Lavoro

Antisindacale il licenziamento del delegato Rsu senza nulla osta

di Angelo Zambelli

La tutela prevista dall’articolo 14 dell’accordo interconfederale del 18 aprile 1966 appresta un sistema di garanzie speciali nei confronti dei componenti della Rsu in ipotesi di licenziamento (oltre che di trasferimento della sede di lavoro). Tale tutela è richiamata dal contratto collettivo nazionale Industria metalmeccanica che, per quanto riguarda i licenziamenti, la estende ai componenti della Rsu nei casi di recesso per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, limitatamente alla durata della carica sindacale. Nello specifico, il datore di lavoro ha l’obbligo di richiedere il nulla osta al sindacato di appartenenza del delegato Rsu affinché il licenziamento divenga «operante».

È il caso sottoposto all’attenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, adìto dall’associazione sindacale di categoria nell’ambito di un procedimento basato sull’articolo 28 del Statuto dei lavoratori, ha accertato la sussistenza della condotta antisindacale del datore per aver intimato e reso immediatamente efficace il licenziamento disciplinare del componente della Rsu senza aver chiesto il necessario benestare.

La particolare tutela stabilisce che il datore deve notificare il provvedimento di licenziamento al delegato sindacale e alla sua associazione, la quale «è chiamata a pronunciarsi sul provvedimento datoriale entro i sei giorni successivi». L’organizzazione sindacale può rifiutare il nulla osta e impedire così al licenziamento di produrre effetti. Ove, invece, l’organizzazione non si pronunci nei sei giorni successivi o non ritenga di avviare la procedura conciliativa facoltativa prevista dall’articolo 14 citato, il licenziamento acquista efficacia.

L’assenza della richiesta di nulla osta da parte del datore comporta non solo la “inoperatività” del licenziamento ma anche la sussistenza di un comportamento sanzionabile come condotta antisindacale: la finalità della garanzia è infatti quella di consentire un controllo preventivo «rispetto alla concreta operatività dell’intimato recesso» da parte dell’organizzazione sindacale, volta a verificare che non si sia in presenza di un licenziamento «strumentale e, dunque, ingiustificato» ed evitare altresì «possibili turbamenti connessi al licenziamento di un rapresentante sindacale».

Nel caso di specie, peraltro, il giorno successivo alla notifica del ricorso il datore aveva attivato la procedura di richiesta di nulla osta, riammettendo formalmente in servizio il lavoratore ma esonerandolo dalla prestazione lavorativa, ciò che – secondo la tesi sostenuta – determinava il venir meno dell’attualità della condotta antisindacale e la conseguente cessazione della materia del contendere.

Sennonché per il Tribunale ciò che rileva non è solo l’attualità del comportamento antisindacale ma anche «l’attualità o la permanenza dei suoi effetti lesivi»: conseguentemente è stata ritenuta sussistente l’antisindacalità del comportamento datoriale per avere in concreto impedito al delegato Rsu, sospeso dalla prestazione, l’accesso ai locali aziendali e l’esercizio delle prerogative connesse alla sua carica sindacale.

La pronuncia ha dunque disposto la prosecuzione del rapporto di lavoro senza esonero dalla prestazione lavorativa e per il tempo necessario all’espletamento della procedura prevista dall’articolo 14 dell’accordo interconfederale.

Nella motivazione, il decreto conferma l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui non può comunque trovare applicazione la sanzione della reintegrazione di cui all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prevista per i casi di nullità del licenziamento, atteso il fatto che la violazione dell’articolo 14 si configura quale mero inadempimento contrattuale e non di fonte legale. La nullità del licenziamento, infatti, potrebbe operare solo se il recesso datoriale sia stato determinato dall’appartenenza a un sindacato e/o dalla partecipazione del lavoratore all’attività sindacale e sia dunque discriminatorio.

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