Professione e Mercato

L'avvocato va pagato anche se gli atti sono redatti dal cliente

Per la Cassazione, la circostanza non esclude il rapporto professionale e l'obbligazione di pagamento

di Marina Crisafi

L’avvocato va pagato anche se gli atti processuali sono redatti dal cliente o dai sui congiunti. Ciò non esclude infatti che in capo a costoro sia sorto il rapporto professionale e l’obbligazione di pagamento. È quanto afferma la seconda sezione civile della Cassazione, nell’ordinanza n. 14283/2023, decidendo una controversia avente ad oggetto la liquidazione di compensi professionali di un avvocato.

  La vicenda
Nella vicenda, è il cliente a ricorrere avverso la sentenza di merito in ordine ai criteri di liquidazione applicati per le distinte fasi, pur avendo accertato che il legale non aveva redatto gli atti di causa per i quali aveva richiesto il compenso, essendosi limitato a sottoscriverli dopo averne affidato la redazione alla figlia del cliente stesso, che si era avvalsa dell’aiuto del marito giudice.

In particolare, l’assistito lamentava contraddittorietà della motivazione in ordine ai compensi liquidati, data la mancanza di un apporto “intellettivo-redazionale” da parte del legale, e alla valutazione dell’importanza dell’opera prestata in concreto.

 

La decisione
Per gli Ermellini, tuttavia, il motivo non è fondato.
La motivazione del tribunale, secondo cui la circostanza che gli atti processuali siano stati redatti dai congiunti del cliente non esclude che in capo a questi sia sorto il rapporto professionale e l'obbligazione di pagamento, è congrua e non presenta profili sindacabili in sede di legittimità.

L’assunzione del patrocinio da parte dell’avvocato è infatti “il tramite necessario per la valorizzazione processuale degli atti e delle difese, senza il quale essi non avrebbero potuto trovare ingresso in sede processuale”.

Per cui, il ricorso è rigettato nel suo complesso.

 

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