liberalità che viene attuata, anziché con il negozio tipico dell’articolo 769 del codice civile, mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio ed in collegamento con altro negozio, l’arricchimento animo donandi del destinatario della liberalità medesima. Nell’ipotesi in cui un soggetto abbia erogato il danaro per l’acquisto di un immobile in capo al proprio figlio, si deve distinguere il caso della donazione diretta del danaro, in cui oggetto della liberalità rimane quest’ultimo, da quello in cui il danaro sia fornito quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tale secondo caso, il collegamento tra l’elargizione del danaro paterno e l’acquisto dell’immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione indiretta dell’immobile stesso, e non già del danaro impiegato per il suo acquisto. Per la validità delle donazioni indirette, invece, non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ., non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione.

Tribunale Napoli, sezione VIII, sentenza 8 febbraio 2022 n. 1359 - Pres. Pastore, Giud. Rel. Colicchio

 

4. FONDO PATRIMONIALE E REVOCATORIA FALLIMENTARE – La costituzione di fondo patrimoniale è atto a titolo gratuito idoneo ad incidere riduttivamente sulla garanzia generica dei creditori di cui all'articolo 2740 del codice civile. (Ccarticoli 169, 170 e 2901, comma 1, n. 2)

In tema di azione revocatoria, la consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo contraente - prevista quale condizione dell'azione dall'articolo 2901, comma 1, n. 2, del codice civile - consiste nella generica conoscenza del pregiudizio che l'atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni dei creditori, non essendo necessaria la collusione tra terzo e debitore; d'altra parte, il requisito della scientia damni può essere provato per presunzioni", dal soggetto che lo allega; e rimangono invece irrilevanti tanto l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo. In relazione all'eventus damni per esperire l'azione revocatoria non occorre la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore (ad esempio, a seguito della dismissione di beni), ma anche in una modificazione qualitativa di esso, per es. in caso di conversione del patrimonio in beni facilmente occultabili o in una prestazione di facere infungibile, come la costituzione in fondo patrimoniale degli unici beni immobili di proprietà dei coniugi, che determina il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva.

Tribunale Bergamo, sezione fallimentare, sentenza 5 febbraio 2022, n. 281 – Giud. Magrì

 

NOTA

Uno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, ovvero un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni a far fronte ai bisogni della famiglia. Il fondo patrimoniale costituisce un patrimonio separato, i cui beni, essendo vincolati al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, sono alienabili e espropriabili solo al ricorrere di determinate condizioni. Giova rammentare come l’azione revocatoria ordinaria ex articolo 2901 del codice civile – in quanto potere del creditore di domandare giudizialmente che siano dichiarati inefficaci nei propri confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni – sia preordinata unicamente a preservare e garantire il diritto del creditore di agire in via esecutiva sul patrimonio del proprio debitore, cosicché resti salva la garanzia patrimoniale generica spettantegli ex articolo 2740 del codice civile e si ricostituisca quel patrimonio nella sua consistenza qualitativa e quantitativa anteriore all’atto dispositivo, attualmente o potenzialmente pregiudizievole.

Quanto agli atti che possono formare oggetto di revocatoria, l’articolo 2901 del Cc statuisce che essi sono gli atti dispositivi del patrimonio e, cioè, gli atti mediante i quali il debitore aliena, limita, rinunzia o modifica i diritti patrimoniali ovvero assume passività.

In tema di azione revocatoria ordinaria, essendo la costituzione di fondo patrimoniale pacificamente atto a titolo gratuito idoneo ad incidere riduttivamente sulla garanzia generica dei creditori di cui all'articolo 2740 del codice civile, è indubbio che lo stesso vada revocato ex articolo 2901 del codice civile nei confronti del creditore procedente, in quanto idoneo a rendere i beni conferiti aggredibili solo alle determinate condizioni previste dall'articolo 170 del codice civile, ove sussistano tutti i presupposti di accoglimento dell'azione promossa (credito verso il debitore, atto di disposizione patrimoniale a titolo gratuito successivo all'insorgenza di tale credito, "eventus damni" e "consilium fraudis", riassumentesi nella "scientia damni" da parte del debitore), dovendosi ritenere il debitore, anche ex articolo 2729 del codice civile, pienamente consapevole di assottigliare con la disposizione patrimoniale in questione la garanzia costituita dai suoi beni e di rendere più difficoltosa la possibilità per il creditore di vedere soddisfatte le proprie ragioni.

