GiurisprudenzaComunitario e Internazionale

Videoconferenza ed equo processo sono compatibili, ma i colloqui con i legalidevono restare riservati

di Marina Castellaneta

N. 35

guida-al-diritto

La Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza depositata il 4 luglio nella causa C-760/22 dichiara la corretta interpretazione dell'articolo 8 della direttiva UE 2016/343 del 9 marzo sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione d'innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.

Massima

  • LA MASSIMA Procedimento penale - Cooperazione giudiziaria penale - Diritto di partecipare al procedimento penale a proprio carico - Partecipazione attraverso videoconferenza - Discrezionalità degli Stati - Libertà di scelta - Compatibilità dell'esercizio di tale diritto con le regole Ue - Necessità di assicurare la confidenzialità delle comunicazioni con gli avvocati. (Direttiva 2016/343, articolo 8)

    L'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un imputato possa, su sua espressa richiesta, partecipare alle udienze del proprio processo mediante videoconferenza, dovendo peraltro essere garantito il diritto a un equo processo. Nell'ammettere tale possibilità, l'imputato ha diritto a comunicare con il proprio avvocato senza che sia messa a repentaglio la confidenzialità delle comunicazioni.

Il diritto all'equo processo, strettamente collegato con la presunzione d'innocenza, non è incompatibile con la circostanza che l'imputato chieda di seguire il processo in videoconferenza. Di conseguenza, uno Stato membro, anche se ciò non è imposto dalle direttive Ue, può ammettere tale possibilità, ma deve garantire che la persona che intende avvalersi della tecnologia a distanza possa avere in ogni caso un processo equo, senza che le sue comunicazioni con l'avvocato siano ascoltate.

È la Corte ...