Amministrativo

All'adunanza plenaria la decisione se spetta il risarcimento del danno per l'appalto aggiudicato senza gara

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«Va rimessa all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione se spetti, in caso di affidamento diretto, senza gara, di un appalto, il risarcimento danni per equivalente derivante da perdita di chance ad una impresa concorrente che avrebbe che potuto concorrere quale operatore del settore economico». Lo stabilito la sezione V del Consiglio di Stato con la sentenza 11 gennaio 2018 n. 118. Sul tema ci sono infatti due diversi orientamenti. Secondo il primo (sezione III, 9 febbraio 2016, n. 559; V sezione, 1 ottobre 2015, n. 4592) il risarcimento della chance, a fronte della mancata indizione di una gara, è condizionato dalla prova di un rilevante grado di probabilità di conseguire il bene della vita negato dall'amministrazione per effetto di atti illegittimi.
Altre decisioni (sezione V, sentenze 1 agosto 2016, n. 3450; i8 aprile 2014, n. 1672, id. 2 novembre 2011, n. 5837) hanno, invece, riconosciuto in circostanze analoghe, di mancata indizione della gara, il risarcimento della chance vantata dall'impresa del settore. Ciò sulla base del rilievo che, in caso di mancato rispetto degli obblighi di evidenza pubblica (o di pubblicità e trasparenza), non è possibile formulare una prognosi sull'esito di una procedura comparativa in effetti mai svolta e che tale impossibilità non può ridondare in danno del soggetto leso dall'altrui illegittimità, per cui la chance di cui lo stesso soggetto è portatore deve essere ristorata nella sua obiettiva consistenza, a prescindere dalla verifica probabilistica in ordine all'ipotetico esito della gara.
Sempre con la stessa sentenza i giudici di Palazzo spada hanno inoltre precisato che «in materia di responsabilità civile, in particolare in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., nel cui paradigma è inquadrabile la responsabilità della Pubblica amministrazione per illegittimità provvedimentale, la c.d. teoria della causalità alternativa ipotetica ha rilievo solo in relazione agli illeciti omissivi, per i quali occorre infatti stabilire se l'evento dannoso non si sarebbe verificato se il preteso responsabile avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli; la stessa teoria è priva del suo presupposto rispetto ad illeciti commissivi, quali appunto quelli derivanti dall'adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi, in relazione ai quali l'accertamento del giudice deve stabilire se gli atti amministrativi abbiano costituito la causa del danno lamentato, e dunque se costituiscano il fatto illecito che è fonte di responsabilità ai sensi della clausola generale dell'art. 2043 c.c».

Consiglio di Stato – Sezione V – Sentenza 11 gennaio 2018 n. 118

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