Civile

A rischio sospensione l'avvocato che esagera con la stampa

La Cassazione conferma la condanna nei confronti di un legale sospeso per le "troppe apparizioni" televisive e sui giornali, rivelando anche segreti istruttori

di Marina Crisafi


Troppe apparizioni televisive e interviste sui giornali possono nuocere all'avvocato che rischia di essere sospeso dall'esercizio della professione. È quanto si ricava dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite (n. 5420/2021) che ha rigettato il ricorso di una professionista.

La vicenda - La legale era stata sospesa per quattro mesi dal proprio consiglio dell'ordine per essere venuta meno, nei rapporti con la stampa, ai criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste nel rispetto dei doveri di segretezza e riservatezza, nonché per aver posto in essere condotte vietate per l'acquisizione della clientela e non aver mantenuto nei confronti di colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.

Il Cnf, dai documenti acquisiti al procedimento, aveva ritenuto pienamente provato che l'avvocato avesse rilasciato interviste relative al contenuto dei processi seguiti come difensore, fosse apparsa in trasmissioni televisive con sembianze alterate, interpretando anche ruoli in processi inventati e avesse, persino, ingaggiato un'attrice come figurante per farle interpretare in tv la parte di una naufraga da lei assistita con successo.

La decisione - Tali atteggiamenti le erano valsi la sospensione confermata ora dai giudici di legittimità.
Presso gli Ermellini, infatti non fanno breccia le doglianze della ricorrente su una condanna, a suo dire, fondata su illazioni e sul fatto che non era stata raggiunta in modo certo la dimostrazione della commissione dell'illecito e non si era tenuto conto di alcune testimonianze piuttosto che di altre.
Nulla di fatto, neanche sul fronte sanzione, che al più, secondo la professionista, doveva limitarsi all'avvertimento, trattandosi peraltro del primo procedimento disciplinare subito.

Censure inammissibili sulla valutazione del giudice di merito - Per la Suprema corte, le censure sono tutte inammissibili in quanto mirano a una diversa valutazione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice di merito, anche con riferimento all'attribuzione soggettiva di determinate condotte.
Quanto alla sanzione infine, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, la determinazione della sanzione adeguata costituisce tipico apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. SS.UU., n. 1609/2020), con conseguente inammissibilità della censura al riguardo.

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