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Angelo Mambriani, presidente a Milano: «La situazione è già al limite»

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di Bianca Lucia Mazzei

Velocità e qualità delle decisioni sono state in questi anni un fiore all’occhiello delle due sezioni in materia d’impresa del Tribunale di Milano che, visto anche il volume dei procedimenti (il più alto in Italia) , ha fin da subito puntato sulla specializzazione. Entrambe si occupano infatti solo delle materie previste dal Dl 1/2012 e di altre strettamente affini. «Questo ha favorito l'acquisizione di competenze molto elevate», dice Angelo Mambriani , presidente di una delle due sezioni di Milano (la B).

Il nuovo Codice della crisi d’impresa e la riforma della class action stanno allargando le materie attribuite ai tribunali delle imprese. Che impatto avranno?

Se non sono accompagnate da un aumento degli organici rischiano di compromettere situazioni già al limite. Nelle materie assegnate alle sezioni imprese qualità e velocità delle decisioni sono fondamentali. Molte procedure sono cautelari e vanno decise in fretta perché riguardano questioni delicatissime in cui il tempo gioca un ruolo decisivo, come la tutela di marchi, gli aumenti di capitale, la revoca di amministratori talvolta chiesta a pochi giorni da scadenze societarie.

A Milano, nel 2018, l’arretrato è cresciuto dell’8% nonostante il flusso di nuovi procedimenti sia stabile. Nel 2017 era diminuito. Cosa succede?

L’anno scorso sono venuti a mancare due giudici in entrambe le sezioni. E basta poco per non riuscire più a far fronte alle sopravvenienze. Teniamo il passo solo se siamo a pieno regime.

Quali nuove competenze peseranno di più?

Di sicuro quelle sul fallimento. Fare previsioni è difficile ma Milano gestisce oltre il 10% delle procedure nazionali. Il nuovo meccanismo di allerta prevede che il tribunale delle imprese decida sulle misure protettive per il debitore (come la sospensione dello scioglimento in caso di perdita del capitale sociale) durante il tentativo di soluzione delle crisi tramite l’Ocri. Si tratta di decisioni importanti e delicate poiché in ballo c’è la tutela dei creditori e il recupero della continuità aziendale. Ad ingolfare una sezione come la mia basterebbe che si aggiungesse qualche decina di procedure all'anno. Ma i numeri delle imprese potenzialmente interessate all’allerta sono molto più alti.

E la class action?

In questo caso il problema non è solo organizzativo. Le azioni collettive riguardano materie spesso lontanissime da quelle di competenza delle sezioni d'impresa (dai vizi dei prodotti farmaceutici, ai trasporti, alle assicurazioni) e questo rischia di diluire ,se non di compromettere, la specializzazione dei giudici. Sono inoltre cause molto complesse, con a volte centinaia di aderenti. Oggi, in tutto il Tribunale di Milano ce ne sono 5-6 , ma se fossero e concentrate sulla nostra sezione ci avrebbero bloccato. Forse, in questo periodo di vacatio legis, andrebbe valutata l’opportunità di tornare alla competenza del tribunale distrettuale.

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