Giustizia

Amato: non siamo la maestrina del Parlamento, il dialogo produce frutti

Lo ha sottolineato il Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, nella tradizionale Relazione sull’attività della Corte costituzionale, davanti al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, alla ministra della Giustizia Marta Cartabia e ai vertici delle Camere

di Giovanni Negri

La Corte Costituzionale «non è la maestrina del Parlamento, non diamo moniti, che è un’espressione che non mi piace. Noi sollecitiamo il legislatore, lo invitiamo a intervenire, ma non siamo un’entità superiore al Parlamento». Di più, «i rapporti con il Parlamento sono incoraggianti perché il legislatore a quei moniti ha saputo dare alcune risposte già in corso d’anno. Tutti segnali di un dialogo che produce i suoi frutti». Lo ha sottolineato il Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, nella tradizionale Relazione sull’attività della Corte costituzionale, davanti al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, alla ministra della Giustizia Marta Cartabia e ai vertici delle Camere.

Relazione seguita poi da una lunga, quasi due ore, conferenza stampa nella quale Amato si è soffermato su una pluralità di temi, dove però inevitabili sono state le considerazioni sollecitate da quanto avviene in Ucraina. Un conflitto che «getta non poche preoccupazioni sull’avvenire, anche per la tenuta degli ordinamenti costituzionali europei». E a esserne investite sono le forme di collaborazione tra le Corti: purtroppo significativa è infatti la decisione della Federazione russa di uscire dal Consiglio d’Europa, con tutte le conseguenze negative sulla partecipazione della Corte costituzionale russa alle sedi rappresentative delle alte magistrature europee.

E Amato ha messo in evidenza la necessità di mettere di tutelare il tessuto comune dell’Unione europea, dove centrale è l’articolo 2 del Trattato europeo sui valori e principi condivisi, che viene non a caso prima dell’articolo 4 sulla salvaguardia delle identità nazionali.

Sul controverso aumento del 2% del Pil delle spese militari, Amato ha ricordato di non avere mai pensato «neppure quando ho avuto ruoli di governo, che questo impegno che esiste da molti anni, ci si aspettasse che noi lo portassimo a compimento nel giro di un anno. L’Italia lo ha sempre rispettato con parsimonia. Questa volta mi pare che risulterà adempiuto nel 2028 con l’accordo di tutti».

Italia in guerra? Per il presidente della Consulta la Costituzione parla chiaro: «l’articolo 78, per il quale il Parlamento delibera lo stato di guerra e conferisce al governo i poteri necessari, implica inesorabilmente che l’Italia possa trovarsi in guerra. Già questo risponde al dibattito se il ripudio della guerra sia assoluto o se la guerra difensiva sia consentita dalla Costituzione».

E sull’aiuto, anche militare, a Paesi amici aggrediti, Amato spiega che «se all’Italia non fosse consentito per Costituzione di partecipare alla difesa di Paesi terzi aggrediti, sarebbero illegittimi per l’Italia sia l’articolo 5 del Trattato Nato, sia l’articolo 42 del trattato dell’Unione, il quale dice che qualora uno Stato membro dell’Unione subisca aggressione sul suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestare aiuto con tutti i mezzi in loro possesso in conformità all’articolo 51 della Carta Onu che consacra il diritto di difendersi da un attacco armato prima dell’intervento delle Nazioni Unite. Queste disposizioni implicano un obbligo degli stati membri che un’interpretazione restrittiva degli articoli della nostra Costituzione renderebbe illegittimo».

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