Amministrativo

Appalti pubblici - Possibile rinegoziare le clausole prezzi dopo l'aggiudicazione, prima della stipula del contratto

Nota a sentenza Tar Sardegna, Sez. II, 16 novembre 2022, n. 770

di Andrea de Bonis*

IL FATTO

Un operatore economico, a seguito di diversi contenziosi giudiziari, è stato dichiarato aggiudicatario della gara per l'affidamento dei servizi di raccolta integrata dei rifiuti solidi urbani e servizi indetta da un'Unione di Comuni.

La stipulazione del contratto è intervenuta a distanza di due anni dalla presentazione dell'offerta in sede di gara, in quanto l'aggiudicazione era stata originariamente disposta in favore di altra società e ne era seguito un articolato contenzioso.

In considerazione del tempo trascorso tra la presentazione delle offerte e l'inizio del servizio, l'appaltatore ha formulato istanza di pagamento del compenso revisionale per il servizio svolto.

Il contratto, che ha previsto delle clausole in senso innovativo rispetto allo schema allegato all'aggiudicazione, è stato stipulato decorsi circa due anni dalla menzionata aggiudicazione e ha previsto il diritto di ottenere la maggiorazione prezzi intervenuta nelle more tra la presentazione dell'offerta e l'effettivo avvio del servizio.

L'Amministrazione ha rigettato l'istanza, eccependo la nullità di simile previsione contrattuale.

IL RICORSO

La ditta ha agito in giudizio per l'annullamento delle determinazioni negative della stazione appaltante, facendo valere la violazione delle norme di cui allo schema di contratto predisposto in occasione dell'aggiudicazione dell'appalto e, specificamente, la violazione della clausola disciplinante il riconoscimento della maggiorazione prezzi dovuta per circostanze eccezionali verificatesi nelle more dell'avvio del servizio.

Tali circostanze eccezionali sono state indicate, nel caso specifico, nel lungo tempo trascorso dalla presentazione dell'offerta (luglio 2012) alla stipulazione del contratto (aprile 2014) per via dei contenziosi giudiziari vinti.

In particolare, quanto al thema decidendum, la ricorrente ha specificato che l'adeguamento del compenso richiesto in rilievo non è quello annuale (che è un evento fisiologico di ogni contratto d'appalto), bensì quello necessario alla determinazione del corrispettivo di base, che, in seguito ad una situazione patologica (la stipulazione del contratto a distanza di due anni dalla gara) non era più coerente, già al momento dell'avvio del servizio, con i costi del servizio messo in gara (perché, nelle more, era aumentato il numero di utenti da servire ed era aumentato, altresì, il costo del lavoro).

I PRINCIPI DI DIRITTO

La questione giuridica in rilievo è quella inerente alla portata e ai limiti del principio di immodificabilità delle clausole contenute nella legge di gara e, segnatamente, se sia possibile rinegoziare, ed eventualmente entro che limiti, il contenuto di alcune clausole contrattuali nella fase intercorrente tra l'aggiudicazione e il contratto.

Per un primo orientamento giurisprudenziale, tale eventualità è da escludere (cfr. Cons. Stato, IV, 31 ottobre 2022, n. 9426 ).

Laddove sia decorso un apprezzabile lasso di tempo tra l'espletamento della gara, l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto, non rileva l'aumento dei costi di produzione registratosi tra la presentazione dell'offerta e la sottoscrizione dell'accordo, in quanto deve escludersi la possibilità di rinegoziazione le condizioni poste a base di gara.

In tal senso, la giurisprudenza ha rilevato che l'impresa appaltatrice è tutelata, in caso di un esorbitante aumento dei costi del servizio, solo nel corso del rapporto contrattuale mediante l'istituto della revisione del prezzo (ove previsto dagli atti di gara) ovvero dalla possibilità di esperire i rimedi civilistici di risoluzione del vincolo sinallagmatico. Nel diverso caso in cui l'evento imprevisto e imprevedibile si verifichi prima della stipulazione del contratto, l'impresa aggiudicataria è tutelata dalla possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta (T.A.R. Lombardia, Brescia, 10 marzo 2022, n. 239 ; in termini anche T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10.06.2022 ).

Tale tesi ritiene che lo spazio che precede la stipulazione sia già pienamente regolato dai principi dell'evidenza pubblica e della "par condicio" tra concorrenti, nonché dell'immodificabilità dell'offerta, i quali non consentono alcun cambiamento dell'oggetto dell'appalto o del contenuto della proposta del privato (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 27 novembre 2017, n. 11732).

Per un secondo e differente orientamento giurisprudenziale (cfr. Tar Toscana Firenze, Sez. I, 25.02.2022, n.228 ) valorizzando la ratio dell'istituto in esame, si giunge ad affermare che la rinegoziazione sia ascrivibile, nel suo complesso, all'esigenza di governare le sopravvenienze contrattuali ed a quella di evitare (in un contesto in cui l'appello al mercato è la regola) vere e proprie forme di diseconomia procedimentale.

In tal senso, si è ricordato che la legislazione in materia di appalti pubblici, pur ispirata al rispetto del principio di concorrenza, è però informata ai criteri di efficacia ed economicità, e anche come sia irragionevole ogni azzeramento di una procedura amministrativa in assenza di specifiche illegittimità che la affliggano, vieppiù nella particolare ipotesi in cui l'impresa sia rimasta "vittima" delle sopravvenienze.

La scelta dell'amministrazione di individuare i termini della necessaria rinegoziazione ancor prima di procedere alla stipulazione del contratto si configura in fondo come prudente, poiché, posto che la rinegoziazione implica ovviamente l'accordo della controparte, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, si sarebbe rafforzata in capo all'amministrazione una possibilità di revoca fondata sulle sopravvenienze organizzative e su un ragionevole rispetto delle aspettative dell'aggiudicatario ( T.A.R. Piemonte, Sez. I, 28 giugno 2021, n. 667 ).

