Alle sezioni unite il criterio di rivalutazione dell'invalidità delle vittime del terrorismo
Da decidere se l'articolo 6 della legge 206/2004 si applica esclusivamente alle liquidazioni gia avvenute
Le vittime del terrorismo finiscono sotto i riflettori delle Sezioni unite. O meglio, all'esame del Supremo consesso nomofilattico va il criterio di rivalutazione della speciale elargizione corrisposta a coloro che abbiano riportato una invalidità permanente, o ai loro superstiti, a seguito di atti di terrorismo e di stragi di tale matrice. I giudici di legittimità dovranno stabilire, infatti, se l'articolo 6 della legge n. 206/2004 (Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice), nella parte in cui prevede la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate, si applichi esclusivamente alle liquidazioni già avvenute, o anche a quelle successive all'entrata in vigore della legge, con conseguente applicazione, in tale secondo caso, dei criteri medico-legali per la valutazione dell'invalidità permanente introdotti dall'articolo 3 della medesima legge. A sollevare la questione è la Sezione lavoro che, con l'ordinanza interlocutoria n. 6932/2021, ha rimesso gli atti al Primo Presidente affinché valuti l'assegnazione della causa alle Sezioni unite.
La questione
Il contenzioso all'origine della controversia riguarda i benefici previdenziali corrisposti dal ministero dell'Interno ad un suo dipendente, vittima del dovere ex articolo 1 comma 563 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006). Il Viminale contestava il criterio di calcolo utilizzato dai giudici, per i quali l'articolo 4 del Dpr n. 181/2009, emanato in attuazione dell'articolo 6 della legge n. 206/2004, contiene un meccanismo di calcolo dell'invalidità che vale non solo per la rivalutazione delle indennità erogate in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge de qua, ma anche per la liquidazione delle indennità maturate successivamente a tale data.
La scelta spetta alle Sezioni unite
Per la risoluzione della questione si rendeva necessario l'intervento della Cassazione, che si trova così a dover decidere quale criterio di calcolo delle percentuali di invalidità applicare al caso di specie, ovvero se quello di cui all'articolo 4 del Dpr n. 181/2009 o quello contenuto nell'articolo 5 del Dpr n. 243/2006. La Suprema corte cerca di districarsi tra tutte le disposizioni normative interessate (articolo 10 del Dpr n. 364/1994; articolo 23 del Dpr n. 510/1999; articoli 5 e 6 della legge n. 206/2004; articoli 1 e 5 del Dpr n. 243/2006; articoli 2e 4 del Dpr n. 181/2009) e sottolinea il punto di arrivo dell'evoluzione normativa della materia, ovvero la rimodulazione della misura massima dell'elargizione elevata a 200 mila euro in proporzione alla invalidità riportata, in ragione di 2 mila euro per ogni punto percentuale, e la previsione di un criterio consistente «nella previsione di una valutazione unica dell'invalidità complessiva e cioè comprensiva della menomazione della capacità di lavoro, del danno biologico e del danno morale».
Sull'ambito di applicazione temporale di questo nuovo criterio, tuttavia, sia il parere del Consiglio di Stato che i precedenti giurisprudenziali lasciano dubbi interpretativi. Pertanto, sottolineando una «funzione non meramente rivalutativa, ma una selettivo-regolativa» della norma fissata nell'articolo 5 della legge n. 206/2005, il Collegio ritiene che a decidere debbano essere le Sezioni unite, anche in considerazione delle «ricadute di forte impatto sociale ed economico» che deriveranno dalla scelta interpretativa.