Civile

Meta citata in giudizio per contraffazione del marchio aziendale

di Alessandro Galimberti

Inibitoria urgente all’utilizzo del marchio, quantomeno in Italia, con un’adeguata penale «dissuasiva». Una società romana di comunicazione e public affairs - Maim srl - porta davanti al tribunale di Roma, Sezione specializzata d’impresa, il re mondiale della comunicazione e dell’advertising - Meta Platforms Inc, alias Facebook, Whatsapp, Instagram, Messenger - per uso indebito dell’ormai già arcinoto simbolo grafico a doppia ellisse.

Secondo la società romana, amministratore unico Fabio Perugia e rappresentata dagli avvocati Andrea Zoppini e Maurizio Sciuto, il segno grafico che richiama l’infinito e che a breve ci porterà appunto nel Metaverso appartiene a tutti gli effetti all’azienda di via Salaria, e a Menlo Park quindi ne starebbero facendo un utilizzo abusivo.

La registrazione in Italia del marchio controverso, si legge nel ricorso, è del 29 ottobre 2021 con priorità dal 26 aprile precedente (data di deposito della domanda), marchio inoltre “validato” da Ompi - Wipo (Organizzazione mondiale per la proprietà industriale) il 23 dicembre 2021 con relativa pubblicazione sulla Gazzetta dei marchi internazionali. Secondo l’Accordo di Madrid ne era stata poi chiesta l’estensione della protezione anche per l’Ue e, tra gli altri, per gli Usa, il Regno Unito, Israele, Svizzera.

Meta invece, sempre secondo i legali di Maim, «non gode ad oggi di alcuna valida registrazione per l’Italia»: stando a Wikipedia, dal 28 ottobre scorso la società basata in California ha cominciato a fare uso del marchio anche nella Penisola. Meta risulterebbe aver proposto domanda di registrazione di un marchio internazionale, secondo la Convenzione di Parigi, riferita ad una registrazione nazionale in Jamaica risalente al 5 ottobre 2021.

Il problema per Maim - fatturato 2021 di 1,075 milioni di euro «raddoppiato nel corrente 2022» - è che opera in settori occupati dall’ingombrante concorrente in grado di raggiungere con facilità, attraverso le sue piattaforme, almeno la metà della popolazione italiana: campagne di raccolta fondi, comunicazione aziendale, strategia di comunicazione pubblicitaria e di pubbliche relazioni, lobbying , comunicazione politica, lobbying politica.

Da qui la richiesta giudiziale della società romana di considerare la condotta illecita «nell’orientamento della giurisprudenza secondo cui l’apprezzamento dell’eventuale contraffazione va compiuto valutando congiuntamente i profili della confondibilità tra i segni e dell’identità o affinità dei prodotti o servizi».

La scelta del procedimento inaudita altera parte, invece, deriverebbe dal silenzio californiano di fronte alla diffida inviata lo scorso 25 maggio al legale statunitense della società di Menlo Park , «diffida tuttavia non riscontrata né dalla società, né dal suo legale».

Il timore dell’azienda di via Salaria è che il differente “peso” commerciale e comunicazionale del concorrente faccia in breve tempo ritenere “abusivo”, paradossalmente, l’unico marchio registrato in Italia. Da qui la richiesta di accertare la contraffazione del “segno” di proprietà di Maim, di inibire a Meta Platforms Inc «qualsiasi utilizzo nel territorio italiano, anche tramite siti web o applicazioni ivi visibili e utilizzabili, di marchi uguali o simili a quello registrato», e di fissazione di un’idonea penale dissuasiva, «riservata ogni ulteriore azione in ordine al risarcimento di tutti i danni subiti».

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