Viene anche ricordato che il principio di immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto, come stabilito dalla decisione della Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14 , la quale ha chiarito che il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza che ne derivano ostano a che, dopo l'aggiudicazione di un appalto pubblico, l'amministrazione aggiudicatrice e l'aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che le disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell'appalto iniziale, ma non ostano anche a porre rimedio agli squilibri economici determinati da sopravvenienze intervenute nella fase fra la aggiudicazione e la stipula del contratto.

A favore di tale soluzione, vengono invocati anche i principi di buona amministrazione ed economia delle risorse pubbliche: la indizione di una gara per l'affidamento costituisce un impegno per l'amministrazione. Per questo i suoi esiti non possono essere vanificati in ragione di qualunque sopravvenienza che imponga una revisione delle condizioni contrattuali originariamente fissate, dovendosi pervenire alla sua reiterazione, così come in fase di esecuzione del contratto, solo se le modifiche assumano carattere essenziale ( T.A.R. Toscana, Sez. I, 25 febbraio 2022, n. 228 , confermata da Consiglio di Stato, Sez. V, 5 dicembre 2022, n.10635 ).

LA DECISIONE DEL RICORSO

Il Tar Sardegna ha condiviso la tesi che ritiene ammissibile la rinegoziazione delle condizioni economiche di gara in ragione di sopravvenienze intervenute nelle more dell'aggiudicazione del contratto.

I Giudici, rilevato che non vi è una disciplina specifica delle sopravvenienze applicabile alla fase tra l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto, hanno ritenuto condivisibile il richiamo già svolto dalla giurisprudenza all'impostazione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che ammette le modifiche non sostanziali, valorizzando dunque la tipologia delle stesse e non il momento temporale in cui si rendono necessarie.

La corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell'amministrazione (richiamato dall'art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s'imporrebbe in tutti i casi sia indispensabile la modifica, ancorché non "essenziale", delle condizioni.

Nel caso in concreto esaminato, il contratto, nella parte in cui ha previsto un adeguamento del compenso per l'appalto rispetto a quanto previsto con la procedura di gara, non è stato considerato nullo.

Per l'effetto, gli atti impugnati sono stati annullati, siccome illegittimi nella parte in cui hanno ritenuto nulla la clausola contrattuale su cui era fondata l'istanza della parte ricorrente.

CONSIDERAZIONI FINALI E SPUNTI PRATICI

Il problema giuridico del divieto di rinegoziazione sostanziale dei termini contrattuali dopo l'aggiudicazione dell'appalto (senza avvio di una nuova procedura) e prima della stipulazione riveste particolare importanza nell'ambito delle commesse pubbliche.

Come visto, la giurisprudenza più rigorosa ritiene che le sopravvenienze possano essere recepite successivamente alla stipula del contratto e che l'operatore privato, dopo l'aggiudicazione, possa solo sciogliersi da ogni vincolo una volta scaduta l'offerta.

Tuttavia, può ritenersi corrispondente all'interesse pubblico facilitare il riequilibrio del sinallagma funzionale, già inciso da fatti sopravvenuti alla gara che abbiano incrementato in modo imprevedibile i costi, in modo da dare continuità all'azione amministrativa e consentire la stipula del contratto, senza che si giunga al rifiuto della stipula da parte dell'operatore economico ed alla consequenziale necessità di riedizione della procedura ad evidenza pubblica.

Il limite di tale operazione di riequilibrio ex ante risiede, come è evidente, nel rischio che in tal modo sia azzerato il rischio di impresa connesso alla sopportazione in capo all'appaltatore dell'alea contrattuale normale riconducibile a sopravvenienze, quali l'oscillazione generale e diffusa dei prezzi, con violazione della par condicio tra i concorrenti interessati all'appalto.

La soluzione recepita dalla sentenza in commento appare condivisibile nella parte in cui ritiene che sia conforme ai principi di trasparenza ed economicità degli atti amministrativi esplicitare antecedentemente alla stipula del contratto gli aggiornamenti prezzi occorrenti, anche allo scopo di avere un'ipotesi contrattuale, in pendenza del termine per la stipula del contratto e sino alla sua effettiva sottoscrizione, valevole per tutti i concorrenti in graduatoria.

Per quanto attiene alla prassi operativa, occorre evidenziare che in base all'orientamento giurisprudenziale rigoroso (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 31 ottobre 2022, n. 9426), occorre particolare prudenza nel presentare un'istanza di revisione dei prezzi nelle more tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, ovvero nell'accettare con riserva il contratto: tali circostanze possono condurre alla revoca dell'aggiudicazione da parte della stazione appaltante per modifica dell'offerta ovvero rendere illegittimo il rifiuto della stipula del contratto da parte dell'operatore economico, con tutte le conseguenze di legge.

Tuttavia, stante l'indirizzo giurisprudenziale più permissivo cui aderisce la sentenza in esame, appare possibile rappresentare, anche informalmente, alla stazione appaltante la necessità di valutare la modificabilità delle condizioni negoziali laddove tale variazione - realizzabile in base ai principi di buona amministrazione ed economia delle risorse pubbliche - sia possibile, nel caso concreto, perché priva di carattere essenziale.

Le modifiche richieste non devono alterare l'originario equilibrio del contratto messo a gara: in tal senso, può essere determinante la valutazione di un perito che verifichi secondo criteri predeterminati ed oggettivi che le modifiche incidano in senso non sostanziale sul contratto da stipulare.

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*A cura dell' Avv. Andrea de Bonis, Studio Legale de Bonis –Partner 24 ORE Avvocati

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