Nel caso in esame, il fondo patrimoniale era stato costituito nel 2016 la revocatoria è stata richiesta a fronte di un credito vantato dalla banca attrice nei confronti dei coniugi per complessivi € 1.924.037,64 risultanti da decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale nel 2017 e dichiarato provvisoriamente esecutivo.

La giurisprudenza ha affermato che in caso di revocatoria di atto a titolo gratuito, successivo all'insorgenza del debito, ai sensi dell’art. 2901, n.1, c.c. si richiede la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni (secondo un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ove sorretto da congrua motivazione), senza che assumano viceversa rilevanza l'intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo (Cass. civ., 17 gennaio 2007, n. 966; Cass. civ., 7 luglio 2007, n. 15310; Cass. civ., 7 ottobre 2008, n. 24757; Cass. civ., 30 giugno 2015, n. 13343).

Nella giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Padova, Sez. II, 11 febbraio 2014) si è affermato che: «Elementi sufficienti per l'esercizio dell'azione revocatoria sono: la costituzione di un fondo patrimoniale successivo ad una fideiussione prestata in favore di terzi, il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una eventuale azione esecutiva su patrimonio del debitore, la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore».

 

5. SEPARAZIONE E AFFIDAMENTO DEI FIGLI - Il diritto di visita del genitore non collocatario

deve tenere conto del superiore interesse del minore (Costituzione, articoli 3, 19 e 30; Cedu, articoli 8 e 9; Cc, articoli 147, 315 bis, 316, 337 bis e ter.)

Il criterio fondamentale – in tema di affido, condiviso o meno che esso sia - è rappresentato dal superiore interesse della prole, che assume rilievo sistematico centrale nell'ordinamento dei rapporti di filiazione, fondato sull'articolo 30 della Costituzione.  L'esercizio in concreto di tale potere, dunque, deve costituire espressione di conveniente protezione (articolo 31, comma 2, della Costituzione) del preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata Nella valorizzazione e nel coordinamento delle posizioni coinvolte, il diritto di visita del genitore non collocatario e, quindi, il diritto a mantenere il legame con il proprio figlio non ha carattere assoluto e deve procedere avendo sempre come parametro principale di riferimento il superiore interesse del minore, da determinarsi avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, quali anche la pregressa esistenza e consistenza dei rapporti familiari e l’età del figlio. A fronte del chiaro rifiuto del minore di frequentare il genitore con lui non convivente, il giudice di merito chiamato a pronunciarsi sulle modalità e tempi di visita del figlio, in funzione anche del recupero del rapporto, deve valutare pure il fattore tempo che assume via via maggiore rilevanza nell’approssimarsi della maggiore età, restando in tal caso evidente l’incidenza di esso sull’imposizione di un percorso di sostegno delle relazioni affettive tra genitore e minore attraverso l’impegno delle competenti strutture sociali e di esperti del settore. In tale ipotesi è preferibile considerare percorsi condivisi di rielaborazione e miglioramento dei rapporti affettivi, in accordo tra genitori e figli.

