Società

Anche il fallito può essere amministratore di Srl

In base alla riforma del diritto societario del 2003 il divieto resta per le spa. Eventuali preclusioni possono essere previste da clausole societarie

di Giovanni Negri

Anche il fallito può fare l’amministratore di srl. A differenza di quanto avviene per le spa, per le quali il divieto resiste. A questa conclusione approda la Cassazione con l’ordinanza 25050 depositata il 16 settembre. Cruciale la ricostruzione in termini sistematici di quanto avvenuto con la riforma del diritto societario del 2003. Sino a quella data infatti la società a responsabilità limitata si era costituita, vecchia versione del Codice civile alla mano, come una piccola società per azione, con qualche opportuna variante in termini di semplificazioni e varianti.

Con la riforma Vietti, invece, i modelli sono distinti in maniera assai significati, facendo assumere alla srl la fisionomia di uno strumento più agile, più flessibile, largamente centrato sulle persone dei soci e sui loro rapporti. In questa prospettiva allora è pienamente giustificata «la previsione di non coincidenti normative in ordine alle cause di ineleggibilità (e decadenza) dei soggetti destinati a gestire le due diverse forme organizzative dell’attività d’impresa».

Il divieto generale di amministrazione della spa per i falliti si colloca allora in un modello operativo che, ricorda l’ordinanza, è istituzionalmente destinato alle imprese di dimensione notevole, con una disciplina tendenzialmente rigida e senza particolari margini di adattamento alle ragioni e bisogni concreti dei soci.

Il modello srl, invece, è più aperto, nella lettura della Corte, ad una maggiore considerazione delle persone che partecipano all’attività d’impresa e quindi anche a consentire «il reinserimento nell’attività imprenditoriale delle persone dichiarate fallite ovvero a mantenerne la posizione pure per il caso in cui queste vengano (nel futuro) dichiarate fallite: sia come soci, sia pure, e anche distintamente, come amministratori».

Detto ciò, poi l’ordinanza apre alla possibilità che lo statuto della srl determini l’introduzione di clausole su particolari cause di ineleggibilità o decadenza degli amministratori, come pure di previsione di ragioni di esclusione dei soci per giusta causa e, tra queste, pure quella legata all’eventuale fallimento di uno componenti della compagine sociale.

Non regge l’obiezione, avanzata dal fallimento di una srl, per cui senza divieto si apre la strada alla possibilità che anche interdetti e inabilitati possano amministrare la srl. L’incapacità di questi ultimi a un ruolo di gestione societaria, infatti, avverte la Cassazione, è certa, indipendentemente dal riferimento all’articolo 2383 del Codice civile in materia societaria: discende infatti dalla norme , articoli 414 e seguenti del Codice, sulla capacità di agire. E senza alcuna distinzione tra forme societarie.

Respinta anche l’obiezione per cui il divieto avrebbe la funzione anche di tutela nei confronti di terzi rispetto alle possibili condotte di un amministratore che di fatto è patrimonialmente irresponsabile perchè dichiarato fallito. Per la Cassazione, l’istituto della cauzione è stato cancellato nel 1985 ed è poi «notazione di comune esperienza» che la circostanza di non essere falliti non porta con sè alcuna sicurezza di capienza patrimoniale dell’amministratore che trasgredisce i suoi doveri.

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