Penale

Maltrattamenti al nido, responsabile il titolare che pur sapendo non interviene

La Cassazione con la sentenza 28613/2022 si sofferma sul consorso morale nel reato e sulla posizione di garanzia di chi non impedisce l'evento

di Camilla Insardà

La sentenza della Cassazione 28613/2022 permette di soffermarsi sul concorso morale nel reato e sulla posizione di garanzia di chi non impedisce un evento che ha l'obbligo giuridico di impedire, approfondendo la questione del dolo nell'uno e nell'altro caso.
La riflessione nasce da un'apparente mancata correlazione tra accusa e sentenza di primo grado, non eccepita in sede di gravame e che ha determinato l'inammissibilità del motivo di ricorso.

Il caso esaminato
Il titolare di un asilo nido era stato tratto in giudizio per aver partecipato moralmente, ex articolo 110 c.p. ai maltrattamenti, alle lesioni aggravate e ai sequestri di persona in danno di minori, materialmente compiuti dall'educatrice sua compagna. Ciò posto, sia il Tribunale di Milano che la Corte d'Appello avevano formulato le loro conclusioni in termini di responsabilità omissiva impropria, ex articolo 40 c. II c.p..
Secondo il disposto di cui all'articolo 110, coloro che concorrono nello stesso reato soggiacciono alla sanzione per questo stabilita, fatto salvo quanto previsto dalle norme successive. In altre parole, l'articolo estende la punibilità a tutti coloro che forniscono un contributo alla realizzazione di un crimine. Pertanto, ai fini dell'effettiva punibilità di tutti i soggetti coinvolti è necessaria la sussistenza dell'elemento soggettivo. Il cosiddetto dolo di concorso si traduce nella coscienza e volontà dell'illecito e nella coscienza e volontà di partecipare alla sua realizzazione. Pur non essendo richiesto un previo accordo, è comunque indispensabile una "connessione" psicologica fra i partecipanti.

Connivenza non punibile e partipazione rilevante
In proposito è di estrema rilevanza la differenza tracciata dalla Cassazione (ex multis, 8193/1987, 2805/2013, 24567/2022) tra connivenza non punibile e partecipazione rilevante ex articolo 110 c.p.. A fronte della consapevolezza che altri stiano commettendo un reato, la prima si traduce in un atteggiamento passivo del soggetto, non sufficiente ad integrare un contributo sostanziale alla realizzazione del crimine, mentre il secondo richiede un'effettiva partecipazione, materiale o morale, all'altrui condotta.
Quanto alle modalità di manifestazione del contributo psichico, numerose pronunce (ex multis, 45276/2003 Sez. Un., 43067/2021 II Sez.) ne hanno riconosciuto le differenze e l'atipicità, potendosi declinare in istigazione, agevolazione, rafforzamento, adesione o approvazione, rimanendo a carico del giudice motivare in punto di prova e di efficienza causale.
Come ha spiegato la Cassazione nella sentenza 6237/2022, ai fini della punibilità ex articolo 110 del concorrente morale, ciò che conta è che il suo apporto sia espressione di condivisione del risultato criminoso e sia in qualunque modo "idoneo a realizzare una semplificazione o una agevolazione […] dell'azione collettiva".
La ricostruzione dell'istituto ex articolo 110 c.p. consente di cogliere la differenza con la responsabilità ex articolo 40, c. II c.p. e di comprendere la ragione per cui, posta l'inammissibilità del motivo di ricorso per mancata eccezione in appello, la Cassazione ha comunque ritenuto sufficientemente argomentate le conclusioni trascritte nella sentenza impugnata, anche sotto questa diversa prospettiva.
Se per il connivente non vi è alcun obbligo giuridico di impedire l'evento, altrettanto non può dirsi per chi si trova in posizione di garanzia e per il quale l'inerzia costituisce la violazione del dovere di protezione e fonte di responsabilità penale ex articolo 40, c. II c.p.. Secondo la consolidata giurisprudenza (v. Cass. 27905/2021, 19558/2021), l'agente può assumere la veste di garante sia mediante delega formale, sia volontariamente, tramite comportamenti concludenti, accompagnate da specifiche circostanze spazio-temporali.

L'affidamento dei minori
Nel caso in esame, il contratto di affidamento dei minori sottoscritto dalle famiglie doveva considerarsi fonte dell'obbligo di cura da parte di tutti i soggetti coinvolti nella gestione della struttura, pertanto, educatrici e titolare dell'asilo dovevano ritenersi ugualmente garanti dell'incolumità fisica e psichica dei bambini.
Com'è noto, l'articolo 40, c. II c.p. "trasforma" fattispecie criminose commissive in ipotesi omissive (c.d. reati omissivi impropri). Il tema del concorso omissivo nel reato commissivo, da parte di chi riveste una posizione di garanzia, ai sensi del combinato disposto ex articoli 40 e 110 c.p., è stato più volte affrontato dalla Cassazione. Con la sentenza 36399/2013, ad esempio, il Collegio ha ritenuto sufficiente, ai fini della responsabilità del garante, la sussistenza del dolo eventuale, ossia la considerazione ed accettazione dell'evento illecito (compiuto da altri) come mera possibilità.
Anche sotto il profilo dell'elemento soggettivo, la decisione 28613/2022 si conforma ai precedenti, affermando che il garante deve ritenersi penalmente responsabile ex art. 40, c. II quando, conscio dei presupposti di fatto dell'obbligo di attivarsi per impedire l'evento, si astenga consapevolmente e volontariamente, in quanto vuole o comunque prevede il risultato, in forma di dolo diretto o di dolo eventuale. In particolare, in questi casi, la responsabilità per dolo eventuale richiede la percezione da parte del soggetto di indizi connotati da un "elevato grado di anormalità" (così, Cass. 28701/2010) rispetto all'evento.
Venendo al caso di specie, la Cassazione ha confermato le statuizioni della Corte d'Appello in merito all'effettiva consapevolezza dell'imputato in merito a quanto stava accadendo nella scuola. Le dichiarazioni del ricorrente circa la sua tolleranza verso il comportamento della compagna, le registrazioni dalle quali emergeva non solo un'atmosfera di estrema tensione che non poteva essere ignorata, ma la presenza fisica dell'imputato in numerosi episodi di abusi da ritenersi oggettivamente illeciti e non educativi, rappresentavano validi elementi di prova a fondarne la penale responsabilità per mancato impedimento dell'evento criminoso.

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