Tribunale Rovigo, sentenza 4 febbraio 2022 n. 112 – Pres. Rel. Abiuso

 

6. SEPARAZIONE E RIMBORSO SPESE STRAORDINARIE SULLA CASA - Al coniuge non proprietario non spetta alcuna indennità per le migliorie apportate, a proprie spese, all'abitazione familiare. (Cc articoli 143 e 1150)

Durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli articoli 143 e 316-bis, primo comma, del codice civile. I bisogni della famiglia, al cui soddisfacimento i coniugi sono tenuti a norma dell'articolo 143 del codice civile, non si esauriscono in quelli, minimi, al di sotto dei quali verrebbero in gioco la stessa comunione di vita. Il diritto del coniuge non proprietario di ottenere una indennità, ai sensi dell'articolo 1150 del codice civile, per le migliorie apportate all'abitazione familiare di proprietà esclusiva dell'altro può essere escluso laddove tali spese siano state eseguite per il soddisfacimento di bisogni familiari.

Tribunale Bergamo, sezione IV, sentenza 3 febbraio 2022, n. 270 – Giud. Russo

 

NOTA

Attraverso il regime contributivo (c.d. regime primario) che si fonda sui criteri di proporzionalità e su norme inderogabili (art. 160), si attua l'eguaglianza tra i coniugi. Il principio di ripartizione proporzionale delle spese necessarie a soddisfare i bisogni della famiglia comporta pertanto, l'inammissibilità di qualsiasi intesa coniugale tesa a porvi deroga. Si tratterebbe di una specificazione, sotto il profilo patrimoniale, del dovere di assistenza e collaborazione dell’art. 143, 2 co., cod. civ.

La nozione di «bisogni della famiglia», va identificata tenendo conto delle circostanze di fatto e di altri criteri variabili, tra i quali la dottrina comprende: le condizioni economiche dei componenti la famiglia, la fascia sociale cui la stessa appartiene, la capacità di lavoro dei coniugi ed infine «l'autonomia dei coniugi, cui è rimessa, in definitiva, la determinazione del concreto tenore di vita della famiglia». In ogni caso, tali bisogni sono sia quelli dei coniugi che quelli dei figli. 

Secondo la giurisprudenza, le spese fatte da un coniuge sull'abitazione di proprietà esclusiva dell'altro al fine di apportarvi delle migliorie, seppure tali da incrementare il valore del bene, non possono essere rimborsate qualora avvenute in adempimento dell'obbligo di contribuzione di cui all'art. 143 cod. civ.

Tale assunto si fonda sul principio per cui, in costanza di matrimonio, le attribuzioni reciproche sono effettuate al fine di adempiere un dovere (che è prima morale poi) giuridico, di contribuzione, alla base della scelta di responsabilità perfezionata col vincolo coniugale.

 

7. RICONOSCIMENTO FIGLIO NATURALE E COGNOME – Il minore ultrasedicenne può decidere di mantenere il solo cognome materno dopo il riconoscimento. (Cc articoli 250 e 262)

Legittimo il rifiuto dell’aggiunta del patronimico da parte del minore ultrasedicenne che ha acquisito con il matronimico, nella trama dei suoi rapporti personali e sociali, una definitiva e formata identità.

Tribunale di Forlì, sentenza 11 gennaio 2022 – Pres. Talia, Giud. Rel. Orlandi

 

NOTA

Per il figlio minore, la decisione di anteporre, aggiungere o sostituire il cognome paterno a quello materno, è presa dal giudice.

Nella giurisprudenza precedente al D. Lgs. 28 dicembre 2013 n. 154 si privilegiava la semplice aggiunta del cognome paterno a quello materno, in forza del principio di parità tra uomo e donna, della parità nella responsabilità genitoriale e della discussa origine costituzionale della regola della cognomizzazione patrilineare nella filiazione legittima.

Il D. Lgs. n. 154/2013 ha modificato il 2° co. dell'art. 262 cod. civ., prevedendo che il cognome paterno possa anche essere anteposto a quello materno, oltre che aggiunto o sostituito ad esso. La riforma non ha operato alcuna modifica in relazione alla prevalenza del cognome paterno su quello materno, né alla previsione di un'età diversa (il 18 anno, secondo la regola generale sull'acquisto della capacità di agire) per la scelta del cognome direttamente da parte del figlio, rispetto all'età che è richiesta affinché questi possa autonomamente assentire al riconoscimento.

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