Lavoro

"Appalto genuino" e deducibilità costi fiscali: costituiscono piena prova i verbali Inps e Inail

Non è stata dimostrata l'eterodirezione (da parte dell'appaltante) del personale impiegato dall'appaltatrice. Valorizzate le ispezioni svolte da Inps e Inail poiché «costituiscono elemento probatorio che supporta adeguatamente la tesi del ricorrente circa la regolarità e natura del rapporto intercorso tra i lavoratori impiegati e la ricorrente»

di Luca Cellamare, C. Ciminiello Jr*

In presenza di "appalto" ad elevato "utilizzo di manodopera", la riqualificazione contrattuale da parte dell'Agenzia delle Entrate in illecita "somministrazione di personale" con conseguente disconoscimento dei costi è illegittima. In assenza di risparmi contributivi/retributivi ed in assenza di valide prove circa la diversa natura del contratto.
In tale ambito fanno invece piena prova a favore del contribuente i verbali di regolarità redatti da Inps e Inail, pur se diretti a riscontri e controlli aventi finalità non fiscali. Lo ha stabilito la Commissione Tributaria Provinciale di Bari, sez. 5) con la recentissima sentenza n. 920/2022 (Pres.: Dinapoli Marco; Rel.: Picuno Carlo; Giud.: Volpe Rossella).

LA VICENDA

L'Agenzia delle Entrate contestava ad un'impresa leader nel commercio di autovetture la genuinità di un contratto di appalto. Con il contratto oggetto di contestazione una terza società di servizi (appaltatrice) si era impegnata ad impiegare proprio "personale qualificato" presso i saloni commerciali della committente/appaltante per l'attività di vendita al pubblico di auto usate e a "km 0".
Secondo l'ipotesi del fisco, tale contratto non poteva essere qualificato come contratto di appalto, ma era riqualificabile come contratto di "somministrazione irregolare di personale", con conseguente recupero tra le altre dell'Iva che l'appaltante si era detratta.

Gli indici alla base della presunzione dell'ufficio finanziario si sostanziavano in sintesi nelle seguenti circostanze:
• la richiesta da parte della committente di un certo numero di ore lavoro;
• la quantificazione del corrispettivo del servizio in base al costo del lavoro;
• l'inserimento stabile del personale nel ciclo produttivo della committente;
• l'identità delle attività svolte dal personale dell'appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti della committente/appaltante;
• la proprietà dell'attrezzatura utile al lavoro in capo alla committente/appaltante;
• l'organizzazione anch'essa in capo alla committente.

Con ricorso, la contribuente sollevava numerose censure e sottolineava che la differenza tra un contratto di appalto genuino e quello di somministrazione di personale risiede nella titolarità del potere direttivo nei confronti dei lavoratori. Se tale potere direttivo rimane in capo all'appaltatore e non viene quindi traslato in capo al committente/appaltante, si è in presenza di un appalto.

La contribuente smentiva pertanto tutti gli ulteriori indici individuati dal Fisco, dimostrando che trattavasi di corrispettivo forfettariamente determinato, che la strumentazione di lavoro era in realtà imposta e standardizzata dalla casa madre e non dalla concessionaria, che i lavoratori apportavano specifico e documentato know-how, che l'eterodirezione era rimasta in capo all'appaltatore, unico datore di lavoro dei dipendenti impiegati nell'appalto, secondo le esigenze della committente.

LA PRONUNCIA DELLA CTP DI BARI

La quinta sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Bari, con dovizia di argomentazioni, ha accolto in toto le argomentazioni difensive.
È stato dimostrato come nel caso concreto non sussistessero i presupposti di un "appalto illecito" così come individuati dalla giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione.

Ci si riferisce in particolare: a controlli e sanzioni disciplinari che, ai fini della sussistenza della somministrazione, avrebbero dovuto essere irrogate ai dipendenti dell'appaltatrice/esecutrice direttamente da parte della committente/appaltante; alla scelta delle persone da impiegare nell'appalto che avrebbe dovuto essere effettuata da parte della committente/appaltante; all'illecito risparmio contributivo e/o retributivo sull'impiego dei lavoratori da accertarsi caso per caso; e via discorrendo.

Dai giudici tributari è stato riscontrato innanzitutto che era assente qualsivoglia vantaggio e/o risparmio contributivo/retributivo sul costo del lavoro. Anzi è stato appurato l'esatto opposto, e cioè che il contratto collettivo nazionale applicato dall'appaltatrice nei confronti dei dipendenti impiegati nell'appalto (settore commercio) era "superiore" e più favorevole (per i lavoratori) rispetto a quello in concreto applicato dalla appaltante/committente nei confronti dei propri dipendenti (settore metalmeccanico). Inoltre è risultato allegato in atti che dalle ispezioni effettuate dall'Inps ed Inail, oltre a non essere mai stata rilevata alcuna irregolarità nell'impiego di tali lavoratori, era stato anche accertato come il corrispettivo dell'appalto fosse stato "forfettariamente contrattualizzato dalle parti" e quindi giammai commisurato al costo del lavoro.

Circostanza incompatibile con la somministrazione di personale e perfettamente compatibile, invece, con lo schema tipico dell'appalto. Inoltre, nel caso esaminato, l'organizzazione di mezzi, le modalità di prestazioni e l'esecuzione erano rimesse alla totale discrezionalità della ditta appaltatrice. Mentre è assolutamente ragionevole e genetico nella figura dell'appalto che l'appaltante possa (anzi debba) intervenire per chiarire come vorrebbe che sia eseguito un lavoro. Tale circostanza non comporta che le direttive siano da lui impartite!

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In sostanza, secondo i giudici, l'assunto dell'ufficio dell'Agenzia delle Entrate per cui il contratto di appalto avrebbe dissimulato una somministrazione di personale non è apparso affatto supportato da idonei riscontri probatori. Tra le altre non è risultata nemmeno dimostrata l'eterodirezione (da parte dell'appaltante) del personale impiegato dall'appaltatrice. È invece emerso che la gestione del rapporto di lavoro, nonché il potere disciplinare e la scelta del personale abbiano sempre fatto capo alla società appaltatrice/esecutrice.Inoltre sono state giustamente valorizzate le ispezioni svolte da Inps e Inail, i cui verbali sono stati prodotti in giudizio dalla contribuente, poiché «costituiscono elemento probatorio che supporta adeguatamente la tesi del ricorrente circa la regolarità e natura del rapporto intercorso tra i lavoratori impiegati e la ricorrente».

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*A cura degli Avv.ti Luca Cellamare, C. Ciminiello Jr, Studio Legale di Consulenza Tributaria Ciminiello in Bari

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