Abusi edilizi, no a condono retroattivo e la demolizione non estingue il reato
In un caso si voleva fruire dei parametri in sanatoria post termine attraverso parere <i>pro veritate</i> non previsto dalla legge, in un altro si era ritenuto estinto il reato per la demolizione e non per l’ottenimento del condono
Non si può adeguare l’immobile abusivo alle prescrizioni condonistiche una volta scaduto il termine per adempiervi.
E - come ha chiarito la Cassazione penale con la sentenza n. 20665/2025 - è irrilevante ai fini della sospensione dell’ordine di demolizione la non prevista prassi amministrativa, accolta dall’ufficio comunale, che conceda al privato la possibilità di ottenere un parere pro veritate al fine di verificare - successivamente alla vigenza della legge di condono - la conformità dell’opera. Secondo la tesi errata che, a seguito di successive prescrizioni (modifiche o interventi di demolizione), si possa ad esempio rientrare nella volumetria consentita in sanatoria.
Il fatto che l’opera effettivamente risultasse tra quelle realizzate più di trent’anni fa come prevedeva la legge di condono del ’93, invocata dalla ricorrente, non consentiva alcuna prassi sospensiva dell’ordine di demolizione al fine di verificare in modo postumo la possibilità di ottenere il permesso di costruire in sanatoria che è il solo presupposto che giustifica la sospensione dell’ordine.
Non è quindi legittimo il provvedimento giurisdizionale che accolga l’istanza di sospensione per attendere la produzione del parere legale sulla condonabilità di un’opera edilizia oltre i termini della sanatoria. Per tale motivo la Corte ha respinto il ricorso del privato contro l’avvenuta revoca della sospensione inizialmente concessa. Infatti, ciò che non poteva essere riconosciuto come esercizio di un diritto, in quanto non era stato rispettato il termine per presentare la domanda di sanatoria, non può giustificare la sospensione dell’ordine di demolizione e non può estinguere il reato in quanto l’abuso non è retroattivamente condonabile.
Con un’altra sentenza - la n. 20661/2025 - la stessa Cassazione penale ha invece accolto il ricorso del Procuratore della repubblica contro la sentenza di non luogo a procedere per avvenuta estinzione del reato in quanto in corso di causa l’abuso edilizio era stato abbattuto.
Nella vicenda - come poi accertatosi - l’abuso insisteva su un’area archeologica determinando l’applicazione del Codice dei beni culturali dove all’articolo 181 è previsto che il reato paesaggistico è estinto solo dalla rimessa in pristino effettuata prima che sia ordinata dall’autorità amministrativa competente. In tale evenienza non è infatti applicabile come causa di estinzione della sanzione penale l’avvenuta demolizione. L’estinzione, infatti, di regola deriva dall’accoglimento della domanda in sanatoria o dalla possibilità verificata dal giudice dei presupposti del rilascio del permesso in sanatoria.