Civile

Accertamento induttivo: per il tassista vale il chilometraggio annuo e la zona di lavoro

La Cassazione ha evidenziato come il contribuente operasse nella città di Firenze ricca di turisti potenziali fruitori/clienti del servizio

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di Giampaolo Piagnerelli

Anche il tassista è accertabile con il metodo induttivo. E in caso di discrepanza tra quanto dichiarato e quanto, invece, accertato ricade sul contribuente l'onere di giustificare tale differenza.

Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 17226/21. I Supremi giudici hanno più volte affermato che in tema di accertamento induttivo dei redditi ex articolo 39 del Dpr 600/73, l'amministrazione finanziaria può fondare il proprio accertamento non solo sugli studi di settore, ma anche in base a gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dall'attività svolta. Ora nel caso in esame va evidenziato che la verifica ha come fondamento gravi incongruenze tra ricavi dichiarati e quelli desumibili. Per avvalorare la ritenuta incongruità della dichiarazione, l'Ufficio aveva ritenuto come significativa la circostanza che il reddito indicato di 11mila euro apparisse del tutto esiguo in rapporto al chilometraggio percorso (23mila chilometri) detratto quello assorbito dalle corse a vuoto, moltiplicato per la resa a chilometro di 0,81 (come da tariffario ufficiale) e ragguagliato al numero di giornate di servizio nell'anno.

Il Fisco, inoltre, ha rilevato come l'attività fosse svolta a Firenze, territorio notoriamente interessato da cospicui flussi turistici, con un potenziale ampio di fruitori/clienti del servizio taxi. I Supremi giudici per concludere hanno rilevato come la commissione tributaria regionale non si fosse conformata a tali principi, limitandosi a negare valore indiziario agli elementi dedotti senza valutarli, anche cumulativamente.

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