Aceto balsamico di Modena, scatta la contraffazione se nel mosto c'è uva da tavola
Risponde del reato di contraffazione di prodotti doc il legale rappresentante della società vinicola indagato per la provenienza non tracciabile del mosto destinata alla produzione di aceto balsamico di Modena. Lo ha stabilito la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 49889 deposita ieri. Al mosto sequestrato era stata contestata la provenienza non tracciabile documentalmente, perché avvenuta in nero, e la composizione anche con uva da tavola non permessa per la produzione dell'aceto balsamico di Modena. I giudici hanno precisato che « è possibile l'estensione della garanzia penalistica non solo all'indicazione IGP/DOP, in sé e per sé considerata, ma anche all'indicazione contenuta nel relativo disciplinare e, pertanto, alle materie prime utilizzate». In sostanza perché scatti il reato previsto dall'articolo 517-quater del codice penale (contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine del prodotto agroalimentari) è sufficiente non rispettare le regole di composizione del prodotto. L'aceto balsamico di Modena è stato iscritto da luglio 2009 nel registro dei disciplinari dei prodotti DOP e IGP tenuto dalla Commissione europea. Per la sua produzione devono essere impiegate determinate varietà di uve da vino (Lambruschi, Sangiovese, Trebbiani, Albana, Ancellotta, Fortana, Montuni) mentre non sono ammesse le uve da tavola.
Corte di Cassazione – Sezione III – Sentenza 10 dicembre 2019 n. 49889
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