Lavoro

Abusiva reiterazione dei contratti, alle Sezioni Unite la restituzione dell’indennità Inps

La Sezione lavoro della Cassazione, ordinanza n. 22985/2024, preso atto del “mutato quadro delle tutele” successivo al Jobs act rimette la questione dell’indebito previdenziale al Massimo consesso

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di Francesco Machina Grifeo

Va alla Sezioni unite la questione dell’obbligo di restituzione dell’indennità di disoccupazione nel caso di condanna del datore al pagamento dell’indennità risarcitoria per l’abusiva reiterazione di contratti a termine. La Sezione lavoro della Cassazione, ordinanza n. 22985/2024, preso atto del “mutato quadro delle tutele apprestato per i contratti a termine dalla legge n. 183 del 2010 oltre che per i licenziamenti dalla legge n. 92 del 2012 e poi dal Dlgs n. 23 del 2015” ha ritenuto necessario proporre al Massimo consesso “una riflessione ampia sulla tenuta dei principi” fino ad oggi prevalenti attraverso una “ricostruzione dell’intero sistema come ridisegnato dagli interventi legislativi e dai numerosi interventi correttivi anche della Corte costituzionale”.

Il caso era quello di un giudizio di accertamento negativo dell’obbligo di restituzione dell’indennità ordinaria di disoccupazione involontaria nell’ambito di una accertata abusiva reiterazione di contratti a termine e di condanna al pagamento dell’indennità risarcitoria ex articolo 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010. In particolare, secondo la Corte territoriale di Perugia nel periodo nel quale il dipendente aveva percepito l’indennità di disoccupazione non aveva in atto un rapporto di lavoro. Esso non era neppure ricostruibile a posteriori per effetto della sentenza del 2014 con la quale era stata accertata la illegittimità dei termini apposti ai contratti intercorsi con la S.p.a. che era stata condannata al pagamento dell’indennità risarcitoria. Solo con la sentenza del 2014 infatti si era determinato il ripristino effettivo del rapporto con obbligo di erogare le retribuzioni. La Corte di appello aveva così ritenuto illegittimo il recupero operato.

Contro questa decisione ha proposto ricorso l’Istituto di previdenza sostenendo che il requisito della disoccupazione non sussiste nel caso in cui, seppure per effetto di un successivo accertamento giurisdizionale, venga meno lo stato di non occupazione e, per effetto dell’applicazione dell’articolo 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010, con l’erogazione dell’indennità sia ristorato per intero il pregiudizio subito dal lavoratore nel periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale sia stata ordinata la ricostituzione del rapporto.

La Suprema corte al termine di un excursus giurisprudenziale ricorda che l’indennità di cui all’articolo 32, co. 5, della legge n. 183 del 2010, come autenticamente interpretata dall’articolo1 comma 13 della legge n. 92 del 28 giugno 2012, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore e nell’importo riconosciuto devono intendersi ricomprese oltre alle retribuzioni anche i contributi, per il periodo fra la scadenza del termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro e la data della pronuncia con cui è stata disposta la ricostruzione del rapporto di lavoro. E che la disposizione forfettizza la tutela economica attraverso un’indennità risarcitoria che può raggiungere nel massimo dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto muovendo da un minimo di 2,5, mensilità.

E allora, alla luce del “mutato quadro delle tutele”, per la Sezione lavoro “v’è da chiedersi in che modo può ritenersi effettivamente che sia venuto meno lo stato di involontaria disoccupazione nel tempo che decorre tra la scadenza del termine del contratto e la sentenza che ne accerta l’illegittimità quando la tutela apprestata non sia tale da assicurare, seppur ex post e a fronte di un rapporto di lavoro formalmente ripristinato ex tunc, la realizzazione della finalità di sostegno al reddito a cui è ordinariamente finalizzata l’indennità che, come ripetutamente affermato da questa Corte, ha natura previdenziale e svolge la funzione di fornire nel periodo di involontaria disoccupazione ai lavoratori (e alle loro famiglie) un sostegno al reddito, in attuazione della previsione dell’art. 38 secondo comma della Costituzione”.

“L’evento coperto dal trattamento – ribadisce la decisione - è l’involontaria disoccupazione per mancanza di lavoro, ossia quella inattività, conseguente alla cessazione di un precedente rapporto di lavoro, non riconducibile alla volontà del lavoratore, ma dipendente da ragioni obiettive e cioè mancanza della richiesta di prestazioni del mercato di lavoro”.

Da qui, anche alla luce del “latente contrasto esistente nella giurisprudenza”, per la Cassazione si impone la rimessione della questione al Primo presidente.

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