Agevolazioni fiscali, l’Agenzia deve motivare il no alla qualifica di ente non commerciale
L’ordinanza 61/2025 della Cassazione depositata il 3 gennaio ricapitola quando la motivazione si definisce «meramente apparente»
Il Fisco non può disconoscere la natura non profit di una associazione, e le conseguenti agevolazioni fiscali, sulla base del generico rilievo della mancanza di democraticità della gestione. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con l’ordinanza 61/2025 depositata il 3 gennaio, ricapitolando le ipotesi in cui la motivazione si definisce «meramente apparente».
La Sezione Tributaria, nell’accogliere (c0n rinvio) il ricorso del contribuente, ricorda che costituisce ius receptum il principio secondo cui il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (articolo 111 della Costituzione, comma 6), e cioé dell’articolo 132 del Codice di procedura civile, comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo Dlgs 546 del 1992, articolo 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.
Dunque: «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cassazione 2392 del 2024).
Tornando al caso specifico, la Ctr - afferma la Suprema Corte - ha fatto delle affermazioni «apodittiche» sulla «mancanza di democraticità nella gestione» che «porta alla mancata utilizzazione dei servizi da parte della collettività tutelata dall’ordinamento giuridico», mentre «lo Stato quando concede dei benefici tributari e fiscali impone certe regole che vanno applicate». Si tratta, conclude la decisione, di argomentazioni «del tutto generiche, inidonee a rivelare la ratio decidendi e permettere il controllo sull’esattezza del ragionamento decisorio che ha condotto all’accoglimento dell’appello dell’Agenzia».